28 ottobre 2008

Siamo tutti "beer snob"?




Prendo spunto da un interessante commento del sempre interessante Kelablu direttamente dal Salone del Gusto di Torino che, ahimé, ho dovuto saltare questa volta. Alla pagina http://blog.gamberorosso.it/kelablu/node/1187 l'autore riporta il commento di un visitatore appena riemerso dallo spazio birre artigianali che riporto fedelmente: "Uff che caldo, c'è troppa gente, e questi sono tutti snob". Evidentemente riferito ai produttori, e forse pure ai consumatori, di birra artigianale. In effetti, da un po' di tempo a questa parte, anche a me pare che il virus dei "gran sacerdoti del vino" ovvero di quelli che sono prontissimi a pontificare, denunciare, fucilare a parole chiunque non sia acceso dal sacro fuoco dell'artigianalità (parola sulla quale oggi andrebbe aperto un dibattito serio e approfondito perché spesso si rivela cortina fumogena abusata e vilipesa), si sia esteso alla comunità dei "birrofili". Il rischio è quello di essere visti, almeno da fuori, come una sorta di "chiesa" con tanto di pontefice massimo, clan di cardinali e folla urlante e pronta a mettere al rogo i presunti eretici o miscredenti. Sia chiaro, non è mia intenzione proporre l'adozione della filosofia qualunquista del "vivi e lascia vivere" ma lo spazio alla critica, e anche all'autocritica, mi sembra si stia riducendo con il rischio di arrivare a una forma di paranoia mentale. La stessa che ogni tanto si respira, da molto più tempo, nel mondo del vino e che ha portato a note prese per il culo (su tutti un fantastico Albanese) che poi possono sfociare in, questo sì, qualunquismo di rigetto, per cui è buono ciò che piace e chissenefrega del parere del presunto esperto di turno. Che spesso invece di educare con la cortesia dovuta a un argomento che sarà importante ma non vitale, spara sentenze inappellabili e giudizi sommari. Ho sempre in mente il, per me, mitico Colonna del Macche di Roma. Uno che potrebbe avere tutte le ragioni di tirarsela all'infinito e che invece propone le sue birre, quasi sempre sconosciute ai più, con garbo e rispetto. Senza far sentire il cliente profano come un idiota da circo. E il risultato è che l'idiota, pardon il cliente profano, quella birra poi la beve, la comprende. E spesso e volentieri, gli piace pure.

27 ottobre 2008

Dove osano le aquile


Tre giorni ad Amsterdam davvero vissuti con grande godimento. Un po' perché la città è sempre affascinante, un po' perché andare sul posto, vivere le esperienze e poi scriverne dovrebbe essere sempre la norma e non, come purtroppo capita, l'eccezione. Così dopo infinite peregrinazioni a piedi tra un ponte e l'altro, abbiamo incocciato, volutamente s'intende, in un gioiellino di locale birrario da non perdere. Si tratta del quasi impronunciabile, come la maggior parte delle parole in olandese, Biercafé 't Arendsnest (Herengracht 90, http://www.arendsnest.nl/) ovvero il "nido delle aquile". Locale piccolino, ma ricchissimo e unico nel suo genere in città perché specializzato esclusivamente in birre olandesi. Mi spiego: ad Amsterdam ogni passo che fai trovi un posto abbastanza decente dove bere una birra, spesso è anche più che decente, quasi fantastico paragonato ai canoni standard italiani, ma le birre belghe spadroneggiano in lungo e in largo e tranne i grandi marchi olandesi (Heineken, Bavaria e Grolsch) ci si ritrova spesso a bere trappiste e abbaziali dei cugini meridionali. Al 't Arendsnest invece ci sono di norma circa 350 specialità rigorosamente della Madre Patria e il titolare si fa orgoglio di avere sempre a disposizione almeno una birra per ogni birreria olandese. C'è di che perdere, insomma, la testa e si scopre che gli olandesi fanno birre entusiasmanti come la Snab Pale Ale. Robin Brilleman, qui nella foto, è un appassionato estimatore, anche di whisky e distillati, e sa davvero il fatto suo. La foto incorniciata in parete di Michael Jackson in visita al locale, vale infine più di mille adesivi guidaroli piazzati in vetrina.

16 ottobre 2008

I love Beer


Tempo di annunci, da qualche mese a questa parte.... Prima l'Ais di cui ho faticosamente conquistato il tastevin, poi la Guida di Identità Golose e infine il primo numero, ma si sta lavorando alacremente al secondo, di I love Beer, magazine birrario di Heineken Italia nel quale ricopro il ruolo di consulente editoriale. Il primo numero di qualsiasi cosa è come sempre suscettibile di miglioramenti, ne sono consapevole, per cui mi sembrerebbe ingeneroso voler tracciare già un bilancio. Tuttavia l'idea del magazine è quella sicuramente orientata al marketing del più grande operatore italiano del settore ma anche, e basta darsi la pena di leggerlo, comunicare pillole di cultura del prodotto da tanti angoli di visuale. Che Heineken sia il big seller di lager nel nostro Paese non deve nascondere il fatto che ha, in gamma, una serie notevolissima di grandi birre da me, e credo da molti, assai amate: dall'Orval alla Westmalle Tripel, dalla Duchesse de Bourgogne alla Saison Dupont, dalla Duvel alla Rochefort 8. Ci sono sezioni dedicate all'assaggio guidato di una specialità, altre di approfondimento dei grandi marchi della famiglia e altre ancora dedicate all'incontro di personaggi che non sono puramente birrari ma che hanno scoperto le potenzialità della birra stessa. Io sono soddisfatto e soprattutto motivato per quest'avventura, a prescindere da quanto possa durare e in primo luogo la considero un'occasione di crescita professionale. Il che, in questi tempi grami di riconoscimenti, non è poco.

15 ottobre 2008

Cara la vita, eh...


Serata informale quella di due giorni fa, di quelle che avvengono troppo di rado in questa Milano che offre di tutto ma ti concede il tempo per goderti poco o nulla. Però, quando una coppia di amici ci hanno chiesto dove andare a bere una buona birra e fare due chiacchiere tranquilli abbiamo risposto a colpo sicuro: l'HOP davanti alla bella rotonda della Besana. Scelta azzeccata senza dubbio per il range di birre (peccato però di non aver trovato l'H10OP5 del Bidu), ma infelice per prezzi e servizio. Mi duole dirlo, ma se nella carta delle birre scrivi che prima delle 20,30 si paga la media 4 euro e dopo le 20,30 la si paga 5 euro (le cifre sono indicative non le ricordo a memoria), io apprezzo l'incentivo. Poi però, a scontrino battuto alle 20,28, mi trovo la cifra di 5 euro. E resto perplesso.... In fondo cosa sono due minuti, potrei dire io ma potrebbe dire anche il titolare... Vero, è questione di punti di vista, ma chi è che ha scritto la carta delle birre? Io o il titolare? Comunque fin qui si abbozza e si tira avanti, in Italia lo sport dell'abbozzare e tirare avanti ha più praticanti del calcio e della pallavolo messi insieme. Poi però arriva l'ordine al tavolo ovvero la Specialità 2 che consiste in salsiccette, i famosi wurstel di Norimberga che sono i più piccoli di tutta la Germania, con crauti, etc... Costo: 9,30 euro. Vabbé, direte voi e vabbé ho detto anche io. Ma quando le salsiccette, grandi quanto il mio dito medio e non pensate che io voglia mandare in quel posto nessuno, sono solo quattro (4) e i crauti sono un cucchiaio da minestra, ma raso, io mi sento leggermente turlupinato. Ancora di più quando il resto del piatto contiene nell'ordine: un cucchiaio di senape, un po' di pomodori tagliati a cubetti e un'abbondante manciata di insalata triste perfetta solo se sei un coniglio appena scappato dal laboratorio di ricerche.
Insomma, un'esperienza davvero triste. Anche perché, ma è solo un'illazione, le "Norimberghe" mi ricordano tanto quelle che si comprano, prezzo popolare, al Lidl. Magari mi sbaglio, ma anche se fosse.... all'Hop per un po' non mi vedono.