L'interno del Blind Tiger |
Due giorni a New York sono davvero pochissimi, però perché buttarli via. Indi per cui siamo sbarcati nella Grande Mela principalmente per fare i turisti, poi per sopravvivere a un caldo record che non ci saremmo mai aspettati (37 gradi trasformano Manhattan in un deserto rovente che nemmeno l'ombra di Central Park riesce a mitigare) e infine per berci qualche birra che in Italia non ci è mai capitato di trovare. Prima tappa dunque in un pub di cui avevo sentito parlare ma che, l'ultima volta a NYC avevo tralasciato per privilegiare il più noto Gingerman. Trattasi del Blind Tiger di Bleecker Street, nel Village ovvero il quartiere diventato famoso negli anni Sessanta per gli artisti (pochi) che sarebbero diventati famosi e gli artisti (la maggior parte) che sarebbero rimasti tale almeno nelle loro speranze. Il Village è comunque un posto strano, diverso dalla Manhattan verticale dei grandi palazzi e delle megavetrine. A me è sempre piaciuto. Qui trovi tutte le cucine etniche del mondo (noi abbiamo cenato all'Hummus Place) e si respira un'atmosfera da media città di provincia. Il Blind Tiger è una specie di antro oscuro )come dimostra anche la foto fatta senza flash per non rompere...), molto raccolto e credo frequentato solo da gente che, prima di entrare, sa già di non essere in cerca di una semplice Bud Light. La nostra serata, ad esempio, è stata ravvivata da una Blast Double (o Imperial) Ipa di Brooklyn Brewery dal profumo fantastico di luppoli freschi e da una scorrevolezza in gola tremenda. Da berne a litri, tanto poi si chiama un taxi o si prende la metro. Tuttavia, visto che la lista "on tap" era assai interessante, e abbiamo volutamente tralasciato i vari vintage inglesi e belgi, io mi sono lanciato su Stone Brewing e sulla loro Sublimely Self-Righthouse Double Ipa. L'ho scelta anche per il nome da menu di alta classe (tipo "raviolini tirati a mano farciti di carne d'oca allevata in cortile sotto il sole e conditi con timo della Lunigiana, radici di zenzero della Manciuria liberata e bla bla bla...), ma dopo il primo sorso l'ho trovata pazzescamente buona, una formidabile Black Ipa che non si lascia capire immediatamente e che, forse proprio per questo, è da amore vero.
Interno dell'Heartland Brewery a due passi dal Pier 17 |
Ergo, credo sia chiaro che raccomando vivamente un passaggio dal Blind Tiger se si va a New York. Tuttavia raccomando con (quasi) la stessa convinzione anche la Heartland Brewery di cui ho già avuto modo di parlare. Ho deciso di tornarci anche questa volta perché da un lato ero consapevole di aver lasciato le cose incompiute, dall'altro perché i nachos presenti tra gli "starter" del menu erano quanto di meglio ci potesse essere per dare una giustificazione alle troppe birre ordinate. Comunque questa volta ho tagliato corto e benché detesti cordialmente i bicchierini sampler da due sorsi (già trovo un po' irritante la mezza pinta) ho chiesto il "full sampler" ovvero sette birre in formato mignon, tutte le regolari più una stagionale. L'elenco completo lo trovate qui, ma ho trovato molto interessante per i suoi chiari profumi agrumati d'arancia la Indian River Light, molto buona anche la Farmer Jon's Oatmeal stout, caffettosissima che sembrerebbe quasi fatta in collaborazione con Starbucks, forse la migliore del gruppo, insieme alla stagionale Belgian Ipa, molto pulita e caratterizzata. Discrete comunque la Indiana Pale Ale Ipa, ma inferiore alla Belgian, la Red Rooster Ale e la Harvest Wheat Beer. Da dimenticare invece la Cornhusker Lager. Insomma, qualche alto, alcuni medi, qualche basso, ma una sosta, magari a pranzo o verso metà pomeriggio, in una Heartland Brewery di New York non è tempo buttato via. Come, del resto, non è mai tempo buttato via fare un salto sotto l'ombra dell'Empire State Building...
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