30 gennaio 2012

La prima volta non si scorda mai

Le Birre della Merla
Io e Valentina decidiamo il blitz alle Birre della Merla venerdì. D'accordo, avremmo dovuto fare ritorno a Milano in serata, per una cena con degli amici, ma dopo aver considerato le distanze eravamo fiduciosi di poter passare qualche ora a una manifestazione di cui avevamo sentito parlare in termini entusiastici. Il freddo non ci spaventa anche perché, non essendo obbligati a restare alle spine (che stanno al freddo e al gelo) tutto il giorno, potevamo evitare una vestizione "multistrato" e optare per un classico abbigliamento invernale. L'idea poi di vedere i birrai addobbati come dei boscaioli dell'Ontario aveva un suo perché. Ergo, scaldiamo i motori e, sabato poco dopo le due del pomeriggio, varchiamo il portone della Locanda del Grue.
Molte facce note, a partire da un Kuaska in ottima forma (alla faccia degli anni) e poi Riccardo Franzosi, birraio ospite di Montegioco, Beppe Vento del Bi-Du, Cesare Gualdoni dell'Orso Verde, Dano del Troll, Schigi di Extraomnes. Vengo edotto immediatamente del concorso per homebrewer che si sono cimentati nel "Miele della Merla", imparo la differenza tra un "mead", un "braggott" e un "metheglin", e ne agguanto uno (etichetta numero 13). Lo trovo fantastico e penso non solo per l'effetto novità, ma non so come si è piazzato al concorso e quindi me ne sto zitto... Tuttavia mi riprometto di approfondire l'argomento e spero davvero di averne l'occasione...
Trovo anche delle grandi birre: dalla Ley Line di Beppe alla Rebelde "randalizzata" di Cesare, la Straff mi convince che tutta la linea di Extraomnes è di valore, anche quando finisce a sfumare un risotto leggermente "mattonato" come consistenza, ma di equilibrata armonia come gusto. La Confine tagliata con grappa di Chianti mi segnala qualche scricchiolio nella mia tenuta. Ha dei profumi da centerbe, da amaro fatto da monaci sconsacrati in qualche cripta, ma è un giochino penso tipico "da Merla" e le chiacchiere con Beppe, che ogni volta mi regala perle di saggezza imprevedibili, e con Cesare valgono qualsiasi psicotica sperimentazione. Il tempo stringe e la neve cade copiosa. Da inguaribile ottimista non mi preoccupo. E lascio il tempo scorrere in una fitta quanto utile conversazione con Stefano Ricci, che mi regala parecchi spunti di riflessione sul futuro (devo ancora metabolizzare tutto, ma sento alcuni semi germogliare...), poi con Anna Managò e Alessio Leone (gli Ike e Tina Turner della birra artigianale italiana, senza botte e separazione però).
E... il "merlo" delle birre...
La parte razionale e lungimirante di me (mia moglie) mi fa capire che le cose potrebbero mettersi male. La neve attacca come colla e, quando saliamo in auto, mi rendo conto che essere realisti, quasi sempre, significa essere intelligenti.
Ok, impostiamo il navigatore direzione Milano e il nostro, da brava intelligenza artificiale, ci disegna la via più breve per agguantare l'autostrada. Più breve, mica la migliore. Il viottolo di campagna sfuma tra la nevicata sempre più vorticosa e i campi che mi ricordano l'Adriatico di notte attraversato in traghetto da Brindisi a Patrasso. In una parola: minacciosi. Scelgo la velocità di crociera: 40 kilometri orari e mi sembra di stare fermo. Ma dopo l'ennesima curva secca a destra scopro che non lo sono. Tento la correzione con il volante. L'auto mi ignora. Tento il tocco delicato sul freno: l'auto sa di aver avuto un precedente proprietario e, evidentemente, di me ancora non si fida. Niente. Si va dritti verso il fosso del nostro tormento... Abbiamo il tempo di pensare che sono un imbecille. Io lo penso, credo lo pensi anche Valentina e sono abbastanza sicuro che lo stia pensando anche la Chicca, il nostro cane che stamane mi ha chiesto con lo sguardo di poter tornare da mia madre.
L'auto si adagia con un colpo secco sul mio lato, inclinata come la Costa Concordia... Ho appena inventato il "parcheggio alla Schettino", olé... Arriva di corsa un signore che aiuta la Vale ad uscire. Ci informa che anche lui è uscito di strada cento metri più avanti. "Mal comune mezzo gaudio", me lo tengo per me, anche perché il tizio ha appena chiamato il carro attrezzi. Riesco a twittare l'accaduto (ma si può?!?), raccogliere la solidarietà di Alessio Leone e farmi rimettere sulla carreggiata. Incredibilmente nessun danno, a parte qualche ammaccatura per la Vale, mia e dell'auto, ma possiamo riprendere il viaggio (dopo aver spento il navigatore come punizione). Andremo a passo d'uomo fino al primo autogrill, Milano ci accoglie semplicemente bagnata per la pioggia e ce ne andiamo a cena dagli amici con un ritardo di due ore. Le birre di Extraomnes che mi ha gentilmente regalato Schigi (a proposito, grazie ancora) sono integre, segno evidente che la qualità, per essere vera, deve anche essere durevole.
Questa è stata la mia prima Merla. Dubito fortemente di scordarmela. Dubito anche di non iscrivermi a un corso di guida su ghiaccio oppure di non insegnare al mio cane come si tira la slitta....

26 gennaio 2012

Unionbirrai new frontier...

Selezione Birra beverage & Co.
Mi ci devo abituare, lo so, ma sono un po' conservatore nell'anima e faccio fatica a non chiamare Pianeta Birra quello che oggi va invece menzionato come Sapore - Tasting Experience, ovvero l'appuntamento riminese che prevede, al suo interno, Selezione Birra Beverage & Co, "ovverodue" la rassegna dedicata alle birre artigianali italiane e a Interbrau. C'è solo un filo di ironia, ma credo non abbia più senso continuare nella polemica sul passato della fiera di Rimini e sul suo futuro (abbastanza misterioso secondo me). Prendo atto della cosa e, da bravo soldatino, mi adeguo. Anche perché, in effetti, la presenza di moltissimi birrifici e del più grosso importatore italiano di birre speciali giustifica ampiamente la discesa in terra romagnola (almeno per una giornata). Discesa che, anche questa volta, anticiperò di qualche giorno per partecipare alla giuria di Birra dell'Anno, il concorso per birre artigianali voluto da Unionbirrai. La giuria è stata resa nota e a me appare più che convincente. La pattuglia straniera è di tutto rispetto e su di loro credo ci sia poco da discutere. Al di là di chi vince e di chi perde, che resta senza dubbio il "pepe" sul quale partiranno molte discussioni a seguire, il concorso è un'ottima occasione per tentare di comprendere lo stato dell'arte della birra artigianale italiana. Personalmente, durante l'anno, mi ritrovo a bere delle etichette che considero dei classici. Sarà pigrizia, sarà istinto ad andare sul sicuro, sarà che esco poco la sera, ma normalmente assaggio in dosi minute le novità e ordino pinte o boccali delle birre che amo. In fin dei conti, esco per bere mica per dare giudizi e scrivere impressioni.
Il noto logo di UB
Quindi ben venga, da parte mia, Birra dell'Anno e ben venga l'ultima operazione firmata Unionbirrai, ovvero (e tre...) l'apertura a nuove categorie di soci professionali non produttori. Sono d'accordo che il fenomeno birra artigianale abbia anche una dimensione culturale e di conseguenza non posso essere contrario all'ingresso di nuovi operatori professionali (publican, consulenti e produttori di impianti). Ho qualche perplessità invece alla voce distributori che considero più degli interlocutori, così come i consumatori, più che dei partner. Questo perché ritengo il distributore, come ruolo, una figura dominante sul mercato dei piccoli produttori (una volta era dominante anche per i grandi che, guarda caso, hanno cominciato a comprarseli) e in grado quindi di esercitare delle pressioni indebite all'interno di un'associazione come UB. Allo stesso tempo, i distributori sono un anello fondamentale per la filiera e senza di loro non si va lontano. Ma, ripeto, portarseli in casa non mi sembra, così a istinto, la scelta migliore. Insomma, rafforzare il rapporto con tutti, prediligendo gli indipendenti, ma restare sui due lati del tavolo.
Il grande limite di Unionbirrai, credo di averlo già scritto ma lo ripeto, è costituito dall'esiguità delle risorse. Economiche e umane (ovviamente con il massimo rispetto e plauso a chi si adopera per l'associazione). Se in via Celoria non si decide che A) bisogna aprire maggiormente il portafoglio B) si deve pretendere un maggiore sforzo individuale da parte dei singoli aderenti, molti bei sogni rimarranno tali. Scrivo queste cose non certo perché mi auguro il naufragio di un'esperienza storica e decisiva per la crescita del fenomeno artigianale, anzi. Tuttavia lo scenario nazionale è radicalmente cambiato dai bei tempi antichi e se è vero, come è vero, che molti birrifici sono cresciuti nel frattempo, altrettanto dovrebbe crescere (o dovrebbero far crescere) l'associazione di riferimento.... Perché, per l'affermazione definitiva della birra artigianale italiana sul mercato nazionale il momento decisivo non è stato il 1996 o il 2001... No, il momento decisivo è adesso...

24 gennaio 2012

Questione di etichetta - Approfondimento

La Re Hop di Toccalmatto
"Battere il ferro finché è caldo". Vale spesso nella vita, vale sempre in ambito giornalistico. Quando un argomento tira è praticamente scontato tornarci sopra. In verità ci si dovrebbe tornare subito e non con dei giorni di ritardo, ma tant'è... Allora, iniziamo con il dire che nel post precedente (mi riferisco a questo) avevo posto delle domande più che dare delle risposte. Mi sembra evidente che ci fosse un po' di retorica nelle domande perché credo sia chiaro, per averlo sostenuto molte volte e per il mio ruolo, che sono il primo a credere nel valore della comunicazione genericamente intesa.
Tra le risposte arrivate mi trovo concorde con quanto scritto da Paolo Turco (fratello di Andrea), soprattutto  mi ritrovo anche io a scegliere delle birre dall'aspetto esteriore. Certo, prima arriva la conoscenza della birra, poi la fiducia nel produttore e ancora, i giudizi degli esperti che leggo in rete o il suggerimento di qualcuno di cui mi fido. Tuttavia è sotto gli occhi di tutti la moltiplicazione vertiginosa di marchi stranieri fino a qualche anno fa totalmente sconosciuti in Italia e la moltiplicazione di etichette italiane (sarebbe al riguardo interessante calcolare la media per birrificio e capire se c'è una ragione o se è solo per il piacere di sfornare novità). Dal mio punto di vista, se qualche anno fa non avevo problemi a individuare birrifici e birre da segnalare sulla stampa, oggi è un bel potpourri con il quale stare al passo non è sempre facile. Sgombriamo subito eventuali incomprensioni: io sono felicissimo della moltiplicazione che si traduce in scelta, concorrenza e, perché no, chance di lavoro per chi fa il mio mestiere. Ma la moltiplicazione comporta di conseguenza una maggiore "lotta" per mettersi in luce sul mercato.
Siamo proprio sicuri che la qualità basti? Io mi guardo in giro e vedo che la maggior parte dei prodotti di qualità ha anche una bella immagine e non credo sia un caso. Immagine significa una bella confezione, una grafica azzeccata, ma immagine significa anche trovare un modo per far parlare di sé e per colpire il pubblico "non consapevole". Ovvero quel pubblico, che è la maggioranza, che entra in un beershop (ma consideriamo anche le enoteche e i negozi "gourmet") per curiosità e, certo magari si fa consigliare dal titolare, ma magari pesca la bottiglia che più l'acchiappa... Se capita a Paolo Turco e a me, capiterà pure a qualcun altro... O no? In questo senso quindi sposo anche la causa di Massimo Cardellini, in prima linea nella promozione di Apecchio Città della Birra, che sottolinea con forza il potere dell'immagine e della comunicazione.
Un'etichetta che si ricorda...
Investire in questa direzione significa avere la volontà, e i nervi saldi, di decidere quante risorse destinare al parametro "immagine e comunicazione" e lavorarci sopra. E, per essere del tutto chiari, all'inizio non servono dei grandi capitali. Parlerò per esperienza personale. Gli articoli che mi vengono commissionati sono quasi tutti ordinati all'ultimo minuto utile. Il lavoro ultimamente va così, lo dico per chi ancora fosse ottimista sul mestiere del giornalista-comunicatore, e l'argomento probabilmente lo riprenderò a breve. Ma questo è quanto. Se la commissione arriva io tendo a prenderla al volo (i freelance sono pagati a cottimo) e altrettanto al volo faccio richiesta di immagini in alta definizione. Spesso, non sempre, ma spesso, la mia richiesta cade nel vuoto oppure arrivano foto che sembrano fatte in cortile dalla nonna che soffre di un maledetto tremolio alla mano. E quindi? E quindi niente foto, niente pezzo o salti mortali tripli per portarlo a casa. E' brutale, è concreto, ma è così. Cosa costa organizzarsi per avere un pacchetto di foto decenti (non serve Helmut Newton) di bottiglie, impianto e birraio pronte da inviare al malcapitato giornalista di turno che le richiede?
Con questo siamo davvero all'ABC della comunicazione d'azienda, eppure un numero notevole di birrifici non considera proprio questa elementare accortezza. Quindi non è solo una questione di mera etichetta (ripeto, quella che non piace a me può piacere ad altri e discutendo di questo non andiamo da nessuna parte), è una questione più ampia di essere sul mercato con raziocinio. Almeno basico. Soprattutto considerando due elementi incontrovertibili: la birra artigianale "tira" e nella birra artigianale la competizione si sta infiammando. C'è quindi ancora del tempo per darsi da fare, ma non credo sia un tempo illimitato. Non lo è mai del resto...

23 gennaio 2012

Le mie birre "cult" su Style.it...

Style.it - Una homepage
Style.it è il website del gruppo Condé Nast ovvero il gigante editoriale che pubblica un nutrito numero di riviste come GQ, Glamour, Vanity Fair, Wired, Vogue e altre. Per questo motivo, e pur continuando a preferire la carta stampata alla scrittura digitale, non ho potuto dire di no alla loro richiesta di compilare, in tempi davvero rapidi, una mia cult-list di birre da non perdere. La potete sfogliare qui. Le birre sono diciassette (sono scaramantico) e risentono anche delle mie passioni del momento. Tuttavia, considerato che ho sempre sostenuto la discutibilità delle guide di settore così come delle liste e delle classifiche, al mio posto... che birre avreste inserito? Sono convinto che le birre cult (su scala planetaria) siano centinaia, quindi (semmai ci fosse una seconda chance birraria su un sito che conta oltre 74mila "mi piace" su Facebook e centinaia di migliaia di "visite" al mese), se avete voglia e tempo, fatevi sentire!

21 gennaio 2012

Quella birra di Bersani...

La foto "notizia": Bersani all'Open Baladin di Roma
Stavo buttando giù alcune righe per la seconda parte del mio post "Questione di etichetta", anche in virtù dei commenti che sono arrivati, quando ecco la notizia di Pierluigi Bersani, segretario del PD, che sorseggia una birra all'Open Baladin di Roma mentre, presumibilmente, lavora alla sua relazione per l'imminente assemblea nazionale del partito. La notizia rimbalza sui maggiori siti, il Corriere della Sera e Repubblica, e scatena la discussione non tanto tra gli appassionati di birra (beh, da qualche parte anche quello...) ma tra "cittadini" che si dividono tra chi plaude a un politico preso a fare una cosa normalissima (lavorare e farsi una birra nello stesso tempo) e chi ironizza sulla solitudine del leader e amenità del genere... Io mi iscrivo di getto nella prima categoria e mica perché voto per il PD (onestamente in Italia trovo attualmente difficile votare per chiunque), ma perché l'immagine trasmette simpatia, condivisibilità dell'esperienza, normalità. Esatto, normalità. Che in un Paese come il nostro è cosa quasi rara, considerato che abbiamo uno dei ceti politici più sconclusionati, circensi, pressapochisti e incompetenti del globo (speravo di non trasformare il post in un sermone politico, ma dubito di farcela). Quindi Bersani in birreria è una foto rasserenante. E, soprattutto, Bersani da solo in birreria. Ovvio, dubito che gli appunti non siano stati visti, integrati, lavorati da una squadra di collaboratori, ma dubito anche che Bersani abbia deciso di farsi fotografare apposta per lanciare un messaggio di "normalità" al Paese.
Havel e Clinton allo U Zlatého Tygra
Resta poi il fatto che, stranamente, la birra sembra essere un trait d'union tra vari leader democratici. Andrea Turco mi ha ricordato via Twitter la famosa foto esposta a Praga all'interno del famoso U Zlatého Tygra. Quella che ritrae il democratico Bill Clinton insieme a Vaclav Havel e, appunto, una birra. L'attuale presidente Usa, Obama, non ha mai fatto mistero del piacere provato a sorseggiare una birra e basta una rapida ricerchina in rete per trovare decine di foto che lo ritraggono con la pinta o il boccale in mano...
Stout o porter per Cameron?
Allora, chi beve birra vota PD e democratici negli Stati Uniti? Per niente, ecco sempre Santa Rete rivelare come anche il primo ministro britannico David Cameron, leader conservatore, non disdegni affatto la nobile bevanda... Per non parlare di Carlo d'Inghilterra che, qualche Salone del Gusto fa, si mise personalmente a spillare dietro il bancone dell'allora Real Ale Society. D'accordo, sono inglesi direte voi.... Nessun inglese con responsabilità pubbliche oserebbe dire che non ama la birra. Ma appare chiaro che la birra si candida a una vera e propria trasversalità: geografica, generazionale e adesso anche politica.
Non ne siete ancora del tutto convinti? Perché allora non andare a vedere cosa succede in Russia, dove tutti dovrebbero brindare a vodka, per rispetto alla tradizione o, almeno, per rispetto ai luoghi comuni imposti da enne film di James Bond...
Un brindisi per Putin
E invece, fresca fresca, ecco apparire in rete un simpatico Vladimir Putin, sorridente e con tanto di boccale sollevato. Sono anche sicuro che in Russia nessuno si sarebbe messo a discutere sulla liceità del suo gesto, sul senso di solitudine del leader o su qualsiasi altra cosa come si è fatto per Bersani in Italia. E' vero che da noi quasi tutti i giornalisti hanno una bruciante passione per gli argomenti "cazzata" e tendono invece a lasciarsi sfuggire, diciamo così, quelli seri e concreti, ma che lo "zar" capace di farsi rieleggere a oltranza possa apprezzare la birra ci fa pensare che, almeno, al prossimo incontro con Obama sapranno entrambi cosa bere...
Il tono del post è volutamente leggero, a tratti pure un po' gossipparo, più che altro perché mi ha semplicemente meravigliato tutto questo battage mediatico su un tizio che si beve una birra al pub. Però, tiriamo le conclusioni: bevono birra Bersani, Obama, Clinton, Havel, Cameron e Putin.... La domanda è: cosa devi bere per diventare un leader politico? Birra? Sembrerebbe proprio di sì e semplicemente perché la birra ha un'immagine popolare e se un leader la beve significa che vuole lanciare un messaggio di vicinanza al suo popolo. Che il messaggio sia sincero o meno, questo non lo so. Ma certo farsi beccare a tracannare Champagne non ti fa passare per un vero "democratico" e roteare cubetti di ghiaccio in un single malt potrebbe apparire pericoloso... Il vino rosso può essere troppo trash o troppo radical chic, dipende dall'etichetta.... No, la birra è la scelta giusta....
Adesso però spiegatemi la foto qui sotto.... :-)
Berlusconi brinda ad acqua!

16 gennaio 2012

Questione di etichetta...

Il new look della Brighella
Per un lavoro che sto cercando di chiudere al volo ho dovuto in questi giorni fare richiesta di alcune bottiglie di birra. Purtroppo mi bastavano solo le fotografie (anche per la solita questione di tempi di consegna al cardiopalma...), ma vorrei dire grazie pubblicamente alle persone che ho contattato per le loro rapide risposte. In altre occasioni, a dire il vero, i tempi di riscontro erano stati quasi biblici, a parte i soliti noti. Sign o' the times, come direbbe Prince? Forse sì. Io sono sempre lo stesso, non ho dato nessuna indicazione in merito a dove sarà pubblicato il pezzo e non ho nemmeno sottolineato nella mail un'urgenza da fine del mondo.... Chissà: forse i birrifici italiani (almeno quelli coinvolti) si stanno un po' svegliando dal punto di vista "comunicazione"? Forse stanno imparando che è sempre bene avere nel cassetto almeno le foto in alta definizione delle singole bottiglie (fatte come Dio comanda, possibilmente) oltre a qualche immagine dell'impianto e del birraio o del titolare? Che se mai un giornalista qualsiasi chiedesse non si dovrebbe scatenare il panico o un bel che ci frega a noi? Se è davvero così, complimenti... Certo la strada è molto lunga per arrivare al livello di una microbirreria londinese che si può permettere un "social media manager", però anche i piccoli passi iniziali contano...
Guardando poi le foto che mi sono arrivate nella mail sono stato colpito dalle etichette. Molte le trovo davvero belle. Prendiamo Lambrate, ad esempio. Il loro restyling è uno dei migliori che mi sia capitato di vedere in giro ultimamente. Non ho mai fatto mistero poi, che quelle di Toccalmatto fossero, da subito, tra le mie preferite. Extraomnes, a dispetto di una certa semplicità stilistica, come dire, "bucano lo schermo". Nel senso che, viste una volta, te le ricordi... Per non dare l'idea che mi piacciano solo quelle "fumettose" ricordo anche la grafica pulita e semplice di Almond '22, quella un po' caotica e giovanile di Brewfist, quella anarcoide e graffitara di Bad Attitude, quella minimalista di 32 Via dei Birrai, quella ormai classicheggiante di Baladin e altre che adesso non mi vengono in mente...
E quello della Magut
Ci sono anche le etichette che mi piacciono meno e non solo per un gusto estetico mio (il quale è tranquillamente non condivisibile), ma perché mi danno l'idea di poca attenzione e immagine debole. Metto qui dentro, ad esempio, quelle di Birra del Borgo e quelle del BiDu (migliorate comunque rispetto a qualche anno fa). Cioè due birrifici che fanno birre eccezionali e da sempre.
Ripeto, qualora non si fosse capito, i gusti sono gusti. Ci mancherebbe. E le birre buone con etichetta brutta le bevo molto più contento delle birre brutte con etichetta "buona". Resterebbe però da stabilire quanto conti l'etichetta, soprattutto in termini di primo impatto su consumatori neofiti... Poco? Tanto? Niente?
E in generale, quanto conta, davvero, la comunicazione per un birrificio italiano oggi? Etichette a parte io vedo qualche segnale positivo in circolazione, ma vedo anche che i birrifici maggiormente in salute sono quelli che hanno investito maggiormente nella comunicazione (e per investito non intendo solo denaro, ma tempo e la propria persona...). Quindi, tornando a bomba, quanto conta la comunicazione? Quanto si è disposti ad investirci? A partire dalle etichette per finire a uffici stampa, social media, video, eventi, press kit e chi più ne ha più ne metta...

13 gennaio 2012

Eat's vs Eataly

Il logo di Eat's
Nomi (quasi) simili, contenuti pressoché siamesi. Eataly e Eat's, Eat's e Eataly. La somiglianza è quasi inquietante: stessa filosofia dedicata ai piccoli produttori di buoni cibi e, in qualche caso stessi produttori. Banchi di formaggi selezionati (e ottimi), salumi scelti, carni attraenti, pesci che quasi sembrano strizzarti l'occhio. Tutto presentato in stile simil-boutique, perfino le conserve di pomodori che, da Eat's o da Eataly, assumono un'aria molto "Acqua di Parma".
E' bello andare da Eat's-Eataly. Bello per gli occhi, bello per l'olfatto, bello perché rivivi le sensazioni di quando, da bambino, ti portavano in una pasticceria. Al tempo mi emozionavo per la paste di riso (a Venezia le chiamavamo così), oggi il mio cuore palpita per lo Shropshire Blue, per i Krumiri Rossi o per qualche altra delizia firmata dalla nuova generazione di stilisti del cibo...
Stilisti, appunto. Perché ho provato anche un'altra sensazione quando, una settimana fa, ho messo piede nello Eat's Store di Milano, a due passi dal Duomo. Una sensazione un po' acida di esclusività, di ricchi signori annoiati che, non potendo ostentare pellicce per via degli animalisti e/o macchinoni per via della Guardia di Finanza, ostentano il cibo di lusso, quello a provenienza certificata, quello firmato. Le uova di galline che vivono libere e magari ascoltano jazz, la carne di vitelli selezionati che ruminano erba selezionata nei giorni selezionati, orate e branzini pescati (ma sono sicuro che si sottintende che si sono lasciati volontariamente pescare...) in mari puliti al largo dalla pazza folla e dagli ombrelloni-oni-oni di Giuni Russo (questa è per gli over 40, ndr.)...
E quello di Eataly...
Si esagera, è chiaro. Però la stessa sensazione mi è tornata capitando per caso da Eataly in piazza 5 Giornate, sempre qui a Milano. Stessa aria da pochi eletti, radical chic con cabina a Capalbio e tanta comprensione per i clandestini (a patto di tenerli alla larga da dove si trovano loro). Prezzi alti, c'è poco da discutere... Certo, bisogna valorizzare la qualità, certo il lavoro artigianale costa, certo tutto quello che volete ma i prezzi restano alti. E fanno selezione.
La "bufala" del KMZERO
Ergo, sarà il cibo il nuovo parametro della stratificazione prossima ventura? Popolino alla Lidl, classe media all'Esselunga, buona borghesia da Eat's-Eataly? Probabile. Non ho nulla contro queste avventure gastronomico-commerciali, ho scritto e continuo a sostenere che Farinetti abbia il carisma del genio e Eat's mi è piaciuto molto (e, sì, non solo ho comprato lo Shropshire Blue, ma pure una bottiglia di Magnificentia Uberti) ma, perdio, non venitemi a dire che questo è portare il cibo di qualità verso tutti. Non ammantate di retorica buonista una geniale intuizione commerciale. Lo so, se fai finta di essere buono piaci di più, se fai discorsi progressisti il pubblico pensa che tu voglia lavorare a un mondo migliore (come quelli che si battono per il Kilometro zero quando si tratta di produzione, e kilometro diecimila quando si tratta di vendita...), ma la realtà va guardata negli occhi. Guardatela e vi accorgerete che dietro l'iride azzurro, da principe o da principessa, si mimetizzano venuzze rosse di sangue... Poi, io per primo, ci si ricasca. Penso che solo un pirla potrebbe pagare 22 euro per tre etti di biscotti, ma in un paio di occasioni quel pirla aveva la mia carta d'identità... Che ci devo fare... Predico bene e razzolo male? Forse, ma anche questo non mi toglie la possibilità di dire "aprite gli occhi e siate consapevoli". Anche perché una soluzione alternativa la si può trovare: a Milano, e non solo, esistono i mercati della terra e appena fuori Milano (sorry, ma per ora abito qui) ci sono, incredibile ma vero, dei contadini che, facendosi adeguatamente il mazzo, ti vendono il latte crudo, ottima carne (anche se ne devi comprare delle adeguate quantità e pigliarti un po' di tutto), salumi e formaggi, verze ancora intrise di brina e patate tanto brutte quanto buone (e sono brutte forte...)... Insomma, tra il discount di prodotti germanici e le Eat's-Eataly ci sono ancora i produttori.... Andateveli a cercare...

10 gennaio 2012

Il vademecum di Jurij

Jurij Ferri, Almond '22, al lavoro
Jurij Ferri rientra da quando lo conosco nella mia nutrita ma non "obesa" lista dei birrai italiani per cui vale la pena "mettere la mano sul fuoco". Non è solo per una questione di birre ben fatte, di originalità creativa e di costanza. E' proprio la persona: un inedito e riuscito assemblaggio di rigore nordico, fuoco della passione mediterranea e un pizzico di sano integralismo calvinista. Insomma, di quelli che gli impediscono spesso di fare le scelte più facili o maggiormente in discesa.
Per questo, quando qualche ora fa e su Facebook, Jurij ha pubblicato alcune considerazioni da birraio "per aspiranti birrai" non solo ho condiviso al volo il suo pensiero, ma gli ho pure proposto di rilanciarlo sulla mia piccola webtribuna. In fondo, non è la velocità l'elemento caratterizzante della scrittura sul web? D'accordo con Jurij ve lo copio-incollo qui sotto, senza ulteriori miei commenti (che eventualmente andranno a finire nella sezione apposita). Vorrei dire solo una cosa: un conto è l'allarmismo, un conto il realismo. Una cosa è "remare contro", un'altra "fare finta che va tutto bene perché altrimenti sei un disfattista" e un'altra ancora "mettere in luce certe problematiche, possibilmente prima che esplodano". Non c'è una soluzione, facile o difficile che sia, agli indiscutibili problemi nati dallo sviluppo accelerato di un fenomeno ormai di larghe proporzioni come quello che riguarda la birra artigianale italiana. Le cose andranno come devono andare. Ma, forse, chi è consapevole della realtà, anche del lato oscuro della luna, andrà più avanti di altri.
Ho scritto anche troppo. La parola a Jurij e al suo intelligente e lungimirante vademecum...
M.M.

PICCOLE CONSIDERAZIONI, DA BIRRAIO, AD ASPIRANTI BIRRAI PROFESSIONISTI

1. E' difficile fare una birra buona
2. E' ancora più difficile farla sempre buona
3. E' più difficile vendere una birra che fare una birra buona
4. Fuori, tra quelli che vendono, bevono o distribuiscono il tuo prodotto sono davvero pochi quelli che comprendono davvero ciò che hanno tra le mani
5. Chi compra il tuo prodotto molto spesso guarda principalmente al prezzo, il resto è meno importante.... "sì, favolosa. Ma quella di Tizio e Caio costa un euro in meno..."
6. I maniaci del rating molto spesso non hanno né la competenza né la sobrietà necessaria a descrivere una birra... Poi, in realtà, più che descriverla la giudicano. Rating di questo genere fanno danni. Siano essi positivi o negativi
7. Mentre tra grandi vini e pessimi vini ci sono delle grandi differenze di prezzo, tristemente nel mondo della birra ci si batte su pochi centesimi
8. Siamo ancora giovani, ma soffriamo già delle malattie del vino. Dai problemi di distribuzione alla carneficina delle guide
9. Prima di pensare a fare una grande birra, trovatevi un grande commerciale. Poi preoccupatevi di fare una discreta birra
Jurij Ferri

6 gennaio 2012

Beer Hunter: The Movie

Michael Jackson
La decisione l'ho presa d'impulso, ma anche se ci avessi ragionato su qualche giorno, la mia scelta sarebbe stata la stessa. Ho deciso infatti di sostenere economicamente il progetto di Beer Hunter: The Movie ovvero il film che John Richards sta portando a termine e per il quale ha avviato una raccolta fondi necessaria al suo completamento e alla sua realizzazione. Mi piacerebbe che tutta la comunità birraria italiana, talebana o meno, facesse altrettanto. Non è necessario sborsare cifre folli, almeno io non l'ho fatto, ma solo dare un contributo. Se non altro credo che ognuno di noi lo debba al nostro padre putativo. Un padre di cui, spesso, si sente la mancanza. Ora non sto qua a tediarvi con la biografia ufficiale di Michael, con l'elenco dei libri che ha scritto e con il suo fondamentale contributo alla rinascita della diversità birraria mondiale. Lo saprete meglio di me... Non so nemmeno dirvi con sicurezza se, mancando lui, le cose sarebbero andate diversamente. Forse no. Ma, avendo avuto la fortuna di incontrare Michael Jackson in qualche circostanza, ho il perfetto ricordo della sua incredibile amabilità, del suo spiccato sense of humor, di quel suo fantastico "understatement" che, durante una affollatissima fiera di Rimini di circa dieci anni fa, e di fronte a dei ragazzi che gli facevano firmare dei sottobicchieri, lo fece esclamare: "forse mi stanno scambiando per qualcun altro!".
Ho avuto la fortuna, perché è stata davvero una fortuna, di godere di una serata a tu per tu con lui in quella occasione. Incaricato, da neofita, di fargli compagnia, portarlo fuori a cena e assicurarmi che tornasse in albergo per la notte. Ed è stata una serata difficile da dimenticare: Michael non aveva atteggiamenti da prima donna, era seriamente affascinato da tutto il mondo di aromi e sapori che le birre, e non solo quelle (per mezz'ora mi interrogò sulle origini dello spritz...), potevano offrire, era un uomo curioso con una straordinaria brillantezza sia come oratore sia come scrittore.
Con MJ - Great British Beer Festival 2006
Io sono convinto che tutti coloro che amano la birra gli debbano qualcosa, fosse solo il suggerimento di un locale o l'ispirazione "totale". Sempre nell'occasione riminese, scortandolo come un bodyguard nella ressa, vedevo con quale adorante "appetito" gli espositori lo volevano a tutti costi per una foto, per una degustazione improvvisata, per poter dire "Michael Jackson è stato qui e ha bevuto le nostre birre". Ora non è il mio ruolo quello di fare il collettore di denaro altrui, ma credo che sostenere il progetto di The Beer Hunter: The Movie sia il modo per dire grazie a Michael, per quello che ha fatto e per il fatto di esserci stato. I contributi economici sono a cifra variabile (da un dollaro a 10.000 dollari) e i soldi saranno effettivamente utilizzati solo se la cifra complessiva e necessaria verrà raggiunta. Io me lo auguro fortemente e non vedo l'ora di vedere questo film...

2 gennaio 2012

Capodanno smemorato

Al voto!
Fantastico... Carico il post dell'ultimo dell'anno già sentendo il profumo delle lenticchie, annuncio il sondaggino "birrificio rivelazione 2011", carico il tutto, chiudo e mi metto il cappotto. Peccato che in tutto questo io mi sia dimenticato di caricare pure il sondaggio... Per punizione divina siamo rimasti bloccati tre ore in autostrada tra Fiorenzuola e Piacenza causa incidente. Dormicchiando un po' e accendendo il motore per evitare di congelare come dei bastoncini Findus (il freddo comunque rassoda e stira le rughe).
Insomma, mi sono dimenticato in soli 30 secondi (tanto il tempo tra scrivere le ultime righe del post e spegnere tutto) del mio sondaggio, per cui rimedio oggi e allungo le votazioni fino al 18 gennaio (con uno stile "democratico" alla Putin) invece che al previsto 15 gennaio. Come sempre non si vince nulla. Chi invece vuole votare per birrifici non compresi nella mia quaterna, può tranquillamente farlo nei commenti. Gliene sarò grato...