19 maggio 2010

Scotland Forever


Una quattro giorni di Edimburgo intensa, con finale al cardiopalma grazie alla simpatica nuvola vulcanica che scorrazza per i cieli d'Europa e che ci ha costretto a percorrere on the road tutta la Gran Bretagna per trascorrere una notte in bianco all'aeroporto di Gatwick e, da lì, saltare sul primo aereo per Milano. Ma a parte questo, Edimburgo è sempre stranamente affascinante. Sarà il contrasto tra l'austerità dei suoi palazzi e la cordialità degli abitanti, sarà che la Scozia si è distinta negli ultimi anni per le sue birre di notevole spessore. E allora l'elenco è abbastanza lungo: una Harviestoun Bitter&Twisted al Guildford Arms, una Deuchars Ipa all'Oxford Bar (grazie Vale per aver letto tutti i libri di Ian Rankin!), e poi una Brewdog Trashy Blond e una Brewdog The Physics, una Caledonian 80, una Cairngorn Trade Winds, una Lomond Gold e una Directors Courage, una Harviestoun Schiehallion e una Isle of Skye (non ci fanno solo il Talisker) Hebridean Gold. Insomma, se qualcuno mi pagasse delle corrispondenze (possibilmente alle cifre britanniche e non a quelle italiane) il pensiero di restarmene in terra scozzese si sarebbe fatto ancora più insistente. Difficile fare una classifica personale: a parte una prima Deuchars Ipa fuori forma, la seconda era da podio. Ma entrambe le Brewdog le ho trovate splendide, ritemprante la Caledonian 80 ed estremamente interessanti sia la Schiehallion, la lager di Harviestoun, sia la Trade Winds (mai bevuta prima). Il primo posto però va alla Bitter&Twisted che, non sarà tanto professionale, ma andava giù come acqua di fonte. Straordinarie tutte comunque, nella loro semplicità e nella loro bevibilità. Senza alchimie, senza pensieri, senza voli pindarici di degustazione paranoica. Nella valigia piena come un uovo sono riuscito a infilare tre pezzi: il libro "Beer Hunter, Whisky Chaser", dedicato a Michael Jackson, e due Harviestoun Ola Dubh, la Special 30 Reserve e la Special 40 Reserve. Prima o poi mi terranno il cuore in caldo. Che si sta già raffreddando per il fatto di essere tornato.

9 maggio 2010

Birre in corso...


Per la serie: se non trovi la birra artigianale, sarà lei a trovare te. Che il fenomeno dei microbirrifici fosse in forte espansione lo sapevo da tempo, come tutti, ma andare a fare due passi in corso Buenos Aires la domenica pomeriggio in coincidenza di non so bene quale fiera e ritrovarsi a bere birra italiana di piccoli produttori, francamente non me lo sarei aspettato. Alcune bancarelle sono state una tentazione impossibile da contrastare. Così dopo aver incredibilmente ritrovato un altoatesino dal quale facciamo acquisti quando siamo in montagna e aver comprato leberkase e carne salada, da lui, ma in ordine successivo pure testaroli, uova d'oca, prosciutto d'oca, un caprino erborinato da paura, eccoci di fronte a due birre di riso del Birrificio Vallecellio, nel vercellese. Formato da mezzo litro, 6 euro cadauna. Passo. Pochi metri più avanti ecco il Birrone, zona vicentina, dove la SS 46 non mi convince del tutto, ma si lascia bere. E allora, visto che 3 bottiglie da 0,33 viaggiano a 8 euro, incamero anche la Brusca e la Punto G, nome che è tutto un programma. Vedremo, ma ho apprezzato la dicitura "mantenere in frigorifero" sull'etichetta. Onesti. Altri dieci metri e vado quasi a sbattere contro una minibaita del Teddy Bier, micro trentino di cui non avevo mai sentito parlare. Mi incuriosisce la loro porter Tinera. Invece la trovo inquietante e da dimenticare. Peccato, perché mi si stronca l'entusiasmo e lascio perdere anche la Meppler, ale aromatizzata con la mela. Arriva infine la pioggia di questa primavera così scozzese, ma almeno fossimo in Scozia dannazione, e si torna a casa. La prossima volta però che qualcuno mi chiederà dove si può trovare la birra artigianale, non avrò esitazioni. Dappertutto: nei locali, nei ristoranti, nei supermercati e negli ipermercati, alla Metro, in corso Buenos Aires... Ogni tanto i vecchi tempi mi sembrano proprio quello che sono: vecchi.

6 maggio 2010

Forst, la nuova campagna


E' simpatica la nuova campagna pubblicitaria della Birra Forst. La si vede in televisione, ma anche sulla carta stampata, e gioca su quelli che sono i requisiti classici della birra altoatesina che, dalle sue parti, ha percentuali di mercato bulgare. I bicchieri di Forst che sembrano vivere tra torrenti e boschi innevati sono in linea con la fabbrica di birra più bella d'Italia. La prima volta che ci sono stato ero rimasto sbalordito dalla cura per i dettagli: i vasi di gerani fioriti alle finestre, addirittura le sbarre all'ingresso dei camion in legno intagliato. Tocco femminile forse, ma anche scelta di trasmettere naturalità e piccole dimensioni. Piccole fino a un certo punto ovviamente, perché la Forst oggi fa 700mila ettolitri all'anno e con la nuova sala cottura, la cui inugurazione è prevista per la primavera prossima, si arriverà a 900mila. Numeri di tutto rispetto benché molto lontani dai traguardi delle majors italiane. Tre settimane fa sono stato a Merano e ho fatto una scappata a Lagundo per provare la birra della casa, che si beve solo lì, e una letteralmente fantastica "crema alla birra". Una specie di "passato" che considero tra le migliori ricette birrose provate negli ultimi mesi, insieme al Birramisù di Claudio Sadler. Confesso di avere un piccolo debole per la Forst, mi piacciono quasi tutte le loro birre (in primis la Sixtus e la Pils), stimo la serenità e la competenza di Antonio Cesaro, il loro ex mastro birraio ancora in pista per diffondere il "verbo" della birra e sono rimasto impressionato, durante la presentazione milanese alla stampa della nuova campagna, dalla classe e dal fascino della signora Margherita Fuchs von Mannstein. Vera first lady della birra italiana.

4 maggio 2010

Teo va in barrique


Tanta gente, molti birrai (Montegioco, Orso Verde, Scarampola), volti noti (Paolo Massobrio, Luca Giaccone, Oscar Farinetti, Walter Massa) per l'inaugurazione della Cantina Baladin in quel di Piozzo sabato scorso. L'ultima, chissà però per quanto, "follia" firmata Teo Musso, il sempre più adrenalinico birraio delle Langhe che non pago della linea bibite Baladin (la cedrata e il ginger sono dannatamente buoni) ha deciso di inoltrarsi, almeno a me così pare, in una specie di giungla impenetrabile, senza bussola e armato solo di machete. Le 160 barrique sono lì dove qualche anno fa si celavano i tank con le cuffie, la sala antistante è invece una riproduzione della cucina della vecchia casa di Teo, impilate una sull'altra in ordine di tre. I nomi sono tra quelli più noti del mondo vinicolo italiano. Così a memoria Sassicaia, Antinori, Donnafugata, Caprai, Walter Massa, Felluga, Monterossa, Cottanera, Cantine del Notaio, insomma una specie di nazionale del vino. In queste barrique Teo affinerà due birre: Terre nelle botti che hanno tenuto vino rosso, Lune nelle botti che hanno visto maturare vino bianco. Ma la distinzione non è così semplice. Come evolverà la stessa birra in un barrique del Mille e una notte piuttosto che in quella del Sassicaia? Come incide il Nero d'Avola rispetto al blend di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc su una birra che, quando vedrà la luce ovvero nel 2011, avrà circa 9% vol? Teo è sicuramente avvinto da questa nuova strada e promette di dedicarsi alla cantina per parecchi mesi in maniera quasi esclusiva. Che sia un percorso innovativo mi appare chiaro perché qui non si tratta solo del legno in senso generale, ma di quel legno specifico... In più le birre dovranno essere sottoposte al vaglio della cantina che ha messo a disposizione le botti, un altro potenziale ostacolo da superare... Ma ho visto Teo al settimo cielo per la sua cantina e per questa nuova avventura e, visti i suoi precedenti, non me la sento proprio di scommettergli contro...