24 aprile 2007

I sondaggi sono un'opinione



Mi capita sempre più spesso di ricevere comunicazioni relative alla proclamazione dai dieci migliori ristoranti del mondo oppure dei dieci migliori vini, dei dieci migliori chef e via dicendo. A volte sono dieci, a volte sono cento. Poco importa. Le leggo con crescente perplessità e distacco. Le stesse comunicazioni infatti mi raccontano di vaste giurie di giornalisti ed esperti che si sono impegnate nello stilare pareri e decretare giudizi e, immagino, di valenti esperti informatici che hanno passato intere nottate a elaborare classifiche. Mai nessuno che fa nomi e cognomi di chi ha veramente votato. Mi ricordo bene di una rivista che quasi ogni anno annunciava una classifica stellare spiegando di aver coinvolto centinaia, a volte anche più di un migliaio, dei soliti esperti e giornalisti (ma quante volte voteranno in un anno?) di tutto il mondo. Il titolo era sempre più o meno questo: ".... oltre tremila esperti hanno eletto...". Esasperante. Soprattutto perchè a essere coinvolti erano veramente i tremila e rotti esperti, ma a rispondere erano sempre la stessa manciata di "grafomani sondaggisti", quelli che probabilmente si fanno tutti i test estivi sotto l'ombrellone. L'importante è barrare caselle... E allora si capisce che un conto è dire "oltre tremila esperti hanno eletto" (wow!) e un altro è spiegare "una settantina di amici ci hanno risposto e hanno detto che..." (sigh!). Così mi sono deciso e anche io mi sono fatto il mio bel sondaggino e sono lieto, anzi di più orgoglioso, anzi commosso, di poter dire che "... oltre trecento esperti hanno eletto..." il sottoscritto come miglior giornalista dell'anno! Niente male eh? Ok, d'accordo, si deve essere sinceri se si vuole andare in Paradiso.... Ho mandato la domanda-sondaggio "Chi è il miglior giornalista dell'anno?" a tutti i miei contatti mail, oltre trecento. Mi ha risposto solo mia madre: "Sei tu tesoro". Non vale? Come non vale.... Non è il risultato quello che conta?

3 aprile 2007

Saloni e Soloni


In attesa che il mio cervello completi il deposito del nugolo di informazioni e sensazioni imbarcate alla quarantunesima edizione di Vinitaly, provo a dare il via libera alle mie dita, impazienti di battere sulla tastiera, spero in un ordine logico, qualcosina sul recente Salone della birra artigianale e di qualità di Milano. Non è mia intenzione dilungarmi troppo sugli esiti di una seconda edizione che comunque mi sembra essere andata meglio della prima. Di birra se ne è venduta parecchio, e di questo non ho sentito nessun produttore lamentarsi, e per qualcuno ci sono stati anche i contatti commerciali tanto agognati. Beh, qui una sottolineatura ci vuole. I contatti commerciali, sempre invocati come l'apparizione del sangue di San Gennaro sembra anche che si debbano ottenere senza dover muovere un dito. Mi spiego meglio. Il ragionamento è il seguente: io faccio una birra eccezionale, sono costretto a pagare per partecipare a una fiera, mi aspetto almeno che arrivino ristoratori, gestori e distributori a frotte! Se non arrivano, iniziano gli ululati e le recriminazioni...
Il problema è che di fiere, non dico di birra ma in generale di enogastronomia, ce ne sono ormai un sacco, praticamente ogni weekend, i ristoratori o i distributori sono letteralmente bombardati da inviti (anche i giornalisti, ma di loro chisenefrega), di produttori veri o finti artigianali la Penisola è piena, di prodotti tipici ne abbiamo migliaia e ogni anno probabilmente se ne scoprono addirittura di nuovi. Ergo, per vedere i ristoratori si deve sgomitare cioè non basta più andare in fiera, ma si devono fare inviti, mandare promemoria del tipo "ehi ragazzi sono a Milano questo fine settimana, venite a trovarmi..." (vabbé, magari un po' più professionali). Ma aprire il banchetto e aspettare non basta più. Certo, tutto questo discorso ha senso sempre che li si voglia trovare davvero, i ristoratori o i distributori....
Altra cosa, che tra l'altro motiva il titolo di questo post. Ho capito finalmente che gli argomenti in Italia di cui tutti si sentono in grado non solo di parlare, ma di emettere vere e proprie sentenze in stile "Santa Inquisizione", non sono due, ovvero calcio e politica, ma anche l'enogastronomia in senso lato. Io il calcio l'ho sempre evitato (trovo idiota pagare gente più pagata di me per vederli giocare a palla....), la politica l'ho abbandonata e mi ero rifugiato nell'enogastronomia... Ora, perché devono venire a rompere pure qui? Vabbé che tutti mangiamo e beviamo, ma darsi un po' una calmata non guasterebbe. Invece ecco il "profeta del vino", il "papa della birra", "il re dei ristoranti" e via di questo passo... Mi aspetto anche "il sacerdote dei formaggi", "il dalai lama dei salumi", "il principe degli asparagi" e "il moghul dei gelati".... Tutti a giudicare, poi tutti di corsa a criticare gli altri in una logica perversa che ti dice "attacca il tuo prossimo con violenza e diventerai qualcuno" (Sgarbi docet). Il tutto in un trionfo di retorica, vanagloria e ridicolaggine... Io lo trovo quantomeno deprimente, ma ho deciso di adeguarmi così, d'ora in avanti, per tutti sarò il Mahatma (Grande Anima) della Stout... Olé.