29 marzo 2012

Una giornata al Vinitaly


Una giornata, ecco, perché a Verona una giornata basta e avanza. Andiamo con ordine. Partenza da Milano Centrale in treno perché l’esperienza, vado a Vinitaly dal 2000 (che culo, eh?), m’insegna che parcheggiare fuori dalla Fiera è come giocare a Tetris. Ci metti del tempo a trovare l’incastro giusto poi, quando provi ad andartene, ti chiedi perché non ti sei portato con te Guerra e Pace, che hai ancora un paio di capitoli da leggere…
Il treno si affolla sempre più. Davanti a me un collega di quelli simpatici, che non se la tirano, che non si sono esaltati con Twitter e con Facebook, che non credono di essere i Messia dell’Aglianico. Insomma, merce rara. Ma la carrozza, all’ultima fermata prima di Verona Porta Nuova, è stipata. Mi guardo in giro e incrocio sguardi poco rassicuranti. C’è voglia di bere. E parecchia…
Dalla stazione alla fiera si va a piedi, così possiamo incrociare i bagarini che vendono sottocosto i biglietti d’ingresso. Penso che se hai fortuna, a Vinitaly al massimo incontri Piero Antinori, mica Bruce Springsteen… Dentro una calca pazzesca, un popolo in cammino, gente che trinca dappertutto, cercando comunque di darsi un contegno ovvero socchiudendo leggermente gli occhi, inspirando dal bicchiere come un bloodhound, prendendo un piccolo sorso, assumendo il volto di uno che cerca di calcolare la trigonometria dei tannini e concludendo con un “buono, buono davvero”.
Ma siamo solo alle prime ore. La Fiera Internazionale del Vino è comunque già in tilt. I cellulari sono in affanno, il wifi collassa probabilmente sotto le raffiche di tweet (al 99% condensati di fuffa e onanismo digitale) targati Vinitaly o Vinitaly2012. Decido di fare quello per cui sono venuto. Mi butto su Agrifood e sullo spazio dedicato alle birre artigianali, organizzato da Luca Grandi e Officina Eventi (ovvero quelli che fanno Birra Nostra a Padova). L’idea della concentrazione in un unico spazio piace. È sul perché essere a Vinitaly che si registrano pareri discordanti: entusiasti (Birrificio Elav), soddisfatti (Birra del Borgo), perplessi (Birrificio Italiano), sereni (Birra Baladin), decisamente scontenti (Tenute Collesi) . Leonardo Di Vincenzo mi racconta l’esperienza della birra “etrusca” elaborata a sei mani con Sam Calagione e Teo Musso (e la collaborazione dell’archeologo molecolare Patrick McGovern). Ingredienti “archeologici” come il grano Saragolla, miele di castagno, rosa canina e millefiori, nocciole, melograno, resina d’albero, uva passa e, ovviamente, luppolo e malto d’orzo. Al momento sta fermentando in anfore di terracotta a Borgorose ed è inutile dire che non vedo proprio l’ora di assaggiarla…
Teo Musso, Agostino Arioli ed io (courtesy Luca Grandi)
Tuttavia non è questa la notizia clou della giornata, quanto piuttosto l’annuncio della collaboration brew tra Agostino Arioli e Teo Musso. La notizia me la passa Agostino con la solita flemma che lo contraddistingue. A me che sgrano gli occhi pensando a un’iniziale presa per il culo, risponde il suo sorriso. Poi arriva Teo e la conferma definitiva: appuntamento al 30 aprile all’Open Day di Piozzo.
E così eccoli lì i due (anche in foto grazie a Luca Grandi). Pronti al concerto che nemmeno i Rolling Stones e i Beatles hanno fatto insieme. Maradona e Platini che giocano insieme (altra bella metafora made in Schigi). Qualunque cosa verrà fuori dalla collaborazione, in termini di comunicazione la “strana coppia” ha fatto centro. E, per dirla tutta, se la comunicazione fosse un loro ben preciso intento, chi se ne frega. A me incuriosiscono molto queste collaborazioni, soprattutto se arrivano da birrai diversi e dal carattere ben preciso. Schigi e Carilli, tanto per non far nomi. Ma anche un Beppe Vento e Dano del Troll. E mi piacerebbe pure vedere robe strane tipo Leonardo Di Vincenzo e Fabiano Toffoli, Nicola Perra e Renzo Losi, Fabio Brocca e Jurij Ferri… Fantascienza? Forse sì, però…

22 marzo 2012

Visions of Brewfist

Lo so, sono sparito dalla circolazione per qualche giorno e ho pure ritardato a pubblicare gli ultimi commenti relativi all'IBF ma, capitemi, avevo una rivista in chiusura e sto recuperando per consegnare un altro lavoro, a sfondo belga diciamo così... Tuttavia, ora che mi trovo a Lovanio per lavoro, provo a buttare giù qualche riga sull'inaugurazione del locale bandiera del Brewfist ovvero il Terminal 1 di via Ferrari a Codogno. Pur non potendo vantarmi di essere un globetrotter della birra artigianale italiana, ci tenevo molto a presenziare al debutto in società di quello che ritengo essere il birrificio del momento. Sicuramente la rivelazione 2011 insieme a Extraomnes. Di Pilato e Maiocchi mi avevano convinto fin dai primi, casuali, assaggi; mi era piaciuta anche la loro immagine, o meglio l'immagine trasferita dal loro sito, tanto da convincermi a coinvolgerli nella serata "Birra.com" che avevo organizzato alla Triennale di Milano più o meno un mese fa. Un tono leggero, vagamente ironico, con un pizzico di insolito understatement, per delle birre costruite solidamente e di notevole affidabilità sul medio-lungo periodo mi fanno pensare che il Brewfist non sia una meteora nel sempre più affollato firmamento artigianal-birrario nazionale. E "l'acquisto" recente di Alessio Allo Gatti, che dove è andato ha sempre fatto grandi cose, è una conferma ulteriore delle intenzioni serie dei ragazzi di Codogno...
Andrea Maiocchi al lavoro
Il locale mi sembra molto ben piazzato come location a livello strategico: tanto per dire, il mio navigatore non aveva identificato la via con precisione, ma in pochi minuti mi ci sono trovato davanti lo stesso. L'arredamento con bancone a isola centrale è convincente anche se eliminerei il parcheggio aereo per le bottiglie di distillati sopra la testa (saranno anche comode, ma a me fanno un po' bar-tabacchi). Bella la mega-lavagna con l'elenco delle birre a disposizione, mi ricorda i pub americani, ambiente nel complesso un po' spoglio e freddino, ma giudicare un locale appena aperto è come prevedere a quale corso di laurea si iscriverà un bimbo delle elementari.
Buono l'hamburger, soprattutto in una serata inaugurale, e perfette le birre assaggiate. Jale a parte che, personalmente, non mi ha emozionato tanto. Sicuramente non tanto quanto la Burocracy o la Spaceman in versione Dry Hop, delle due la mia birra "per tutta la sera" resta comunque la prima, o la Fear...
In buona sostanza e per quanto sia difficile giudicare un posto al suo debutto, credo che il Terminal 1 si candidi con autorevolezza a diventare un punto di riferimento birrario per la zona. E un valido motivo per andare a Codogno. Del resto, fino al 16 marzo scorso, non ne conoscevo altri...

11 marzo 2012

Italia Beer Festival Milano - Un minireport...

Il logo dell'IBF
Se Paolo Polli non si fosse lanciato come un falco nel mercato della birra artigianale italiana, intuendone le potenzialità e "cavalcando la tigre" con piglio imprenditoriale, sarebbe stato un buon vigile urbano... Vederlo infatti smistare le persone all'ingresso dell'Italia Beer Festival, in corso fino a stasera a mezzanotte agli East End Studios di via Mecenate, e organizzare le code per i gettoni con un piglio da comandante di nave (e non sto pensando a Schettino) aveva un che di sorprendente... Mi ha fatto tornare in mente i tempi andati quando, conosciuto l'uomo da poco, lo ascoltavo paziente e un po' perplesso descrivermi la tappe future della sua ascesa a protagonista, anche discusso, della nostra nicchia... I primi tempi, il Polli, sembrava un po' come il mercante nel tempio, alle prese con Gesù che lo voleva scacciare tra gli apprezzamenti silenti o rumorosi degli apostoli... Le urla e gli strepiti sono andati via via scemando: in parte perché il piccolo mondo della birra artigianale lo ha, in qualche modo, digerito e in parte, o soprattutto, perché in molti si sono accorti che, in termini di organizzazione e di business, l'uomo ha delle indubbie capacità.
Lo dimostrano i suoi BQ, i locali dove ormai bevi delle birre di produttori che sembrava si sarebbero voluti far crocifiggere pur di non dargliele, lo dimostrano i suoi IBF e lo dimostrano i suoi corsi dove insegnano docenti anche di altre associazioni (e io mi ricordo i tempi dove o facevi gli uni o facevi gli altri, pena scomunica e successiva lapidazione virtuale...). Vabbé, così va il mondo e il racconto, oggi, della settima edizione dell'IBF Milano, la sua prima creatura e forse quella di maggior successo, è il racconto di una folla casinista e assetata che accetta la coda alla cassa, la successiva coda per i gettoni e un pigia pigia di dimensioni da prato di San Siro quando suonava Vasco. Tutto pur di bere l'ultima novità di "casa Vento" alias Bi-Du o la Zest di Extraomnes in versione "real". Io ho fatto la mia comparsa il venerdì sera. Ho seguito la presentazione della Tainted Love, brewcollaboration tra Tocalmatto ed Extraomnes (per la serie "se non lo vedo, non ci credo"), ricavandone un'impressione estremamente convincente (il bouquet è clamoroso, forse solo un pelino "acerba" al palato); ho provato la Ten Ten del Bi-Du, esaltante nella sua "asfaltatura" luppolosa (per riassestarmi ho dovuto subito afferrare una Ley Line); ho trovato una morbida e avvolgente Magnus del Croce di Malto e una pregevolmente aromatica Temporis. Gli assaggi sono poi proseguiti con una convincente Caterpillar dei ragazzi di Brewfist, che lo ammetto sono i miei preferiti del momento, una Zona Cesarini in versione Randall, tanto di cappello, e una Blond di Extraomnes, che è sempre un gran bel bere. In mezzo molti incontri con chiacchiere urlate nei padiglioni auricolari per tentare di sovrastare il concerto rock che andava in onda in mezzo alla "piazzetta" degli Studios. A tal proposito io voto contro tutto il casino che mi impedisce di capire cosa ho nel bicchiere e, soprattutto, chi ho di fronte, ma immagino di dovermi adeguare... Per il resto, onore e merito a Paolo Polli e ai suoi futuri, immaginifici, progetti. Ai quali, fosse anche una stazione spaziale dedicata alla birra artigianale italiana, prometto fin d'ora di credere.

8 marzo 2012

Così parlò Monetti - In merito a Birra dell'Anno e Selezione Birra

Qualche giorno fa, reduce da Rimini, ho inviato una piccola intervista a Simone Monetti, direttore operativo di Unionbirrai. In parte perché, non avendo vissuto in prima persona il concorso sentivo il bisogno di ascoltare una voce "ufficiale" e in parte perché avevo qualche dubbio da togliermi. Simone, reduce anche lui dalla trasferta riminese (molto più impegnativa per lui sotto tutti i punti di vista), mi ha risposto. E quindi, eccola qui....
M.M.

Un Simone Monetti in versione birraria...

448 birre iscritte, 85 birrifici, 32 giudici. I numeri rivelano che Birra dell'Anno è in costante crescita di adesioni... Che riflessione puoi fare in proposito e come valuti la qualità del lavoro della giuria quest'anno?

Ovviamente siamo molto soddisfatti dei numeri che il nostro concorso ormai riesce a ottenere. Il prestigio di un contest come Birra dell'Anno si costruisce sul numero di iscritti, sulla qualità dell'organizzazione in generale e della giuria in particolare. Per quest'ultima direi che l'edizione 2012 è stata di gran lunga la migliore in termini di bontà delle condizioni di lavoro, attestatesi su ottimi livelli, come confermato dai feedback più che positivi fornitici dai giudici.

Inutile negarlo: a Birra dell'Anno sono mancate delle adesioni importanti di noti birrifici italiani. Ti senti di dire qualcosa a quelli che hanno scelto di non partecipare?

Credo che la scelta di non partecipare al concorso sia assolutamente legittima, ci mancherebbe altro.
Il nostro obbiettivo è di avere sempre più birre in gara portate dal più alto numero di birrifici possibile. Questo perchè Birra dell'Anno, abbinato a Selezione Birra, non è solo una gara, è una occasione unica di crescita culturale del nostro movimento. E una vetrina internazionale di importanza enorme, cosa che andrebbe maggiormente valorizzata.


Il caso che forse ha più fatto discutere ovvero la categoria delle Ipa... 62 birre iscritte e niente medaglia d'oro... Si poteva concederla secondo te?

Non ho motivi di pensarla diversamente dal tavolo dei giudici che ha preso questa decisione.
Mi sento però di impegnarmi a fornire una spiegazione dettagliata dell'accaduto ai partecipanti: visto che si voleva mandare un monito ai birrifici italiani, è indispensabile che questa diventi una fase costruttiva.

Andiamo sul personale: gira voce che non sei più il presidente di Unionbirrai, ma resti il direttore operativo. Andrea Sclausero è il nuovo presidente... Ci spieghi cosa è successo?

Molto semplicemente io ho assunto ad interim l'incarico, ma sono stato e resto il direttore operativo di Unionbirrai. Attualmente la carica è sulle spalle di Andrea Sclausero, che è l'unico vicepresidente rimasto nel consiglio e che rimetterà il suo mandato per scadenza dei termini durante la prossima Assemblea che si terrà tra la fine di aprile e l'inizio di maggio.

Selezione Birra 2012 è in archivio. Gli artigiani sono sempre più protagonisti. Cosa vorresti "realizzare" a Rimini Fiera l'anno prossimo?

Riteniamo indispensabile creare maggiori interazioni con le associazioni internazionali, con cui già siamo in ottimi rapporti tramite Ebcu e i giudici di Birra dell'Anno. I contatti in questo senso non sono solo ovviamente di tipo culturale, ma trainano in effetti anche i rapporti commerciali con l'estero.