29 gennaio 2008

Aspettando Pianeta Birra


Manca meno di un mese, ma Rimini si sta già stagliando all'orizzonte. Pianeta Birra è quasi alle porte. La mia prima impressione, detta come va detta, è che più che un pianeta, quello che sta per bussare alle porte sia semplicemente un satellite. Dimensioni più contenute, vistose assenze, tutto reso poco visibile dalla manciata di coriandoli in faccia rappresentata dagli eventi collaterali, dai "fuorilafiera" e chi più ne ha più ne metta. Ma leggendo l'elenco attuale degli espositori non rieesco a leggere nomi come Heineken, Peroni, Guinness, Warsteiner, Inbev ovvero, fatemi fare due conti così al volo, il 60% del mercato italiano. Il mercato della birra è assai più concentrato di quello del vino ma è come se a Vinitaly non si presentassero, di botto, Antinori, Frescobaldi, Zonin, il Gruppo italiano vini e via di questo passo. Non è un discorso di qualità o di quantità, solo di rappresentatività. Ma staremo a vedere, mi consolo con le presenze annunciate e con il programma di Unionbirrai che si preannuncia scoppiettante come al solito. Per chi fosse interessato segnalo "Agli albori della birra artigianale in Italia", sabato ore 11 padiglione C3, una bella occasione per darsi una rinfrescata sulle artigianali che hanno fatto la storia, e continuano a farla tuttora. Nel pomeriggio dello stesso giorno, ore 16 medesimo padiglione, "Birre di vino", inconsueto vernissage per birre che hanno a che fare con il vino. Ci saremo io, Kuaska e soprattutto l'enologo Pietro Boffa, della valdostana Les Cretes. Lunedì 25, ore 11.30, segnatevi "L'eclettismo delle birre in cucina" sempre con Lorenzo e Salvatore Garofalo, brillante chef della Ratera di Milano. Infine, ma è su invito, "Valorizzare il prodotto artigianale", sempre lunedì ma alle15.30, con Teo Musso e Agostino Arioli. Varrebbe la pena ascoltarli. Che dire di più? Le conclusioni le tireremo dopo essere ripartiti dal Pianeta che, visto da qui, sembra raggrinzirsi di anno in anno ma che, almeno per ora, rimane un appuntamento indispensabile.

18 gennaio 2008

Todos periodistas


In Morte nel pomeriggio Hemingway riportò una frase comune che gli appassionati di corrida usavano per definire i toreri brocchi ovvero quelli che, al momento della stoccata finale, invece di infilzare il toro nel punto giusto lo "spadavano" un po' dappertutto. "Todo toro", ironizzavano gli appassionati alla tauromachia, ossia tutto l'animale è toro. Inutile dire che la battuta non era un complimento. Così non vuole essere la mia "todos periodistas" ovvero "tutti giornalisti" nel duplice senso che lo siamo tutti e che chiunque lo può diventare. L'immagine è avvilente ma, mentre cerco di buttare giù delle riflessioni per un amico che insieme ad altri ha un bel progetto in mente, è l'unica che mi martella in testa. Il che mi fa correre il rischio che più di una riflessione le mie parole possano assomigliare a un travaso di bile. Mi sembra allora più opportuno lasciarle qui sul blog, a ondeggiare come panni stesi. Perché il problema è sempre lo stesso: la professionalità intesa non solo come conoscenza dell'argomento, ma anche come tecnica (o mestiere chiamatelo come volete) ed economia (nel senso di fonte di reddito). Invece qui mi sembra che funzioni questo sistema: hai bevuto mille birre nella tua vita? Scrivi un articolo sulle birre. Hai partecipato a dieci edizioni di Cantine Aperte? Bene, sei il titolare della rubrica "Enoturismo". Hai fatto i tre corsi Ais? Ok, sei il mio wine columnist. E via di questo passo. Sai scrivere? O beh, chi non sa scrivere oggi in Italia? A parte la sparuta percentuale di analfabeti, tutti scriviamo e leggiamo, ergo siamo tutti giornalisti e scrittori. Il problema è solo trovare l'editore che ci pubblichi. E di editori di questo tipo se ne trovano a ogni angolo.

E allora, direte voi? E allora provate a pensare se il mio amico barista che vende il caffè a 1 euro a tazzina si trovasse a fianco uno che il caffè lo vende gratis solo perché ha un altro mestiere e il barista, lui, lo fa per hobby? La prenderebbe bene?

Poi ci sono quelli, e magari fanno pure parte della categoria "todos periodistas", che fanno le pulci ai giornalisti veri per la loro sudditanza alle aziende, per il fatto che sono uffici stampa e critici allo stesso tempo... Tutto giusto, naturalmente. Ma quando l'ambiente è così inquinato devi trovare un modo per tenere la testa fuori "dall'acqua". Anche perché gli editori sanno che un "todo periodista" costa meno, lo sostituisci più facilmente, tanto lo fa per diletto o per vanagloria, e per uno che smette ne trovi altri dieci pronti a sostituirlo. Che sia l'editore, il mestiere del futuro?

10 gennaio 2008

Una draga a Praga


Bere come una draga, dalle mie parti, significa bere senza limiti. A parte ovviamente il limite del suolo quando si crolla. Il fisico e un minimo di senso di responsabilità mi impedisce di praticare questo tipo di attività, ma una delle definizioni che ho amato di più sulla birra l'ha scritta James Herriot, scrittore veterinario dello Yorkshire, che parlando di real ale riferisce che "bere significa massiccia ingestione di birra. Whisky, gin, cocktail, tutto il resto non è che vanità". Bellissimo, secondo me. Ma a Praga ho rischiato più volte il punto di non ritorno. In un blitz organizzato con Pilsner Urquell a ottobre, noi giornalisti eravamo trascinati come agnelli sacrificali da un punto all'altro dell'azienda perennemente con un boccale in mano. Conferenza stampa un boccale, attesa prima del giro guidato un boccale, sosta per visione documentario storico un boccale, pranzo con il mastro birraio "enne" boccali. Pensavo fosse un'esagerata manifestazione di ospitalità ceca. Ma mi sono ricreduto quando sono tornato, con Valentina e amici, a dicembre. Da U Fleku non facevi in tempo a sederti che ecco arrivare il boccale, alla Tigre d'oro (molto raccomandata per l'atmosfera) l'omino ci stava sulla testa come un condor, in tutti gli altri posti era un alternarsi di boccali e di barrette segnate con la penna più o meno come facevano i piloti della seconda guerra mondiale sulla carlinga dei loro aerei. Una X un aereo nemico abbattuto. Noi una barretta, una pils abbattuta. Leggermente angosciante ma, a parte questo, ho nostalgia di quelle bevute in libertà, senza cazzeggio degustativorganolettico, senza dover per forza cogliere aromi, sensazioni, ricordi... Solo birra, fortissimamente birra, niente altro che birra. Ogni tanto ci vuole...

6 gennaio 2008

Qui si mangia l'Emetriciena


Quando l'ho vista non ci volevo credere, ma l'insegna è autentica e questa foto ho proprio dovuto farla. Una bella trattoria "Trestevere" nel cuore di Montreal, apoteosi della cucina italiana formato esportazione o "nostalgia canaglia" che mi ha fatto sorridere e pensare a quell'iniziativa ministeriale di dare una sorta di patente ai ristoranti italiani all'estero. L'iniziativa a questo punto potrebbe essere anche meritevole, anche se ritengo che il ministero per l'Agricoltura abbia magari altri problemi di cui preoccuparsi. Nell'attesa degli eventi io però ho deciso di attribuire alla trattoria Trestevere di Montreal il premio "Lino Banfi".
Chissà, magari poi la cucina è fantastica. Io solitamente mi tengo alla larga dai ristoranti italiani all'estero e non per snobismo, ma semplicemente per mancanza di tempo dovendo dare la preferenza alla cucina del posto che amo assaggiare. Tuttavia, il ricordo di qualche trattoria italiota dove a volte venivo trascinato da amici inglesi ad azzannare besciamellose crespelle ai funghi con contorno di tavola quadrettata rossa e bianca e stornello live del proprietario, mi mette ancora a disagio. Un po' come la trattoria Trestevere.

3 gennaio 2008

Money, so they say...


...is the root of all evil today. Così cantavano i Pink Floyd (inchino virtuale) anni fa. E di soldi voglio parlare oggi. Così, tanto per iniziare in letizia l'anno nuovo (a proposito auguri a tutti!). O meglio, più che di soldi voglio parlare di tasse, che pur sempre soldi sono, anche se dell'argomento ne mastico assai poco e se non fosse per il mio commercialista, sarei probabilmente già ospite delle panchine comunali milanesi. Il pensiero si è affacciato nella mia mente quando scarrozzavo tra la Lombardia e il Piemonte i miei colleghi inglesi che, tra una birra e l'altra, ponevano domande a rotta di collo e alla stessa velocità prendevano appunti (è bellissimo guardare i giornalisti che lavorano...). Una di queste, rivolta se non sbaglio ad Agostino Arioli, verteva proprio su quali e quante tasse pagano i microbirrifici di casa nostra al beneamato Stato italiano e la risposta era, più o meno, le stesse che pagano i grandi birrai come Peroni o Heineken. Certo, in misura della quantità prodotta, ma il sistema era sempre lo stesso.
Ora, io lo so che viviamo in Italia, che siamo un Paese di bamboccioni decadenti (sintesi personale delle parole usate da Padoa-Schioppa e il Times), che ogni volta che rientriamo dall'estero ci piglia un magone, che già in aeroporto ti tocca aspettare che arrivino, con la dovuta calma, i poliziotti per farti varcare la "frontiera" e il controllo documenti (scena vissuta il 23/12 al rientro da Praga), che insomma il nostro sistema dia ogni giorno ragione a Indro Montanelli che una volta ha azzeccato la soluzione a tutti i nostri problemi con una battuta raggelante quanto geniale: "Dichiariamo guerra alla Svizzera e arrendiamoci subito dopo!". Ecco, io tutto questo lo so. Ma che i piccoli imprenditori, tra i quali considero anche i birrai artigianali, siano vessati in questo modo mi pare non solo incomprensibile, ma soprattutto sciocco. E' come se si volesse allenare un maratoneta, poi il giorno della gara gli inchiodiamo i piedi al suolo e saliamo in tribuna per urlargli di correre... Il poveretto ci prova pure, ma aspettiamoci di sentirci mandare aff...
Ecco, vabbé che la nostra legislazione, tanto prolifica quanto distratta se per anni le birre di frumento bavaresi non erano nemmeno considerate birre legali, non brilla per dinamismo neuronale, ma provare a fare sentire un po' di "spinta" non si potrebbe? Qualcuno forse ci aveva provato (il solito Teo credo...), ma se si coordinassero gli sforzi, rispettando i ruoli di ognuno, che succederebbe? Vero, viviamo in Italia, quindi probabilmente non succederebbe nulla, ma volevo partire con un messaggio di inizio anno che fosse concreto. Altrimenti non sarei nella mia stanzetta milanese a pigiare i tasti del pc, ma molto più comodo in una poltrona al Quirinale...