16 gennaio 2012

Questione di etichetta...

Il new look della Brighella
Per un lavoro che sto cercando di chiudere al volo ho dovuto in questi giorni fare richiesta di alcune bottiglie di birra. Purtroppo mi bastavano solo le fotografie (anche per la solita questione di tempi di consegna al cardiopalma...), ma vorrei dire grazie pubblicamente alle persone che ho contattato per le loro rapide risposte. In altre occasioni, a dire il vero, i tempi di riscontro erano stati quasi biblici, a parte i soliti noti. Sign o' the times, come direbbe Prince? Forse sì. Io sono sempre lo stesso, non ho dato nessuna indicazione in merito a dove sarà pubblicato il pezzo e non ho nemmeno sottolineato nella mail un'urgenza da fine del mondo.... Chissà: forse i birrifici italiani (almeno quelli coinvolti) si stanno un po' svegliando dal punto di vista "comunicazione"? Forse stanno imparando che è sempre bene avere nel cassetto almeno le foto in alta definizione delle singole bottiglie (fatte come Dio comanda, possibilmente) oltre a qualche immagine dell'impianto e del birraio o del titolare? Che se mai un giornalista qualsiasi chiedesse non si dovrebbe scatenare il panico o un bel che ci frega a noi? Se è davvero così, complimenti... Certo la strada è molto lunga per arrivare al livello di una microbirreria londinese che si può permettere un "social media manager", però anche i piccoli passi iniziali contano...
Guardando poi le foto che mi sono arrivate nella mail sono stato colpito dalle etichette. Molte le trovo davvero belle. Prendiamo Lambrate, ad esempio. Il loro restyling è uno dei migliori che mi sia capitato di vedere in giro ultimamente. Non ho mai fatto mistero poi, che quelle di Toccalmatto fossero, da subito, tra le mie preferite. Extraomnes, a dispetto di una certa semplicità stilistica, come dire, "bucano lo schermo". Nel senso che, viste una volta, te le ricordi... Per non dare l'idea che mi piacciano solo quelle "fumettose" ricordo anche la grafica pulita e semplice di Almond '22, quella un po' caotica e giovanile di Brewfist, quella anarcoide e graffitara di Bad Attitude, quella minimalista di 32 Via dei Birrai, quella ormai classicheggiante di Baladin e altre che adesso non mi vengono in mente...
E quello della Magut
Ci sono anche le etichette che mi piacciono meno e non solo per un gusto estetico mio (il quale è tranquillamente non condivisibile), ma perché mi danno l'idea di poca attenzione e immagine debole. Metto qui dentro, ad esempio, quelle di Birra del Borgo e quelle del BiDu (migliorate comunque rispetto a qualche anno fa). Cioè due birrifici che fanno birre eccezionali e da sempre.
Ripeto, qualora non si fosse capito, i gusti sono gusti. Ci mancherebbe. E le birre buone con etichetta brutta le bevo molto più contento delle birre brutte con etichetta "buona". Resterebbe però da stabilire quanto conti l'etichetta, soprattutto in termini di primo impatto su consumatori neofiti... Poco? Tanto? Niente?
E in generale, quanto conta, davvero, la comunicazione per un birrificio italiano oggi? Etichette a parte io vedo qualche segnale positivo in circolazione, ma vedo anche che i birrifici maggiormente in salute sono quelli che hanno investito maggiormente nella comunicazione (e per investito non intendo solo denaro, ma tempo e la propria persona...). Quindi, tornando a bomba, quanto conta la comunicazione? Quanto si è disposti ad investirci? A partire dalle etichette per finire a uffici stampa, social media, video, eventi, press kit e chi più ne ha più ne metta...

7 commenti:

Dr.Sengir ha detto...

sante parole...

Adriano ha detto...

Sono completamente d' accordo a metà col mister, come diceva il buon Garzya.
L' importanza del packaging è alta in mercato di concorrenza e competizione, ma il mondo della birra artigianale italiana lo è?
Mi spiego. Chi si alcolizza di mestiere sceglie una birra in base al contenuto o al contenitore? E la risposta la sappiamo.
Allora la bellezzza dell' etichetta e della bottiglia rimane a uso e consumo dell' ignorante di turno che per sbaglio entra in un beershop o in pub gestito da un publican e che allora si lascerà "plagiare" dall etichetta più fica, o peggio, come è la regola nei ragazzi 'gnurant, la birra più pesante, avendo come riferimento la Slalom, poi magari si ritrovano di fronte ad una Barley Wine o ad una Belgian Ale...
Quindi penso che sì, la cura dell' immagine del prodotto è importante, ma nelle birre artigianali, che comunque nonostante il buon momento che stanno vivendo, rimangono un settore di esperti o quantomeno amanti del settore, lascia un minimo il tempo che trova.

PS
Le etichette di BdB a me piacciono, ma apunto, sono gusti.

Maurizio ha detto...

@Adriano: grazie per essere completamente d'accordo con me a metà... :-) Mi rendo conto di aver posto delle domande, più che aver dato delle risposte... A questo punto rimando a domani (se riesco) la mia idea al riguardo....

Paolo Turco ha detto...

Per esperienza personale, ho notato che solo i birrifici che raggiungono un determinato livello di vendite o di presenza sul mercato, iniziano ad inserire all'interno dei budget, delle voci "importanti" riferite alla comunicazione. Del resto è anche comprensibile, anche se spesso avere una buona comunicazione (ovviamente unita ad un prodotto di buona/ottima qualità) può essere l'elemento che spinge verso l'affermazione della propria creatura.

Aggiungo inoltre che la comunicazione (intesa come etichette, formato e modello della bottiglia etc.) sono importanti anche per le persone con esperienza. Personalmente non entro in un beershop sapendo cosa prendere, se non raramente, ma bensì mi fermo davanti alle celle frigo o agli scaffali ed inizio a guardare per farmi rapire da qualcosa (e spesso la mia scelta ricade sulle birre più appetibili sotto il profilo meramente estetico). Ovvio che non acquisterei mai un prodotto scadente ma con una bella etichetta.

Concludo rispondendo ai piccoli quesiti a fine post :

Quindi, tornando a bomba, quanto conta la comunicazione?

Conta veramente molto, ma una buona comunicazione si può fare solo con un buon prodotto.

Quanto si è disposti ad investirci?
Il percepito dalle "aziende" del settore birra è di poca/modesta utilità. Spesso perchè chi fa la birra non è un uomo di comunicazione e quindi c'è la strana sensazione che sia una cosa superficiale o quasi.

A partire dalle etichette per finire a uffici stampa, social media, video, eventi, press kit e chi più ne ha più ne metta...

Non è una domanda però questa è una direzione che prenderà piede fra qualche anno. Alcuni cresceranno e per poter far fronte alle situazioni del quotidiano, dovranno ristrutturare i propri birrifici sullo stile classico delle aziende.
Ognuno avrà il suo ruolo...

Comunque bell'articolo, buoni spunti di riflessione.

massimo cardellini ha detto...

Qui tocchi un punto a mio favore...
Purtroppo non c'è ancora la cultura.
Sembra che quando un'agenzia propone una campagna sui social per non dire di un'Ufficio Stampa altrimenti andiamo fuori...sembra proporre una cosa mai vista...
E invece no !!!
La comunicazione oggi conta tanto e proprio tanto !!! Una buona comunicazione è il 50% del lavoro ( se fatto bene).
I social se usati con discrezione e nel modo giusto sono la metà del lavoro !!!
Condivido che i birrifici maggiormente in salute sono quelli che hanno investito sulla comunicazione e questo è la dimostrazione di quanto ho cercato di spiegare nelle righe precedenti.
Credo che la cultura è ancora bassa per sapere quanto uno debba investire.
A volte è importante ascoltare chi ne sa di più.
Chi più spende meno spende.
L'importanza del packaging è importantissima in tutti i prodotti in questo caso anche nella Birra.
Il cliente non deve saper scegliere certo dall'etichetta o dalla bottiglia ma le stesse sono elementi fondamentali per avere un indirizzo nella scelta del prodotto.
Certo è che bisogna saper individuare il target.
Io sono dell'idea che in pochi investono nell'immagine, si contano nelle dita di una mano.
Io ne ho due come esempio in Apecchio (Collesi - Amarcord) che hanno capito come si lavora e questo ha dato loro la possibilità di essere inseriti in un certo tipo di mercato.
Non bisogna solo puntare alla quantità ma alla qualità e anche il packaging ne è parte.

Alessandro76 ha detto...

Ciao Maurizio, se hai ancora bisogno di informazioni ti invito a visitare il sito www.ivanborsato.it del microbirrificio CASA VECCIA di Treviso, birrificio emergente che oltre all'eccellente qualità della birra cura molto l'aspetto relativo alla comunicazione come potrai vedere dal sito o dal contatto Facebook "ivan borsato birraio". Per qualsiasi info puoi contattarmi alla mail roma@ivanborsato.it

Ciao Alessandro

redbaz ha detto...

Io la vedo proprio come Adriano,il grosso della birra artigianale almeno nei beershop è in mano a conoscitori,gente che sa già cosa prendere e di certo non si fà abbindolare dall'etichetta cool.Certo che un bel colpo d'occhio non guasta mai,sia come presentazione sia come fonte di scelta per i meno esperti.Sicuramente una brutta label non fà la sua bella figura in nessun caso.