28 gennaio 2011

Birra ai Fornelli - La rubrica di Salvatore Garofalo

Oggi è una buona giornata: sono sopravvissuto alla lezione ADB di ieri sera a Milano (sarebbe forse meglio dire che sono sopravvissuti quelli che sono stati ad ascoltarmi) e adesso posso finalmente inaugurare la prima rubrica "esterna" di questo blog. Ci ho girato intorno per un po' ma alla fine Salvatore Garofalo, brillante chef de La Ratera di Milano e persona che stimo da quando ho avuto modo di conoscerlo, ha accettato. Salvatore si è fatto le ossa con celebrati maestri dei fornelli italiani come Gualtiero Marchesi, Ezio Santin e Pietro Leemann ed è oggi,  mio avviso, l'uomo che maggiormente si confronta con la cucina alla birra. Ho sempre trovato i suoi piatti delle felici intuizioni, stimolanti per il palato quanto per il cervello. E, nel momento in cui ho pensato di avviare una rubrica, appunto Birra ai Fornelli, non potevo che pensare a lui. Ecco dunque il suo primo contributo: ricetta, ingredienti e procedimento. Buon appetito!                                                       M.M.

Salvatore Garofalo

TORTELLI DI FARINA DI CASTAGNE E PORCINI SECCHI PESTATI,
RIPIENI DI VERZA E SALSICCIA ALLA SCHLENKERLA



I Tortelli di farina di castagne e porcini secchi pestati, ripieni di verza e salsiccia alla Schlenkerla

INGREDIENTI

Per la pasta:

Farina bianca g 140

Farina di castagne g 50

Porcini secchi g 10

Uova 2

Sale 1 pizzico

Olio extra vergine d’oliva 1 cucchiaino


Per il ripieno:

Una piccola verza

Salsiccia 3 hg

Scalogni 2

Schlenkerla 33 cl

Sale q.b.

Per il condimento:

Burro 1 noce a porzione

Salvia 3 foglie a porzione

PROCEDIMENTO
In un mortaio pestare finemente i porcini secchi (in alternativa, utilizzare un frullatore). Mescolare la farina bianca e quella di castagne; unirvi la polvere di porcini secchi. Sulla spianatoia formare con le farine una fontana, al centro rompervi le uova, aggiungere il sale e l’olio. Impastare energicamente fino ad avere una palla di pasta liscia; avvolgerla nella pellicola e lasciarla riposare almeno mezz’ora.

A parte sfogliare la verza, lavarla accuratamente e tagliarla grossolanamente.

Pelare e tritare gli scalogni; porli in una casseruola con un filo d’olio e fare “appassire” dolcemente.

Sgranare la salsiccia.

Una volta appassito lo scalogno, unire nella casseruola la salsiccia sgranata e lasciar rosolare bene; aggiungere alla salsiccia la verza e continuare a far cuocere il tutto.

Quando la verza comincerà a intenerirsi, bagnare con la birra; coprire con un coperchio e lasciar stufare dolcemente per 20 minuti circa.
Scoperchiare, regolare di sale (e pepe se gradito) e sminuzzare il tutto con l’aiuto di un frullatore o di un cutter. Avremo così ottenuto il ripieno per i tortelli.
Stendere la pasta con la macchina apposita. Ricavarne, con l’aiuto di un cerchio tagliapasta, dei dischi di circa 8 cm di diametro. Al centro dei dischi porre un cucchiaino colmo di ripieno e richiudere i dischi di pasta formando delle mezze lune. Unire i due angoli di pasta e spingere verso l’alto il centro della mezza luna col ripieno. Nel caso la pasta non fosse umida e si faticasse a tenere uniti gli angoli del disco di pasta, aiutarsi con dell’acqua, giusto una goccia d’acqua che farà da collante. Si saranno così preparati i tortelli.
Riempire una pentola d’acqua e portarla a ebollizione. Cuocervi i tortelli avendo cura che l’acqua non bolla troppo violentemente per evitare che la pasta fresca ne patisca e i tortelli si aprano. Cuocere per 3 minuti circa.

A parte porre una padella sul fuoco, farvi sciogliere il burro, unirvi le foglie di salvia e lasciar colorare il burro fino ad avere un colorito nocciola.

Scolare i tortelli e versarli nella padella col burro e la salvia. Condirli bene e impiattarli.
Salvatore Garofalo

27 gennaio 2011

Birra dell'Anno - La risposta di Nicola Perra

Nicola Perra, come immaginavo e speravo, ha risposto ai commenti fatti sul post relativo a Birra dell'Anno e, considerando che è stato lui a far partire la discussione con le sue, legittime, critiche e l'altrettanto sua legittima non partecipazione al concorso ho ritenuto più opportuno, anche in termini di visibilità, lasciargli uno spazio su questo blog esattamente come avevo fatto per Claudio Cerullo. La discussione ovviamente può proseguire: in questo o nel precedente post....
M.M.
Nicola Perra: niente Barley a Birra dell'Anno 2011

Chiamato in causa da Maurizio tramite il suo post e da altri indirettamente (tramite le loro risposte) in questo blog, mi permetto di chiarire il mio punto di vista che, sia chiaro, non vuole essere offensivo nei confronti del lavoro di nessuno ma solo un invito alla riflessione.
Le categorie così come strutturate quest'anno non mi trovano d'accordo per vari motivi:
- mettere insieme nella stessa categoria birre fatte a bassa con birre fatte ad alta fermentazione
- distinguere in base al colore (chiara, ambrata e scura)
- distinguere le categorie in modo non preciso(basso o alto grado alcolico), anzichè usare il grado alcolico o quello saccarometrico, ponendo dei confini numerici
- mettere tutte insieme in unica categoria le birre affinate in legno (ce ne sono in Italia molto alcoliche così come poco alcoliche)e le differenze sono a mio avviso enormi tra loro in termini aromatici e gustativi e lo stesso dicasi per le categorie 17,18,19 e 20.

A mio avviso questi sono motivi più che sufficienti per pensare che non abbia senso far partecipare le mie birre a questo concorso.
Se poi UB attirerà molte più birre dello scorso anno e così potrà fare cassa tanto meglio, ma così si calpesta parecchio la corretta informazione e cultura birraria che proprio Unionbirrai ha mandato avanti decorosamente per tanti anni.

Mi spiace, ma non posso partecipare in un concorso strutturato su basi in cui non credo.
Se poi partecipare ad un concorso significa andare a caccia di premi, beh non credo che uno si possa vantare se ad es. la sua birra a bassa fermentazione ha vinto contro una ad alta o viceversa.

Sulla compilazione delle schede come utile feedback, beh...pensate a come sono andate le cose lo scorso anno. So di certo che gli scontenti (per usare un eufemismo) sono stati parecchi!
Comunque, buon concorso a chi parteciperà!
Nicola Perra

25 gennaio 2011

Il giornalista nella neve

A scrivere di birra, vino, distillati e ristoranti non è che capita di vivere chissà quali avventure. Il massimo è provare il brivido di soffiare nell'alcoltest, resistere a enne boccali da litro durante le interviste a birrai tedeschi, evitare di addormentarsi sul bancone di qualche pub londinese o sorseggiare impavidi e di prima mattina una Rochefort 10. Ma venerdì scorso, 21 gennaio, ho preso il treno da Milano, sono sceso a Bologna, sono salito in un'auto, ne sono sceso a Fossombrone (Pesaro Urbino), sono risalito in una seconda auto per arrivare infine in quel di Apecchio, paesino di poco più di duemila abitanti ma con ben due birrifici: Amarcord e Tenute Collesi. Io ero lì per il secondo, Tenute Collesi, e questa è la scena che avevo davanti...

Bufera di neve alla marchigiana

Cinquanta centimetri di neve soffice e un vento che giustamente la sollevava per sbattertela in faccia. Una scena alla Zanna Bianca o, appunto, da Sergente nella neve (entrambi romanzi della mia adolescenza), tuttavia uno scenario fantastico, suggestivo (leggermente rischioso solo nello scendere i gradini). Ma uno scenario che i soci di Tenute Collesi possono ammirare (beati loro) tutti i giorni dalla grande vetrata panoramica. All'interno si trova l'impianto di produzione dal quale nascono, a tutt'oggi, le sei birre firmate Tenute Collesi e distribuite in Italia dalla D&C, azienda storica nel settore e di comprovata abilità.
La gamma di Tenute Collesi
Giuseppe Collesi e Roberto Bini sono i due soci che hanno dato vita al birrificio. Come spesso accade l'unione di passione e competenza commerciale permette loro di ottenere buoni risultati ma, visto che l'arroganza intellettuale non abita evidentemente ad Apecchio, a progettare le loro birre hanno chiamato un tecnico belga, quel Marc Knops che lavora da Achel e che è stato definito da Roger Protz "peripatetic brewer". Il risultato sono delle birre molto equilibrate, di facile approccio, eleganti e non troppo caratterizzate. Così, insomma, come le avevano pensate Collesi e Bini che puntano dritti alla ristorazione, alle gastronomie gourmet, ai winebar. Tra tutte ho trovato molto interessante la Ego, una chiara da 6% vol con aromi delicati, floreali e un finale bello asciutto, e la Ubi, ambrata (definita Rossa) da 8% vol che lascia intendere il caramello, toni di biscotto, una punta di rabarbaro, mantenendosi comunque sempre beverina. Di recente inoltre è nata la Triplo Malto, una chiara da 9% vol che vede la luce tutti gli anni il 4 luglio (anniversario del birrificio) e a tiratura limitata: sulle quattromila bottiglie. Interessante infine, ma almeno per me da approfondire, l'approvvigionamento del malto che Tenute Collesi ha risolto affidandosi al Cobi, una malteria anconetana che produce malto d'orzo per birra. Un segnale, nemmeno troppo urlato a dire la verità rispetto ad altre situazioni, che forse anche in questo campo qualcosa si sta muovendo...

22 gennaio 2011

Birra dell'Anno - Si discute sul concorso...

Evitato l'ibernamento in quel di Apecchio, nelle Marche, dove sono andato in visita da Tenute Collesi, c'era una nevicata più adatta a una Iditarod che a un assaggio sul posto di birre, si riattacca con il blog e con un post che, mi auguro, dia adito a un confronto tra le diverse "anime" della birra artigianale italiana. Allora, qualche giorno fa ho ricevuto un sms da Nicola Perra, birraio di solida e meritata fama del Birrificio Barley, che muoveva delle critiche alle modalità previste dall'imminente Birra dell'Anno, il concorso organizzato da Unionbirrai che vedrà la premiazione dei vincitori a Rimini, il 19 febbraio, durante Selezione Birra. Nicola, in poche parole, critica la composizione delle categorie che mettono in ballo birre diverse all'interno dello stesso campo di gioco (così, su due piedi, penso alle chiare di ispirazione tedesca, basso grado alcolico ma alta e bassa fermentazione). Il giudizio di Nicola è che "UB ha fatto un brutto passo falso sulla via della divulgazione della cultura birraria di cui, per anni, è stata promotrice".

Nicola Perra e le sue birre

Ma è la conclusione dell'sms di Nicola che mi ha allarmato: "Inutile dire che come birrificio non parteciperò a questa farsa e ciò mi spiace giacché la giuria ha tutto il mio rispetto". Niente birre del Barley dunque a Birra dell'Anno? Se così fosse la sua assenza, a mio avviso, sarebbe di quelle pesanti. Ho parlato con Nicola, anche per essere autorizzato a riferire qui i contenuti del suo sms, ed è convinto delle sue posizioni. Conoscendolo, e stimandolo, ho pensato d'accordo con lui di renderle pubbliche qui ma, allo stesso tempo, ho deciso di coinvolgere i vertici di Unionbirrai per ottenere da loro una spiegazione. A me la tecnica del linciaggio, del sasso lanciato o del pubblico ludibrio non piace molto ma so per certo che altri la pensano diversamente da me. Comunque, battute a parte, le risposte di UB sono arrivate nelle persone di Alessio Leone e di Marco Giannasso, responsabile dei corsi di formazione Unionbirrai, entrambi parte del comitato che ha elaborato le diverse categorie. Io mi limito a riproporle nella speranza che in primo luogo si possa discuterne e in secondo, è una mia speranza personale, Nicola ci ripensi.
Ecco, allora, l'opinione di Alessio Leone: "Mesi fa, al momento dello sviluppo delle nuove categorie, ci si è posti il problema se continuare con la politica fino ad allora intrapresa da UB (ossia definire una categoria mediante i suoi parametri "tecnici") oppure abbracciare la pratica diffusa in quasi tutti i concorsi birrari di chiamare ogni categoria con lo stile di riferimento, e solo dopo aggiungere le descrizioni tecniche. La seconda opzione sarebbe risultata più semplice sia per i giudici, sia per i birrai che per tutti quanti; secondo UB però questo avrebbe compromesso la nostra libertà rispetto alle tradizioni birrarie, e si è quindi optato per la prima opzione.
Posto quello, c'era la necessità di far fronte a una quantità notevole di birra iscritte nel 2010: si è pensato ad un primo ampliamento delle categorie, che è quello che avremo al campionato in arrivo. Certamente ci sono delle categorie "ibride", nelle quali confluiscono birre con parametri non esattamente uguali, ma certo neanche completamente divergenti: per esempio, poteva esserci una categoria "Kolsch", ma con due/tre birre iscritte quale sarebbe stata la credibilità della premiazione? Queste 20 categorie sono state poi testate con simulazione basata sulle 300+ birre iscritte l'anno passato.
L'unico e reale problema che vedo oggi rileggendole è una certa mancanza di immediatezza, essendo definite appunto da parametri tecnici e non nomi di stili conosciuti e condivisi. Ma davvero è l'unico difetto che vedo, in un lavoro svolto in diversi mesi da un gruppo preparato che si è trovato ad affrontare le problematiche di un mercato in continua fase di crescita come il nostro.
Credo che il lavoro, positivamente o negativamente, possa e debba essere giudicato solo alla fine del concorso".


Birra del'Anno 2011
 E di seguito, le parole di Marco Giannasso: "Leo ha espresso perfettamente le motivazioni e le modalità che ci hanno condotto a queste categorie. Vorrei solamente aggiungere che anche queste ultime si potrebbero ancora definire delle "macro categorie" in quanto sono stati accorpati diversi stili in ognuna di esse. Gli accorpamenti sono stati fatti in modo da avere diverse birre con parametri di produzione e sensazioni degustative i più simili possibili. E' chiaro che la situazione ottimale sarebbe, probabilmente, avere una categoria per ogni stile, ma, come ha già detto Leo, il numero non ancora grandissimo di birre in concorso non ci permette di fare ciò. Con l'aumentare delle partecipanti si renderanno necessarie ulteriori modifiche e nuovi ampliamenti e questo lo si farà al momento opportuno. Quest'anno abbiamo fatto già un grosso passo in avanti rispetto alle passate edizioni. Infine un'ultima considerazione: grazie ai nostri birrai, caratterizzati da fantasia ed inventiva, questa catalogazione risulterà sempre abbastanza complicata in quanto ci presentano spesso prodotti che si potrebbero definire unici. Ma del resto se anche si volessero iscrivere queste birre "particolari" ad un altro qualsiasi concorso internazionale credo che non si troverebbe neanche lì la categoria che calza a pennello per tutte le partecipanti".

Ecco, queste sono le dichiarazioni, avallate anche da Simone Monetti, di Unionbirrai. Ho già chiesto a Nicola di replicare come meglio crede (anche sul modello dei post di Claudio Cerullo); l'argomento mi sembra serio e "profondo" e Birra dell'Anno è concorso nazionale che, da sempre, per giurie e qualità ha saputo distinguersi nel panorama nazionale. Metterlo in crisi potrebbe essere un errore grave, metterlo in discussione invece è sempre legittimo. Soprattutto quando gli argomenti, e chi li esprime, merita il rispetto di tutti.




14 gennaio 2011

Hipster e Rudolph: tecniche di depistaggio...

Ohibò, riprendiamo la sana (o forse insana) abitudine di scrivere sul blog e lo facciamo mantenendo la promessa di raccontare le nostre impressioni delle due birre arrivate dal birrificio Bad Attitude di Lorenzo Bottoni & Company qualche giorno prima della roulette russa (gastronomicamente parlando) delle festività natalizie. Allora, iniziamo con il dire che ricevere le birre a casa in assaggio da parte di un birrificio artigianale è pratica quasi del tutto sconosciuta in Italia (primo applauso per Bad Attitude) il che potrebbe far concludere che chi scrive di birra non serve a nulla oppure che ai birrifici artigianali non gliene frega niente. Boh, fate voi. Tuttavia l'iniziativa di Bottoni è lodevole anche perchè si espone consapevolmente a critiche, eventuali e si spera ovviamente motivate, e perché legittima il piccolo popolo di blogger italiani. Le due birre in questione si chiamano Hipster e Rudolph, immortalate qui sotto poco prima della stappatura....

Hipster e Rudolph by Bad Attitude Craft Brewing
Partiamo con la confezione, perchè sono convinto che l'occhio voglia la sua parte. Formato della bottiglia in stile "muratore anni Cinquanta", ma reso simpatico dalle etichette: una in stile "summer of love" e l'altra che rivisita la renna dal naso rosso che guida la slitta di Babbo Natale. A me sono piaciute entrambe perchè mi hanno messo allegria e mi è pure piaciuta la dizione "birra artigiana" invece di artigianale (che sia questa la chiave di volta della sfuggente quanto inflazionata definizione?). Alleluia finale per la citazione dei luppoli. La trovo una cosa buona e giusta e suggerisco a Lorenzo di inviare un campione anche a quelli della Splugen scrivendogli "ecco, i tre luppoli. Li trovate nella retroetichetta". Perplessità invece sulla Hipster presentata come una Pilsener Organic Wine. Vero che la presa per i fondelli è già nella dizione, ma la parolina pilsener ai più dice una cosa (luppolo, luppolo e ancora luppolo) mentre al naso la realtà è un'altra. Insomma, a parte qualche nota così così ma che presto scompare, la birra sembra pensare in ceco ma parlare in belga. Io, ad esempio, ho sentito un fruttato di albicocca e un cenno di miele e dopo ancora qualche minuto una sottilissima speziatura, più un'articolazione del profumo che un sentore vero e proprio. Al palato il corpo c'è e


La Hipster nel bicchiere

si sente (7,62% vol). Un bell'equilibrio, una bella aromaticità che lascia uscire un piacevole amaro (adesso sì) e che termina molto bene nel retrogusto, lasciando la bocca piva di acidità e pronta per bere ancora. Insomma, una birra che mi ha convinto con qualche smagliatura (il naso iniziale), ma che ti porta un po' fuori rotta... Discorso diverso invece per la Rudolph, presentata come "winter warmer" categoria che si presta maggiormente alle interpretazioni sul tema. Il colore è ambrato con tonalità che ricordano il rame, schiuma davvero imponente (un po' debole nella Hipster), compatta e persistente. Profumo complesso, speziatura subito immaginabile anche se, non avendo letto prima le note, ho imbroccato solo la cannella. Dello zenzero e del ginepro ho avuto la sensazione solo a posteriori, per cui vale quello che vale. Cioè niente.


La Rudolph nel bicchiere

Ma è una birra affascinante sebbene l'avrei forse preferita con un corpo ancora maggiore, più solido e più "caldo". Sempre al naso ho scritto di getto "miele di castagno e frutta esotica (datteri?), caramello e cannella". Cannella che torna a farsi sentire anche in bocca. Ma senza risultare eccessiva; solo quel tanto che basta per farti tornare in mente certi dolci natalizi anglosassoni e la voglia di accendere un fuoco (il che essendo circondato da libri e carta in genere comporta un certo rischio). Comunque birra più che piacevole. La riberrei volentieri (anche la Hipster), perché il finale di entrambe non te le incolla al palato ingolfandolo. Il che vuol dire che mi rimane la sete. E attacco le seconde bottiglie...