14 gennaio 2011

Hipster e Rudolph: tecniche di depistaggio...

Ohibò, riprendiamo la sana (o forse insana) abitudine di scrivere sul blog e lo facciamo mantenendo la promessa di raccontare le nostre impressioni delle due birre arrivate dal birrificio Bad Attitude di Lorenzo Bottoni & Company qualche giorno prima della roulette russa (gastronomicamente parlando) delle festività natalizie. Allora, iniziamo con il dire che ricevere le birre a casa in assaggio da parte di un birrificio artigianale è pratica quasi del tutto sconosciuta in Italia (primo applauso per Bad Attitude) il che potrebbe far concludere che chi scrive di birra non serve a nulla oppure che ai birrifici artigianali non gliene frega niente. Boh, fate voi. Tuttavia l'iniziativa di Bottoni è lodevole anche perchè si espone consapevolmente a critiche, eventuali e si spera ovviamente motivate, e perché legittima il piccolo popolo di blogger italiani. Le due birre in questione si chiamano Hipster e Rudolph, immortalate qui sotto poco prima della stappatura....

Hipster e Rudolph by Bad Attitude Craft Brewing
Partiamo con la confezione, perchè sono convinto che l'occhio voglia la sua parte. Formato della bottiglia in stile "muratore anni Cinquanta", ma reso simpatico dalle etichette: una in stile "summer of love" e l'altra che rivisita la renna dal naso rosso che guida la slitta di Babbo Natale. A me sono piaciute entrambe perchè mi hanno messo allegria e mi è pure piaciuta la dizione "birra artigiana" invece di artigianale (che sia questa la chiave di volta della sfuggente quanto inflazionata definizione?). Alleluia finale per la citazione dei luppoli. La trovo una cosa buona e giusta e suggerisco a Lorenzo di inviare un campione anche a quelli della Splugen scrivendogli "ecco, i tre luppoli. Li trovate nella retroetichetta". Perplessità invece sulla Hipster presentata come una Pilsener Organic Wine. Vero che la presa per i fondelli è già nella dizione, ma la parolina pilsener ai più dice una cosa (luppolo, luppolo e ancora luppolo) mentre al naso la realtà è un'altra. Insomma, a parte qualche nota così così ma che presto scompare, la birra sembra pensare in ceco ma parlare in belga. Io, ad esempio, ho sentito un fruttato di albicocca e un cenno di miele e dopo ancora qualche minuto una sottilissima speziatura, più un'articolazione del profumo che un sentore vero e proprio. Al palato il corpo c'è e


La Hipster nel bicchiere

si sente (7,62% vol). Un bell'equilibrio, una bella aromaticità che lascia uscire un piacevole amaro (adesso sì) e che termina molto bene nel retrogusto, lasciando la bocca piva di acidità e pronta per bere ancora. Insomma, una birra che mi ha convinto con qualche smagliatura (il naso iniziale), ma che ti porta un po' fuori rotta... Discorso diverso invece per la Rudolph, presentata come "winter warmer" categoria che si presta maggiormente alle interpretazioni sul tema. Il colore è ambrato con tonalità che ricordano il rame, schiuma davvero imponente (un po' debole nella Hipster), compatta e persistente. Profumo complesso, speziatura subito immaginabile anche se, non avendo letto prima le note, ho imbroccato solo la cannella. Dello zenzero e del ginepro ho avuto la sensazione solo a posteriori, per cui vale quello che vale. Cioè niente.


La Rudolph nel bicchiere

Ma è una birra affascinante sebbene l'avrei forse preferita con un corpo ancora maggiore, più solido e più "caldo". Sempre al naso ho scritto di getto "miele di castagno e frutta esotica (datteri?), caramello e cannella". Cannella che torna a farsi sentire anche in bocca. Ma senza risultare eccessiva; solo quel tanto che basta per farti tornare in mente certi dolci natalizi anglosassoni e la voglia di accendere un fuoco (il che essendo circondato da libri e carta in genere comporta un certo rischio). Comunque birra più che piacevole. La riberrei volentieri (anche la Hipster), perché il finale di entrambe non te le incolla al palato ingolfandolo. Il che vuol dire che mi rimane la sete. E attacco le seconde bottiglie...

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