27 luglio 2008

Message in a bottle


Alé, è fatta... Domani si parte e per circa dieci giorni il portatile sarà spento e il cellulare altrettanto. La mia vacanza estiva è all'insegna della dissolvenza. Ovvero sparire, staccare, decongestionare il cervello dal troppo lavoro e dalle numerosissime parole inutili ascoltate, lette e, qualche volta, scritte. Negli ultimi tempi il blog ne ha risentito, ma ho letto tutti i commenti e ringrazio davvero tutti uno per uno, se non altro perché ogni tanto, anche se gli aggiornamenti sono scarsi, passate di qua a farvi un giro... Tra una serata Affligem in Toscana e un viaggio alla scoperta del Cognac, questi sono stati mesi di duro lavoro... Ma il mio settore, dopotutto, mi piace. Certo ogni tanto qualche incazzatura ci sta, ma credo che sia così per tutti, in modo particolare quando leggo vere e proprie farneticazioni, sproloqui da guru e pseudo-guru del mangia e bevi, stillicidi di mail e messaggi su forum (il che mi fa sospettare che ci siano dei lavori che lasciano enorme tempo libero a tali protagonisti del dibattito gratuito via internet), giudizi sommari e fucilazioni pubbliche... Con il contraltare di pochissima umiltà, quasi nulla ironia e totale, quasi un vuoto cosmico, autoironia. Anche per me parlare di vino, di birra e di alimentare in genere è una cosa seria, anzi credo soprattutto per quelli come me che ci campano "sia una cosa seria", ma i toni apocalittici, le scomuniche, gli insulti mi danno ultimamente il voltastomaco....
Ergo, la dissolvenza. Dieci giorni dieci, più o meno, e poi si riparte con il lavoro. Bevete delle buone birre ovvero, in ultima analisi, quelle che vi piacciono davvero....

7 luglio 2008

Una birra buona e giusta


Titolo "petriniano", nel senso di CarloSlowFood, per questo rapido post scritto di getto dopo aver provato un paio di Birra Dolomiti, la nuova creatura voluta dalla, a me assai cara, Birreria Pedavena. La birreria mi è cara perché sosta eletta sul percorso che mi porta tra le montagne dell'Agordino che frequento da ormai trent'anni (oddio, 'sta cosa fa molto "Vecchio dell'Alpe") e mi è cara perché sarebbe stata una vera tristezza vederla chiudere i battenti per sempre. Il posto è rigenerante, meta allo stesso tempo di motociclisti in pelle nera e tenere famigliole in gita domenicale, una conferma che la birra sa unire anziché dividere, e poi la Centenario l'ho sempre gradita molto... Ma il merito di questa nuova produzione è quello di utilizzare l'acqua dei monti delle vicinanze, con l'orzo nuovamente coltivato nel Parco delle Dolomiti Bellunesi. Nuovamente perché, in realtà, l'orzo si coltivava da sempre nei paraggi anche perché la saggezza contadina aveva fatto comprendere che questo cereale, e non il frumento, meglio si prestava al terreno e al clima delle Prealpi. Tuttavia il dio commercio si era imposto con probabili vantaggi iniziali ma successiva, logica, crisi. Oggi invece la birra in questione è sinonimo di un progetto intelligente, rivolto a riqualificare il territorio e, soprattutto, l'attività umana in una logica imprenditoriale che non snaturi la vocazione locale. Un bel giro di parole per dire che si possono fare delle cose sensate senza dover ricorrere a progetti faraonici... La birra, del resto, non è niente male: un bel corpo equilibrato, i giusti profumi, una bevibilità piacevole. A pensarci bene, la prossima volta in quel di Pedavena, potrei anche tradire la mia Centenario... Per rendere il prodotto completamente italico manca allora solo il luppolo; la strada presa è quella buona, ancora un piccolo sforzo e ci siamo... Come direbbero gli inglesi: support your local brewery!

1 luglio 2008

Sì, viaggiare...


Una delle cose più invidiate dai miei amici non di settore, al secondo posto dopo la ferrea convinzione che io trascorra la maggior parte delle mie giornate bevendo gratis, è il viaggio stampa. Leggenda vuole che i giornalisti scorrazzino come cavallette impazzite lungo tutta la Penisola sorseggiando vini autoctoni e non, masticando produzioni casearie rare e sostando con occhio languido nei pressi di una Berkel. Oppure, sempre aggratis, cenando in ristoranti Michelin per poi stramazzare un po' inebetiti a bordo piscina o sotto i massaggi di una girl asiatica da sogno. Non escludo che per qualche collega possa anche essere così. Ma non sempre e non tutti. Capita invece di essere coinvolti in una fiera locale, magnificata dagli organizzatori come uno scrigno ancora da aprire, e ritrovarsi poi tra stand di istituti di bellezza, banche regionali, produttori di pannelli solari e via di questo passo... Niente da dire su queste encomiabili attività, ma per un giornalista enogastronomico quale mi ritengo ancora di essere, è davvero poco... Se ci aggiungiamo una sfilza di proclami, da parte delle autorità politiche, dall'onorevole di turno al consigliere di quartiere, benedizioni ecclesiastiche, riflessioni di funzionari regionali, tutti rivolti all'ormai quasi stantio motto "valorizziamo il territorio" e poi il territorio non te lo fanno praticamente vedere perché ti coinvolgono in degustazioni a tavolino organizzate in strategica quanto drammatica concomitanza. Beh, ci sarebbe da aprire un bel dibattito.... Come si valorizza un territorio se le visite nelle aziende del territorio stesso sono previste durante l'assaggio dei vini in concorso? Perché si devono ascoltare ore di parole al vento e poi, alla verifica dei fatti, il tutto sembra un bel buco nell'acqua? Quattro produttori di vino fanno una fiera? Se è così, aspettiamoci di assistere e di essere invitati a fiere ogni giorno... Io apprezzo la buona volontà, ma di questi tempi i risultati, e anche i metodi, devono sempre giustificare i costi... Altrimenti.... Però, una cosa la devo ammettere, in quattro giorni di fiera a bordo piscina ci sono stato una mezz'ora buona. Cavoli, adesso sì che mi sento un uomo da invidiare....