24 febbraio 2010

Satellite Birra


Un unico giorno dedicato a Pianeta Birra è davvero poco per esprimere un giudizio definitivo. Lo dico come premessa perché non vorrei passare per l'inquisitore di turno che spara sentenze senza avere una conoscenza approfondita dell'argomento (attività molto in voga nella rete...). Tuttavia dopo tanti anni di frequentazione riminese è difficile non accorgersi dei cambiamenti radicali in quella che era una volta la manifestazione principale, e imperdibile, del settore birrario nel suo complesso. Spariti i grandi gruppi, ormai forti del loro network distributivo, la fiera per operatori è diventata un accampamento riservato agli artigiani italiani, a qualche media azienda tedesca e al distributore-importatore Interbrau che sembra avviarsi sulla strada del "re dei piccoli". Di per sé la cosa non è triste (per rispondere al commento di Stefano) perché Rimini è sempre stata un'occasione di incontro, di amici che rivedi con grande piacere, di spunti giornalistici interessanti (da birrifici e birre da scoprire a temi caldi come il disciplinare Mobi sulle etichette che mi sembra un'iniziativa intelligente e meritevole di spazio sulla carta stampata di settore). Per cui, Rimini è ancora una fiera da non perdere. Tuttavia non si può negare che la sua rappresentatività è ormai ridotta ai minimi termini. Almeno dal mio punto di vista che è quello di uno che si deve occupare del mercato birrario italiano, delle sue prospettive, della sua evoluzione. Una fiera che mi rappresenta il 2% del mercato è una fiera senza senso, da "divieto di sosta", tanto per riprendere la foto qui sopra. Mancano del tutto gli interlocutori, oltre alle minigonne delle standiste, motivo per cui la maggior parte dei giornalisti si è autodirottato al Mia (nel quale io non ho mai messo piede, ma non è un vanto...). Insomma, più che Pianeta Birra, Satellite Birra. Per molte cose simile ad altre fiere o festival della birra che ci sono in giro per l'Italia. Certo a Rimini l'albergo lo trovi anche il giorno prima, una bella commodity pensando che per Vinitaly la prenotazione va fatta con mesi d'anticipo altrimenti ti ritrovi in una camera vista lago di Garda. Ma è questo il plus che fa una grande fiera? Lo spazio artigianale, quello che ho girato maggiormente, mi è piaciuto (a parte la benedetta sala degli incontri) ma vorrei sapere quanti contatti "utili" sono stati fatti dai produttori... Qualcuno è stato abbastanza positivo ma altri mi hanno semplicemente risposto che Rimini è bella, che ci sono affezionati, che si spende poco, che si rivedono gli amici.... Tutto fantastico, ma questo fa crescere il settore o, più biecamente, la loro attività? Io me lo chiedo...

23 febbraio 2010

La prima volta


La prima volta che scendo a Rimini in treno. La prima volta che vado e torno in giornata. La prima volta che resto basito vedendo che la fiera si è "accorciata" fisicamente. La prima volta che non devo scrivere nessun articolo per nessuna rivista. La prima volta che i miei colleghi in sala stampa mi dicono: "siamo qui più per il Mia". La prima volta che Pianeta Birra mi sembra l'Interbrau Beer Festival. La prima volta che vedo uno stand dove la birra la devi pagare. La prima volta che un convegno con personaggi famosi della scena birraria internazionale più un giornalista profondo conoscitore della birra italiana (sic), salta per totale assenza di pubblico. La prima volta che trovo l'immagine "istituzionale" (quella nella foto) davvero orrenda. La prima volta che vedo lo stand di Villacher affollato. E' proprio vero. C'è un prima volta per tutto.

18 febbraio 2010

La patatina tira...



Prendo spunto da una recente Notizia del giorno, newsletter quotidiana di Paolo Massobrio, dove viene riportato un commento poco lusinghiero di Aldo Grasso all'apparizione di Gianfranco Vissani quale testimonial di una linea di patatine "gourmet". Tanto per intenderci, di quelle fritte e insacchettate. La cosa mi ha prima di tutto fatto tornare in mente una foto (eccola) che avevo fatto un paio d'anni fa, o forse tre, in un bar tabacchi di Siviglia. Le patatine, quella volta, le "certificava" nientepopodimeno che Ferran Adrià, ovvero la leggenda della cucina iberica e più volte consacrato miglior chef del mondo.

13 febbraio 2010

Cenare al Lambrate


L'ultima volta al Lambrate è stato un paio di settimane fa, più o meno, per la presentazione pubblica della nuova Imperial Ghisa, al debutto ufficiale dopo un anno di maturazione. Gran cerimoniere il solito, sempre brillante, Kuaska per una birra che mi ha convinto davvero parecchio. Bassa fermentazione, quasi 100 Ibu, prevedibili note di caffè e di liquirizia, ma anche prugna e (considerazione molto personale) quel profumo che avverto quando cucino alla piastra il radicchio rosso tardivo di Treviso. In bocca molto morbida e, per i suoi 8,5% vol, davvero scorrevole. Ma se il Lambrate ultimamente mi sembra non stia più sbagliando una mossa (ottima l'Ortiga e meravigliosa la Ligera) non ero "pronto" per l'agnello preparato per l'occasione da Davide Danko Sangiorgi in collaborazione con un amico di cui non ricordo più, sorry, il nome. Beh, quello in primo piano nella foto è stato l'agnello più fantasticamente buono che mi sia capitato di assaggiare negli ultimi due anni (tour dei ristoranti dell'Alpago - dove un eccellente agnello è di casa - inclusi). Cottura perfetta, morbido al punto giusto e godurioso in tutto e per tutto. Per un paio di giorni mi sono tenuto in tasca l'anice stellato come promemoria.
Ieri poi sono tornato al Lambrate con amici. Ho capito che l'agnello era una special guest (ma spero davvero di essere smentito), però lo stinco che me lo ha sostituito non lo ha fatto troppo rimpiangere. Insomma, a parte i timpani seriamente compromessi dopo due ore di full immersion nel brewpub, devo dire che la cucina del Lambrate mi ha favorevolmente impressionato. Per quello che ho provato, ovvio. Ma è stato bello capire che oltre sulle birre, la tribù, come la chiama Kuaska, sta crescendo anche sul versante gastronomico. D'ora in poi, si potrà smettere di vivere di solo happy hour...

10 febbraio 2010

Mi chiamo Name, Nick Name


Che cosa fantastica la rete. Internet intendo, ovviamente. Per me che ormai vivo nel panico degli scaffali stracolmi di libri in procinto di crollare e seppellirmi, il magico mondo del web è una costante tentazione. Blog, siti, forum e wikipedia: basta un pc, ti colleghi e via. Risolvendo tutti i tuoi problemi di spazio. Cerchi un informazione e la trovi. Trovi spesso anche il suo contrario, a dire il vero. Ma vuoi mettere? E' democrazia allo stato puro, stupefacente nel senso tossicologico del termine. Chiunque può dire la sua, senza limiti, senza regole, senza conseguenze (quasi sempre). E poi soddisfa la sottile, ma nemmeno tanto, voglia di protagonismo che c'è in ognuno di noi. Meglio di lei c'è solo la televisione, ma quella evidentemente è per pochi, raccomandati o bionde siliconate. La rete invece non fa differenze e accetta tutti come nemmeno l'arca di Noè. Trovati un argomento e spara la tua opinione www. E se ti va metterti addosso un'aura da castigamatti ti puoi pure scegliere un bel nickname, coprirti di mistero e lanciarti nella nobile arte del giudizio apocalittico. Davvero fantastico. Tutto merito della buonanima di Andy Warhol che profetizzò dieci minuti di celebrità per tutti. E tutti quanti lo abbiamo preso in parola. Me compreso, naturalmente. Però, perché c'è un però, se c'è proprio una cosa che trovo insopportabile della rete è questo utilizzo del nickname. Ok per quelli che ormai sono più conosciuti per il nick che con il proprio nome (gli esempi non mancano), ma perchè diavolo tutti gli altri devono nascondersi dietro un soprannome? Abuso di letture di supereroi Marvel da piccoli? Per non parlare poi dei commenti anonimi... In realtà questo sembrerebbe contraddire la mia teoria del desiderio di protagonismo, ma in realtà no, perché il desiderio di protagonismo si ammanta, dietro il nick, di una discreta perversione. Con il nick, insomma, la libertà di pensiero assume sfumature onanistiche. Comunque, sono convinto che il mio sia solo un nuotare controcorrente su un fiume sbarrato da una diga. Faticoso e pure inutile.

8 febbraio 2010

Di corsa...


Ho mollato questo blog al suo destino per più di un mese e quasi non mi ricordavo più la mia password d'accesso. Che devo fare. Quando inizio a pensare che sia solo una perdita di tempo, arriva qualcuno che mi sprona a scrivere, ma in questo periodo manca proprio il tempo necessario. E non solo per questioni lavorative. Tuttavia alcune cose che posso scrivere qui non potrei pubblicarle da nessuna altra parte per cui prometto di riprendere con una certa frequenza (sicuramente non quotidiana comunque...). Avrei alcuni libri da consigliare, qualche serata birraria da raccontare, molte opinioni da esprimere perché, lo ammetto, quello della birra artigianale è un mondo sempre pieno di sorprese (qualcuna poco piacevole). Poi è in vista l'appuntamento riminese ovvero "Satellite Birra", chiamarlo Pianeta mi sembra davvero troppo, dove sarà rappresentato ancora una volta il 2% circa del panorama birrario nazionale (alla faccia della rappresentatività) e allora non potrei davvero trattenermi. Oddio non voglio che pensiate che odio Rimini o la sua Fiera. Sono dodici anni ininterrotti che ci vado e i primi tempi ho lavorato come una bestia ma mi sono anche molto divertito. A ben pensarci, negli ultimi anni ho lavorato invece pochissimo ma forse mi sono divertito di più e allora, penserete voi, che mi lamento a fare? Il problema è che nella birra, bene o male, ci lavoro e a fine mese non posso solo contare le risate. Detto questo, non sono stato a Birra Nostra versione padovana, il primo anno di Rovigo era da mettersi a ridere in maniera isterica tanto il flop era assordante. Forse a Padova è andata meglio, ma 10-100-1000 fiere della birra faranno bene o male al settore? Ogni tanto me lo chiedo... Comunque segnatevi anche Birra e Dintorni dal 14 al 17 febbraio in quel di Erba (http://www.ristoexpo.com/), i birrifici sono una garanzia e il collega che l'organizza pure. Se non altro le occasioni non mancano. Tuttavia, ripeto, quanto siano utili in termini di contatto di lavoro (non solo insomma per dare da bere agli assetati) mi piacerebbe proprio saperlo. Ma forse ai birrifici basta anche questo: ovvero farsi conoscere, fare "cassetta" (come mi spiegava un birraio una volta) e ritrovarsi tutti insieme. Almeno per ora. E per ora, vi saluto. Soprattutto i 14 lettori fissi, ma pure i vari spammatori che stanno tenendomi informato su varie amenità: dalle pilloline blu che cambierebbero la mia vita a dove acquistare il miglior prosciutto iberico ('azz, adesso che l'ho citato mi sa che ritornano all'assalto...).