22 dicembre 2010

Unionbirrai: la riunione vista da Claudio Cerullo

Visto che questa è la seconda volta che cedo il ruolo di scrivente a Claudio Cerullo ci tengo a sottolineare che tra noi non ci sono intese di alcun tipo. Non ci sono conflitti di interesse: non mi regala la birra e io non gli faccio da ufficio stampa. Meglio precisare, non si sa mai... Trovo i suoi interventi stimolanti e d'attualità e se qualcuno volesse replicare, ben venga. Il momento del resto è evidentemente particolare: UB alla svolta, l'annunciata nascita di una nuova associazione, birrifici indipendenti e birrifici meno indipendenti di una volta, big players che si avvicinano nell'ombra (ma mica tanto). Insomma, molta carne al fuoco per un 2011 che si preannuncia davvero interessante. Ma ne riparleremo. Adesso, tocca a Claudio....
M.M.

IL MONDO CHE VORREI

Chi sarà così benevolo da mettersi a leggere, sappia che la lettura solo di alcune parti potrebbe essere fuorviante, per cui o legge tutto o cerca un momento più idoneo. In ogni caso grazie di cuore per il tentativo.
Venerdì, come precedentemente annunciato in questo spazio gentilmente concessomi da Maurizio, ho partecipato alla riunione Unionbirrai. Per la cronaca non era la prima riunione a cui andavo e devo dire che si è parlato in modo più costruttivo e leale di altre volte.
Pur non essendo abituato a riunioni gremitissime (segno che qualche problema di qualsiasi natura esso sia, esiste, nel legame anche con gli stessi associati) ho trovato persone in buona forma, per cui credo che chi dice che Unionbirrai agonizza e presto passerà a miglior vita, sottovaluta l'ambiente. Ci sono idee, strategie e progetti. Purtroppo (e non per demeriti di Simone, ma per com'è nata la cosa) manca una gestione manageriale moderna, fatta di obiettivi, definiti, dichiarati e misurabili, di strategie e tattiche comunicate agli Associati.
Al di là delle mail informative, che arrivano o non arrivano, manca una modalità di rapporto con l'associato più stretta e personale. In una lettera a Simone di un anno fa, proponevo un assetto macroregionale per ovviare a questa grave lacuna, che poi di fatto crea una sensazione diffusa di aver pagato un obolo per essere su un sito e per partecipare ad un concorso, (come se avessi messo un banner su un sito birrario) piuttosto che aver creato e di sostenere attivamente qualcosa di comune e di utile. Da qui probabilmente un certo assenteismo e disinteresse da parte dei "sottoscrittori". Unionbirrai viene da molti vista come troppo Lombardocentrica.
Detto questo, per evitare di scrivere i soliti 5-6 soliti tomi, andiamo al dunque: cos'è Unionbirrai? Da ciò che ho capito e se sbaglio correggetemi, è un'associazione allargata a diversi soggetti (professionali e non), che ha a cuore lo sviluppo della birra artigianale. Come si può sviluppare questa bevanda? Attraverso la promozione e la formazione sia del birraio che dell'esercente e del consumatore. Visto che comunque l'anello più debole della catena è il birrificio, senza il quale non ci sarebbe più birra artigianale, il 50% del direttivo è costituito dai produttori e si cerca di tutelarne l'esistenza, attraverso accordi con CNA o partecipazione ad es. ai tavoli delle accise, per evitare che il mercato crei delle forzature che rendano impossibile la vita dei microproduttori in senso generale. Ma di fatto la formazione attraverso corsi di degustazione e corsi di imprenditoria birraria o come i futuri corsi ASCOM etc. sono le attività fondamentali.
Uno dei punti dell'assemblea era la variazione sullo statuto della tipologia di socio, per permettere l'ingresso di distributori e publican, in modo da creare un tavolo interno e delle attività esterne che allarghino la conoscenza del mondo birrario artigianale.
A mio avviso questo può essere utile, a patto che ciò sia gestito managerialmente, se corroborato da un ufficio stampa adeguato, se supportato da un panel di esperti nazionale ed internazionale, che elaborino contenuti facilmente fruibili, se aperto a tutti coloro che, da associati, alzino la mano per dare un contributo.
Per inciso, chi da associato professionale critica Unionbirrai dicendo che non fanno nulla, o che sono troppo Lumbard, sappia che ci sono 3 posti nel direttivo disponibili (su 4 totali) e che quindi proponendosi può… "provare per credere". Chi critica perché tanto è facile, divertente e distruttivo, sappia che non è un atteggiamento costruttivo da comunità associativa.

Fin qui uno spot sul nuovo corso di Unionbirrai? No, una presa visione qui riassunta, e in attesa di eventuali smentite o integrazioni.
Veniamo adesso alle considerazioni personali, spero costruttive.

a) Formazione
Ovviamente non ci si inventa formatori, sappiamo tutti da esperienze scolastiche che non sempre saperne vuol dire saper trasmettere la conoscenza. Se questo è il focus per UB, per garantire la massima qualità occorre che vengano predisposti dei piani di offerta formativa certificati da chi vive facendo formazione, (se no, chi forma i formatori, non solo sui contenuti, ma anche sulle tecniche per far apprendere i concetti espressi?). Unionbirrai ha fatto molto e spesso si è affidata a relatori del mondo Universitario, ma questo deve essere uno stimolo a crescere ed organizzarsi. (Nota: Sarebbe auspicabile, specie per la formazione degli aspiranti birrai, confermare un panel di docenti "esterni" ai microbirrifici associati (seppur con difficoltà varie, dalla disponibilità alla lingua) per garantire univocità ed imparzialità e non far sentire come esclusi molti altri associati).
In definitiva ogni "mission" ha una sua peculiare organizzazione, se la formazione è la mission principale, la struttura deve essere ottimizzata e certificata allo scopo. Questo chiaramente vale per tutti coloro che da domani abbiano la volontà di fare i formatori in qualsiasi settore

b) Comunicazione
Unionbirrai non si è mai distinta per velocità e strategia comunicativa. Purtroppo oggi serve un organismo che comunichi e che dica le cose come stanno, contrastando chi parla a nome di tutti, non preoccupandosi delle ricadute che certe parole possono avere per tutti, anzi a volte sfruttando la divisione esistente. Un esempio concreto che ho fatto in riunione è stata la conferenza a Prato per Eccellenza Birra. Il relatore che parlava a nome dei birrai ha detto che tra un anno sarebbero rimasti più o meno 12 birrifici, in quanto gli altri non avrebbero potuto sopravvivere in un regime di calo dei prezzi. La cosa è finita sui giornali e mi ha chiamato un operatore finanziario per sapere se la previsione era realistica, visto che molti birrifici hanno impegni finanziari per periodi maggiori di un anno. E' solo un esempio, ma credo che possa mostrare quanto la comunicazione possa influenzare molte cose, compreso l'accesso al credito! Comunicare costa e drena le poche risorse dell'associazione. Però è importante ed utile, non solo a scopo difensivo, ma maggiormente a livello propositivo e di sviluppo del settore

c) Volontariato
E' ovvio che un proposito culturale consente di reclutare più volontari rispetto a propositi meno nobili. In UB i volontari hanno fatto molto ed a loro va un grande encomio. Ma la crescita dal punto manageriale obbliga a far ricorso a persone che abbiano capacità ed esperienze, che si facciano carico degli obiettivi e lavorino incessantemente per raggiungerli. I volontari possono avere competenze utili, ma non possono lavorare stabilmente e soprattutto portare a termine incarichi nei tempi giusti. Il volontariato va incanalato su attività anche importanti, ma di breve respiro. Ed un'associazione come UB non può lavorare solo su progetti di breve respiro, almeno non più, nell'attuale mercato, con gli attuali player. Deve avere un piano di sviluppo a 5 anni.
Non voglio sminuire l'operato di tanti pro e non, che negli anni si sono prodigati, ai quali deve essere fatto un plauso da parte di tutti. Vorrei dare dei suggerimenti per il presente o meglio per l'immediato futuro.

c) Tutela di gruppi ristretti
In un tavolo di lavoro così ampio e variegato, ci possono essere minoranze da tutelare? E la tutela di queste minoranze può essere a danno di altre minoranze rappresentate all'interno dell'associazione? Un esempio attuale: posso tutelare un microbirrificio dall'azione di un distributore che importa "birra artigianale" dall'estero a basso prezzo? O dalla concorrenza sleale di microbirrifici agricoli che potrebbero avere agevolazioni fiscali, magazzini e prezzi delle materie prime agevolati, una rete di vendita già su scala nazionale o internazionale? Agostino Arioli e Giovanni Campari (per citarne 2 che rappresentano 2 fasi distinte della vita di UB) sono le nostre glorie birrarie, sono conosciuti in tutto il mondo e ragionano come il mondo, ossia "craft beer" nel senso di sostegno alla birra artigianale attraverso il sostegno dei microbirrifici locali. Per questo la loro "visione" è così allargata. Ma purtroppo per noi la realtà è dei microbirrifici di paese che cercano di campare con una popolazione di 10 mila anime, di cui il 30% disoccupati, di un mercato che d'inverno non ti paga neppure l'affitto del capannone e non di realtà strutturate. Non si può non avere a cuore la loro esistenza ed il loro sviluppo.
Si è detto su molti siti web che ci sono dei microbirrifici "carbonari" nel senso che si sono incontrati per verificare se hanno bisogni comuni, quanto tali bisogni siano forti e pressanti e se è necessario costruire qualcosa insieme per la tutela degli stessi, che più che carbonai definirei indipendenti. A costoro sarebbe molto utile un organismo in grado di tutelare il proprio operato e la propria sopravvivenza in un contesto di possibile concorrenza sleale (che si è creata o potrebbe crearsi). Serve una tutela nei confronti di chi dice che la maggior parte delle birre inglesi o belghe sono artigianali, da chi fa un brewpub con un impianto da 50 litri e poi vende tutt'altre birre e da altre mille storture di mercato che possono esistere. Serve una regia per massimizzare e sfruttare certe opportunità. Questo Unionbirrai non può farlo, in quanto da propria "mission" raduna con potere di voto ogni birrificio che faccia birra non pastorizzata, indipendente e non, agricolo, rurale e non.
Serve dunque ai microbirrifici indipendenti, una cellula associativa, un microuniverso rispetto a quello Unionbirrai, perché non tutti i produttori sono uguali e non hanno le stesse problematiche (al di là dei grandi temi comuni).
Potrà non essere l'unica, nel senso che un domani potrebbe formarsi come cellula indipendente l'associazione dei birrifici agricoli e rurali o delle cantine sociali o il club dei birrifici VIP che producono o fatturano oltre una certa soglia. Tutto ciò è assolutamente legittimo e non potrà essere essere direttamente Unionbirrai (che come detto, oggi è un'altra cosa, a meno di non tentarne una scalata e sconvolgere tutto).
Qualcuno potrebbe dire: ma se allarghiamo insieme il mercato, c'è spazio per tutti, senza dover creare nulla di nuovo, lasciando lo status quo. Chi ha interesse a questo si associ ad UB, collabori alla vita associativa, senza pensare a creare barriere e distinzioni.
Sarebbe bello, ma purtroppo questa è una visione giusta per un arco temporale come quello delle fasi da pionieri, in cui i problemi ed i mezzi erano gli stessi per tutti così come le capacità di investimento.
Con questa crisi dilagante, in un mercato in crescita, ma ancora poco strutturato come quello della Birra Artigianale, dove è quanto mai attiva la legge di Pareto (che dice che il 20% degli operatori fanno l'80% del mercato) e dove questo ha già stimolato gli appetiti di mercati in decremento (vini, prosecco etc.), potrebbe portare all'ingresso o alla strutturazione di gruppi industriali che con pochi mezzi (in senso assoluto, ma molto superiori a quanto possibile per un microbirrificio di medio livello), acquisiscano una posizione dominante nel mercato artigianale. Per UB questo non è importante, nel senso che se viene prodotta birra in conformità all'allegato A, non ci sono problemi, avrà sempre l'appoggio dell'associazione e si tratterà di un semplice assestamento del mercato. Però avere un mercato dominato da logiche prettamente affaristiche, di sinergie distributive e commerciali più che di passione nel produrre una birra buona e genuina, non porterà frutti né ai consumatori né ai distributori o publican. Si ritornerà ad una selezione ristretta di birre non pastorizzate, fotocopia di ciò che il consumatore medio chiede, senza più fantasia, passione ed inventiva, tipica dei piccoli produttori indipendenti. Io fossi il direttivo di UB mi interrogherei se i professional che fanno parte del 50% dell'assemblea dovrebbero essere semplicemente i produttori o più nello specifico i birrifici indipendenti, più vicini allo spirito iniziale e con maggior passione e determinazione a fare un certo tipo di birra?
Volendo chiudere, stringo: UB ha scelto di proseguire la stessa via tracciata dai fondatori, consapevole che il problema principale è la crescita del mercato. Con qualche modifica strutturale e qualche certificazione si riuscirà nell'intento. Ma poi di questo mercato, cosa andrà a chi ha creduto ed investito con passione nel settore?
Chiedo pertanto ai soci UB:
Non è il caso che UB collabori con i produttori indipendenti portando un'esperienza, un marchio comunque riconosciuto e delle progettualità in tutte quelle aree in cui ci possano essere delle sinergie? Ma soprattutto accetti la nascita di queste cellule senza ostilità e condizionamenti, senza gridare a lesa maestà o a separatismo, ma accettando e collaborando con chi ha comunque a cuore la Birra Artigianale?
Chiedo a chi era alla riunione carbonara di Fidenza:
Non è il caso che chi ha necessità e bisogni specifici, come gli indipendenti, esprimano le proprie istanze in un meeting di confronto con UB e restino comunque in un'area di collaborazione con chi ha portato avanti il movimento per diversi anni e si cerchi assieme di trovare il maggior numero di punti di contatto e di sviluppo comune?
In Italia ciò è molto difficile. siamo molto individualisti, gelosi, ambiziosi, ma alimentare divisioni, creare barriere statutarie, che impediscano ad un indipendente di associarsi ad UB oppure ad Unionbirrai di sbattere fuori gli indipendenti porterà solo fenomeni distruttivi del settore.
E' ora invece di spronare la collaborazione tra tutti gli attori, UB, Mobi, ADB e chiunque abbia a cuore la Birra Artigianale, comprese realtà in possibile divenire, serve un grande festival comune per trovare fondi, serve una grande piattaforma di formazione degli esercenti e della popolazione, servono seminari e stage per birrai, servono spot televisivi, comunicati stampa, occasioni in cui raccontare le proprie birre, specie quelle di nicchia e non solo per vantare le grandi operazioni commerciali o markettare. Servono teste, iscrizioni e soldi per un grande piano comune.
Se qualche giorno fa volevo salvare Unionbirrai, oggi sono ancor più motivato a stimolare tutto l'ambiente per creare attraverso opportune sinergie, del valori condivisi e tangibili, che facciano veramente il bene del movimento birrario artigianale italiano, attraverso il coinvolgimento di UB e di tutti gli altri attori.
Sogno un "Monte Rushmore" con le effigi di Kuaska, Monetti, Giacu, Faraggi, Bertinotti, Polli e Carilli, a memoria di una grande collaborazione ed un grande risultato non del singolo, ma della birra artigianale italiana.
Claudio Cerullo

3 commenti:

Lelio ha detto...

Mi trovo molto in sintonia con Claudio. UB, e la birra artigianale italiana hanno bisogno di persone come te, magari con visioni un po' utopiche (mi riferisco alla conclusione), ma pratiche e costruttive. Mi auguro di poter avere altre occasioni per incontrarti e ribadirti che i micro saranno 500 entro un paio di anni. 12 erano gli apostoli e sai com'è, a volte qualcuno si sente unto dal signore e per questo confonde il sacro con il profano. A presto.

Andrea ha detto...

Mi accodo a Lelio dicendo che servirebbe tanta gente come Claudio, anche solo perché ha speso mezz'ora della sua giornata per scrivere un pensiero che dimostra voglia di confrontarsi e costruire.

Nel merito non ho molti appunti da fare. Ho una sola perplessità: appurato che è normale che determinate tipologie di birrifici perseguano determinati interessi, perché non creare un consorzio piuttosto che un'associazione? Come già ho scritto, un'associazione fa qualcosa in più e tende a tutelare la sua visione di birra di qualità. Vedo dunque all'orizzonte un conflitto "culturale" sul concetto di birra artigianale e un'ulteriore divisione in termini di iniziative culturali (corsi di formazione, di degustazione, ecc.)

Secondo me il primo interesse dovrebbe essere quello di fare bene alla birra di qualità, ma non credo che al momento sia una priorità condivisa.

Unknown ha detto...

Bell'articolo Claudio e devo dire che ho rispettato "le direttive primarie""in incipit.
Detto ciò,da semplice homebrewer quale sono,mi piacerebbe molto che l'UB popossa svolgere un ruolo più di primo piano nel panorama italico.Quello che secondo me ancora manca è l'idea reale di birra.Da quello che si può vedere,ci sono ancora persone che credono che le birre siano tutte uguali.E questo mi fa profondamente imbestialire.Per cui credo che oltre a varie riunioni e festival vari,credo,bisognerebbe puntare di più sul marketing di qualità senza snaturale la vera idea di birra artigianale.
Riallacciandomi a quanto commentato da lelio,sono sicurissimo e che tra qualche anno i microbirrifici spopoleranno.Ma quello che sto vedendo da lettore è che in italia,a parer mio,fare birra artigianale è diventato uno ""sport"".Non sono per i cartelli in un mercato libero come il nostro,però come disse Kuaska in un intervista,dovremmo stanare quelle persone che si mettono in questa realtà solo perché hanno molti soldi da spendere o perché vogliono arricchirsi.
A presto.