17 settembre 2010

Perché do ragione a Farinetti

Eataly New York
Arrivo buon ultimo, spero però non fuori tempo massimo, sulla querelle Eataly New York e Birra Moretti, più che adeguatamente sviluppato da Cronache di Birra qualche settimana fa. L'argomento è senza dubbio interessante, considerata anche la mole di commenti, e mi sembra valga la pena espandere qui qualche riflessione che avevo già postato su CdB. Parto subito con il dire che non mi sento proprio di attaccare Oscar Farinetti, geniaccio commerciale come se ne vedono pochi in Italia. L'uomo ha saputo annusare benissimo l'aria che tirava, e nel Piemonte slowfoodiano tira più forte che da altre parti, ci ha investito credo parecchi soldi e ha tirato fuori dal cilindro la carta vincente, in Italia non so fino a che punto ma all'estero senza dubbio. Se all'estero siamo conosciuti per la moda, vabbé anche per la mafia e per il nostro divertente quanto inquietante Presidente del Consiglio, lo siamo anche per il cibo. In Italia si mangia e si beve bene, questo è il refrain, poco importa se poi gli inglesi concludono il pranzo con un cappuccino e tutti insistono a mangiare le tagliatelle alla bolognese che sono una colossale balla. Il food italiano tira ed ecco allora arrivare Eataly che è una sorta di Unieuro in versione gastronomica con l'aggiunta, a me pare, di una fondamentale benedizione slowfoodiana. Il che aiuta parecchio visto che l'associazione fondata da Petrini (onore al merito e incommensurabile stima) è, volenti o nolenti, la portaerei della gastronomia italiana con sedi universitarie, casa editrice, presidi, master e tutto il resto. Tuttavia, se Farinetti fa Eataly vuole evidentemente fare una cosa che produca business (altrimenti i dipendenti non sarebbero tali ma degli eroici volontari). Ovvero la "baracca" che sembra un vero e proprio grattacielo, deve stare in piedi. Almeno. Per farlo ha bisogno di partner commerciali affidabili, con volumi importanti visti gli spazi e la presumibile affluenza nei vari Eataly sparsi nel mondo, partner quindi che difficilmente possiamo considerare artigianali se per artigianali intendiamo produzioni limitate, seguite passo a passo e di persona dal produttore. Quelle, che ci sono a Eataly non vi è dubbio, servono per dare qualcosa in più, la ciliegina sulla torta. Ma solo con quelle non so quanto si possa andare avanti e far funzionare una macchina che non è una Skoda ma più un Mercedes. E allora largo a Birra Moretti e Lavazza che fanno spina dorsale, ma spazio anche a Baladin e Birra del Borgo che sono i preziosi ossicini... Fin qui, secondo me, non fa una piega il progetto visto che già al Lingotto la birra alla spina era di Forst e non, che so, del Bidu. E' un progetto commerciale che però fa bene anche ai piccoli e allora tanto di guadagnato. Quello che stona semmai è l'aura di santità che circonda sempre e comunque quello che fa Slow Food e Farinetti, almeno fino alla nascita di Eataly New York. E' come se la gente avesse aperto gli occhi improvvisamente. Al Salone del Gusto io ho sempre visto pastifici enormi e nessuno ha mai messo in discussione la loro presenza. Strano no? Se si vuole contestare radicalmente l'operazione Farinetti e Birra Moretti perchè il Baffo è industriale e ormai in mano olandese, si deve farlo, appunto radicalmente, fino alle estreme conseguenze. Ovvero, visto che a Eataly Grande Mela ci sta anche un birraio americano perché non un birraio olandese (forse siamo tutti un po' italiani dentro). E ancora, se si vuole tanto parlare di artigianalità, di terra, di microproduzioni, di qualità, perchè diavolo esportiamo le birre artigianali negli Usa su aerei che contribuiscono a inquinare il pianeta? Perché dobbiamo mangiarci i nostri peperoni e non quelli, che so, del Perù e poi spediamo mozzarelle per ogni dove? Autarchia, ci vuole. Ognuno si mangia e si beve quello che si produce nell'arco, facciamo, di cento kilometri. E basta. Ma considerato che l'export alimentare pesa parecchio sulle sorti economiche del nostro strampalato Paese, forse è meglio di no. Forse è meglio continuare a esportare mozzarelle e caffè, pasta e birra. E allora, scusate, un applauso per Farinetti. Che magari non ci salverà dal male, ma dal fallimento forse sì.