9 marzo 2010

Il lavoro degli altri


Tre post in due giorni... Wow, si vede che non ho un cazzo da fare... Invece pur con l'acqua alla gola per correre dietro agli editori che si svegliano sempre all'ultimo momento eccomi qui a sfogare un po' di bile su chi, e Dio solo sa quanto sia diffusa questa cosa oggi nel nostro settore, ritiene non solo di saper fare divinamente il proprio lavoro. Ma pure il tuo! Ah, ne ho proprio le palle piene di spremitori d'uva che sanno l'italiano come Biscardi, di formaggiai convinti di aver scoperto il Caglio Santo, di birrai che imbroccano una birra sì e otto no però ti vengono a spiegare come si deve scrivere e magari anche quanto o dove... Mi ricordo anni fa un tizio che faceva bruschette, bruschette eh mica chissà cosa, che aveva una segretaria che una volta era stata maestra elementare, la quale aveva il compito di "passare" i publiredazionali che, in un momento di raro masochismo, avevo deciso di accettare di scrivere. Una tragedia, i pensieri e le frasi ridotti allo stato espressivo semilarvale di un fanciullo in fase di sviluppo, concetti degni di un ET "io telefono casa" che riscuotevano le lodi del neanderthaliano bruschettaro. Ho sempre cercato, sbagliando, di rispettare il lavoro altrui e di capire quando il mio giudizio aveva il senso dell'esperienza acquisita o era semplicemente una mia impressione personale. In sostanza, comprendere la differenza che passa tra il giudizio di un competente e quello di uno zotico appena sbarcato sulla Terra. Ma, evidentemente, ho sbagliato... Molto meglio imbracciare il fucile e sparare al bersaglio grosso, stroncare un po' a destra e un po' a manca, tanto per fare rumore e vedere l'effetto che fa... Il mio sogno nel cassetto? Leggere un publiredazionale sulla bruschetta scritto dalla maestrina senza penna rossa: "La bruschetta è buona. La bruschetta fa bene. Comprate la nostra bruschetta. La bruschetta la trovate a...". Oggesù, perchè non intuisco mai le potenzialità da romanzieri di successo planetario, quando le incontro?

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