26 ottobre 2009

Il Big Bang della birra italiana?


Ho dato, ahimé, buca al Milano Whisky Festival e ne provo ancora rimorso. In compenso sabato mattina, pur ingannato dalla bastardissima sveglia del mio cellulare che non ha suonato, mi sono fiondato in quel di Pombia per seguire, per la prima volta nella mia vita, l'annuale convegno che in qualche modo celebra la scoperta del famoso, almeno dovrebbe essere tale, bicchiere in argilla contenente resti di pollini di cereali e di luppolo trovato nella tomba identificata 11/95 di un'antica necropoli pombiese databile attorno al VI secolo avanti Cristo. Una testimonianza importante, che certifica la presenza di una cultura brassicola in pianura padana prima che vi arrivassero i Romani e che getta una nuova luce sull'Italia "Paese del vino". Il tema del convegno di quest'anno aveva però a che fare con un'altra bevanda fermentata dal sapore antico, ovvero l'idromele. Tra i relatori il soprintendente per i Beni Archeologici della Liguria, Filippo Maria Gambari, Davide Bertinotti, che ha avuto il merito aggiuntivo di aver preparato una birra al miele, il "mitico" Tullio Zangrando, la ricercatrice Sabina Rossi e Franco Thedy, patron di Birra Menabrea (li vedete tutti nella foto). Sono rimasto affascinato da Gambari e le sue parole su tombe celtiche e usanze antiche, non per niente mi sono sciroppato in età adolescenziale Il Signore degli Anelli, divertito dagli aneddoti di Zangrando, ancora una volta stupefatto dalla competenza di Davide e infine intrigato dal lavoro meticoloso della dottoressa Rossi. Su tutto comunque, mi rimane in testa quel bicchiere d'argilla, un vasetto in realtà, che ho anche comprato (una replica ovviamente).

21 ottobre 2009

Ultimi assaggi...


Visto che passo la maggior parte del mio tempo ammanettato al notebook tentando di accontentare gli editori che mi rincorrono per gli articoli, editori che a mia volta poi devo rincorrere per i pagamenti, spezzo il ritmo stappando qualche birra e godendomela senza tante paturnie descrittive. La birra mi piace e, raggiunta una certa quantità, mi rende più fluida la scrittura e più chiara la mente. Detto questo vado a memoria sulle ultime birre che mi hanno piacevolmente impressionato e che, a dirla tutta, mi dispiace di aver terminato. Al primo posto ecco allora la Utopia 2009 prodotta in collaborazione tra il Bi-Du e il Troll, con miele di rododendro firmato Thun. Tanto di cappello a Dano e Beppe: profumi avvolgenti e fruttati, perfetto equilibrio in bocca, una birra goduriosa per la quale avrei francamente strizzato il vetro vuoto cercando di carpirne l'ultima goccia. Ho anche tirato il collo alle due irlandesi dell'isola di Aran ovvero la Rùa e la Bàn della Arainn Mhòr Brewing Company. Le avevo esportate dall'ultimo blitz a Dublino e le ho trovate gradevoli e non impegnative, abbastanza almeno da giustificarne il passaggio in valigia. Più che discreta infine la Gotha dell'Hibu, che sto bevendo adesso, per la struttura e il finale che ricorda la liquirizia dolce. Il tenore alcolico a quest'ora del giorno lo avverto pertanto torno rapidamente a scrivere quello per cui mi pagano. Forse.

9 ottobre 2009

Amor di Borgotaro


Sarò per sempre debitore a due miei cari amici, Giacomo e Marika, per questa scoperta dolce fatta a Borgotaro, provincia di Parma, dove i funghi porcini regnano sovrani. In misura tale da far dimenticare tutto il resto... Ma dopo una cena che avrebbe fatto scappare a gambe levate Jane Fonda, un peccato trent'anni fa ma oggi più che accettabile, ho avuto modo di azzannare una pasta dolce chiamata Amor e composta da due sottili cialde di wafer ripiene di una crema burrosa da svenimento. Qualche ricerca in rete e ho scoperto gli ingredienti del ripieno ovvero burro, zucchero, uova, farina, latte e mandorle tritate. Una goduria senza se e senza ma. Ne avrei fatto fuori un vassoio anche a costo di sentire il mio colesterolo saltare l'ostacolo dell'umana tollerabilità. Restringimento delle arterie a parte, l'Amor sembra essere di importazione svizzera (come le Ricola) e borgotarese solo d'adozione. Ma chissenefrega, è un dolcetto superlativo. Tanto inoffensivo alla vista e per le dimensioni, quanto in grado di dare assuefazione al primo morso. Di questi tempi, poi, c'è bisogno più che mai di dolcezza.

1 ottobre 2009

Benvenuto Torrone


Un paio di settimane fa ho accettato di fare un educational un po' fuori dai soliti giri, che sono più o meno tutti all'insegna delle bevande alcoliche e, con Valentina, ho fatto rotta per Cremona, patria del violino e del torrone. Ho accettato in primo luogo perché chi mi ha invitato è un buon amico e in seconda battuta perché, fin dall'infanzia, il torrone era per me il dolce più significativo del Natale. Da rosicchiare con la pazienza di Giobbe o da riempirsi le guance come un criceto, andava bene tutto. Mandorle o nocciole, ricoperto di cioccolato o tradizionale. A me, il torrone è sempre piaciuto fin troppo. Come mi ha sempre detto il mio dentista. Ma tra una visita all'azienda Rivoltini, artigianale modello zia-buona-molto-ben-organizzata, e alla Sperlari, formulauno profumata al miele e alle mandorle, ho semplicemente perso la testa. Ho agguantato dove ho potuto, ho annusato fino a intasarmi gli alveoli (sempre meglio che le mie maledette Camel comunque) e mi è sembrato di tornare infante ovvero quando sognavo, come in un racconto di Calvino (se non sbaglio...), di restare chiuso per una notte in una pasticceria.

Emozioni a parte, ho scoperto che di varianti il torrone è ormai ricco. Quelli già detti va bene, ma si fanno torroni con pistacchi, castagne, i canditi della cassata siciliana, aromatizzati al limoncello, con la panna cotta, con il nocino e via di dolcezze caloriche ma, ammettiamolo, consolatorie come mai di questi tempi. A Cremona il torrone va in scena a metà novembre circa (http://www.festadeltorronecremona.it/), per una manifestazione di piazza che l'anno scorso ha visto passare circa 100 mila persone per sgranocchiarsi in letizia torroni cremonesi, ma anche sardi, veneti, piemontesi, siciliani, calabresi, campani e spagnoli. Credo di essermi fatto prendere un po' la mano perché, tra un morso e l'altro, ho pensato che sarebbe una bella cosa dare da bere a tutti i torronedipendenti d'Italia e perché non provare con la birra artigianale... Ma quali birre abbinare ai diversi torroni che, pur giocando molto sull'ingrediente fondamentale che è il miele, offrono sensazioni diverse a seconda delle diverse declinazioni? Qualche suggerimento? Qualche birraio interessato a raccogliere una sfida che, male che vada, comporta assaggiare del buon torrone? E visitare Cremona, che è una gran bella cittadina. E suonare uno Stradivari al chiar di luna. No, quello non ve lo faranno fare. A meno che non sia di torrone pure quello.