Ultimamente tira un'aria gelida di tramontana nel variegato, in termini meramente birrari, e variopinto, in termini umani, mondo della birra artigianale italiana. Non metterò link e riferimenti vari, perché gli habitué della lettura birrario-forumistica-bloggarola sanno già tutto e, presumo, anche meglio di me. Per questo ultimo motivo eviterei pure di prendere posizione (non per paura, ma per conoscenza non abbastanza approfondita), tuttavia la cosa mi appare sempre più allarmante. Chi passa di qua una volta al mese, chi si tiene fuori dalle beghe pur amando o essendo semplicemente interessato alla materia della birra artigianale, può pure terminare la sua lettura qui. Sappia però che lo invidio un po' perché, alla fine della fiera, è lui il vero motore del fenomeno artigianalbirrario. Lui, il consumatore che ne capisce poco, ma è curioso, quello che dice "ma dai... è una birra cruda?", quello che la incontra, non la cerca ossessivamente, quello che, forse, gliene frega poco dei luppoli indopacifici o dell'eticità della produzione artigianale contro il bieco capitalismo degli industriali...
A me sembra, ma è un'opinione, che la birra artigianale stia bruciando un po' troppo le tappe. E non mi riferisco alle nuove aperture (che continuano a ritmo notevole). Quanto alle virulente chiacchiere da ring che si svolgono in rete. Non faccio il papa né il paciere per mestiere e, in tutta onestà, mi si potrebbe pure obiettare "a te chettifrega?", ma mi sembra sempre più un dato di fatto che quello della birra sia un webluogo che, in questo senso, ha abbondantemente superato il vino. La differenza è che il vino muove miliardi, il vino è uno dei sostegni della nostra economia nazionale (almeno per l'export), mentre la birra artigianale resta una parrocchietta dove i boyscout fanno a cazzotti con i ragazzini dell'Azione Cattolica.
Io lo trovo deprimente. Di più, comincio a trovarlo noioso. E quando mi annoio tendo a diversificare ovvero sposto il mio interesse su altro. Se il web è una fonte d'informazione (e in parte lo è), il web birrario è una pallosissima Royal Rumble dove, tra l'altro, non si capisce mai quando le botte sono vere o per scena.
Ecco quindi le ragioni del titolo di questo post. M'interessa solo la birra, per davvero. Non me ne frega assolutamente nulla di questo "brutal-gossip" da Famiglia Addams che ammorba l'aria e fa perdere di vista il fascino, la creatività, l'originalità delle birre artigianali. E che forse fa perdere di vista un sacco di altre cose. Nel frattempo, non ho letto da nessuna parte (microbirrifici.org a parte) della "produzione sospesa" per il Birrificio Freccia. Il giovanissimo Michele Montani ha mollato, non so se per riprendere da un'altra parte o se definitivamente. Ma io me lo ricordo quando era lanciato come "il birraio più giovane d'Italia"... E questa cosa mi mette un po' di tristezza addosso, anche se per uno che chiude ne aprono altri cinque.
Qualcuno di molto vicino a me, dopo aver letto questo post, mi direbbe: "E' solo colpa tua che perdi un sacco di tempo a leggere tutte quelle cose inutili...". Ragionamento che, effettivamente, non fa una grinza. Da oggi vorrei provare a dare, a questa persona, ragione...
10 commenti:
Ma infatti parliamo di birra! Il Freccia ricordo che fu presentato come una delle novità più interessanti in un Pianeta Birra di tre anni fa - se non ricordo male.
Non mi fece impazzire, ma era all'inizio... però quella freccia colorata che caratterizzava le bottiglie la ricordo bene.
A volte partire curando anche gli aspetti collaterali non basta, soprattutto in un settore quantomai ingolfato
@Andrea: ovviamente, non ti inserisco nella parte rissaiola del web birrario.
Per quanto riguarda il Freccia, c'era molto entusiasmo, l'immagine era bella (l'etichetta pop art), forse ha pagato il fatto di non aver un proprio impianto e delle difficoltà legate all'aspetto distributivo che, oggi, sta diventando sempre più importante se si vuole crescere...
Maurizio, io invece sono della parte "rissaiola" come la chiami tu, anche se quest'ultimo giro non ho ben capito per quale motivo una mattina sia stato tirato dentro
io detesto nella maniera più selvaggia possibile i metodi ecumenici, ma mi pare evidente che si sia "andati oltre". e ognuno ha la sua fetta di responsabilità, piccola o grande che sia
da parte mia mi sono accomodato in panchina, è una decisione che parte da lontano e mi pare l'occasione giusta per metterla in pratica
Ecco, a me delle 1000 e una polemica e risse che intristiscono l'ambiente frega poco e niente, ma sarei molto curioso di sapere di più delle politiche di distribuzione, ché credo che sia a quel livello che si gioca la partita vera.
@SR: fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. La tentazione della rissa c'è sempre (se non altro alza il numero di visite sul web), ma il problema (oltre a come dici giustamente tu di essere "andati oltre") è un totale spreco di energie e di talento che nel mondo birrario artigianale ci sono. I tuoi (energie e talento) compresi. I contrasti ci sono, gli scazzi pure, anche le sostanziali e basilari differenti visioni del mondo. Ma se tutto e sempre si riassume nello scontro eletto a stile di vita (meglio dire di "capacità di proporsi") alla fine diventa tutto sterile, noioso, triste... Minchia, alla fine stiamo parlando di una cosa che si beve!
@Marco: la distribuzione... Eggià, questo è un argomento. Chi distribuisce ad esempio le quantità di birre italiane che ormai si trovano pure all'estero? E la comunicazione? Un collega inglese, Mark Dredge di Pencil&Spoon, è diventato qualcosa come Communication manager di una piccola birreria di Londra. Differenze, che ci sono, a parte; quale micro italiano avrebbe la visione di operare una scelta del genere?
@Maurizio
sai gli ingredienti sono tanti. c'è una questione caratteriale. c'è una questione ludica. c'è una questione di metodo. sono allergico al condimento diplomatico di discorsi e concetti perché ritengo nella maggior parte dei casi non servano a nulla, se non a supportare chi ha in mano il cerino. il mondo non è bianco o nero ma dipingerlo in toni di grigio può aiutare i daltonici. discorso questo generale, personale e suffragato da una certa esperienza extrabirraria: non so se i metodi confluttali siano più fruttiferi, di meno ho i miei dubbi
credo comunque che l'ingrediente principale, per quando mi riguarda e per riferirmi al tuo discorso, è la mia totale estraneità all'appartenenza professionale entro questo mondo. vedilo come un abuso di libertà. vedila come una funzione di utilità un poco balzana, la mia
ciao Maurizio, io ovviamente sono uno dei "moderati".
il fatto è che qualcuno solleva problemi che hanno anche fare con il nostro mondo; comprenderne le dinamiche sopratutto quando determinano distorsioni di mercato, secondo me è utile anche all'appassionato.
poi qualcuno per divertimento butta tutto in rissa, e
la cosa a me non piace anche perché si rischia di fare una melassa dalla quale non si capisce più quale era il punto. la situazione che si crea va a vantaggio dei soliti.
la cosa che a me da fastidio è che oggi in italia la birra artigianale più venduta sia la Menabrea!!!
alla faccia della cultura birraria.
@marco
La distribuzione dovrebbe essere il vero guadagno di un birrificio. O sei un produttore industriale e fai migliaia di HL o la produzione non ti può riservare guadagni interessanti.
Ad ogni passaggio della filiera la percentuale di ricarico aumenta: produttore, distributore, publican.
Distribuire da soli le proprie birre, assicura al produttore di poter contare su un doppio ricarico. Questo dovrebbe dare la possibilità di mantenere dei prezzi decenti.
Poi c'è l'aspetto qualitativo, se distribuisco in proprio, posso curare meglio la conservazione dei miei prodotti, meglio di un distributore, che sino a ieri trattava solo Peroni. In più ho un contatto diretto con i clienti e quindi avrò un feedback molto più veloce e sarò in grado d'intervenire per eventuali problemi.
Certo che se faccio birre strane che non possono diventare una referenza fissa di un locale, ma che per forza di cose devo venderne un po a Milano, un po a Roma ed un po a Napoli, allora farò fatica a seguire la distribuzione.
Se faccio invece prodotti più semplici, che non vuol dire meno buoni, anzi, potendo così contare su clienti fissi, senza dover avere 20 tipi di birra ed inventarne una al mese, potrò curare la distribuzione, avere un feedback dai clienti, conservare in modo migliore il prodotto, mantenere i prezzi più bassi, che si traduce in minor sbattimento e più resa.
Il problema è che le birre più semplici, sono quelle più difficili da fare e di birrai che sono capaci di entusiasmarti con una Lager e mantenerla costante nel tempo , ce ne sono davvero pochi e così vai di one shot, birre Disneyland e distributori che raddoppiano i prezzi, molto spesso rovinando i prodotti.
A dimostrazione della mia tesi vedi che Heineken ha fondato, anni fa il gruppo Partesa. In pratica il più grande distributore d'Italia, che fa concorrenza agli altri distributori suoi stessi clienti.
Invece molti fanno un impianto con cotta da 100 litri, vendono ai distributori, poi per sopravvivere devono farla pagare come l'oro e magari non è nemmeno buona. Questo perché molto spesso l'idea d birrificio nasce dietro una ricetta, non dopo ricerca di mercato, piano d'impresa, strategia commerciale, cura del prodotto sia come immagine, sia controllando la filiera.
Ora è di moda e va bene tutto, ma quando la moda finirà, cesseranno, ahimè, tutte quelle attività che non si sono preoccupate di questi aspetti. A qualcuno già succede.
Tornando OT io sono uno dei rissosi, a mia discolpa posso dire di essere stato istigato, anche se non è una buona scusa. E' solo che guardando come è il mondo della birra artigianale Italiana e sapendo invece come potrebbe essere ed essendo animati più dalla passione, che dal ragionamento, certe situazioni sono difficili da digerire e si finisce per comportarsi proprio nel modo che tanto critichiamo.
Hai perfettamente ragione Maurizio, e sottoscrivo tutto.
Purtroppo ,come anche in altri casi della vita, chi di solito alza la voce lo fa per mascherare la pochezza delle idee.
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