Vabbé, il titolo del post è un po' forzato perché volevo fare il paio con il precedente, ma nella foto, insieme ad Alessio Gatti del Birrificio Bruton, ci sono io davanti a una piccola platea di studenti della Facoltà di Scienze Gastronomiche a Pollenzo. Sto tenendo una "lezione" sull'argomento Birra & Giornalismo in un corso voluto e organizzato dagli stessi studenti. Questa cosa, raccontata con un po' di enfasi, ha reso in qualche modo orgogliosa pure mia madre, e non capitava da anni, che probabilmente non ha mai mandato giù il mio abbandono di Giurisprudenza a cinque esami dalla laurea. Poco male perchè la mattinata con i ragazzi di Pollenzo mi ha regalato sensazioni "strane": in primo luogo ho capito che sono definitivamente troppo anziano per fare lo studente; poi che spiegare trucchi del mestiere a gente che prima o poi potrebbe farmi le scarpe è decisamente autolesionistico. In realtà, mi è sembrato che la pattuglia di volenterosi fosse più interessata a comprendere il mercato e le prospettive della birra artigianale in Italia e che, tra loro, ci fossero più potenziali birrai che giornalisti di settore. Ma la conversazione mi è sembrata interessante, soprattutto per gli spunti che mi sono arrivati e che magari matureranno nella mia testa in qualche tempo. Anche questa è stata comunque la riprova che la birra artigianale è sempre più sugli scudi: se ne parla sempre più spesso, si moltiplicano le occasioni di incontro e di degustazione, la si trova nei ristoranti più blasonati. E' un gran bel momento, non c'è che dire... Eppure, chissà, a volte è proprio all'apice della festa che si verificano i primi scricchiolii, solo che nessuno li sente per il troppo rumore... Anche sul Titanic, in fondo, si ballava, no? Ogni giorno mi giungono notizie di nuovi impianti in produzione e nuove birre sul mercato, dopo la cavalleria degli esploratori stanno arrivando le legioni. E' un bene o un male? Forse entrambe le cose perchè a volte le masse si trasformano in slavina e dopo sarà più difficile distinguere i bravi dagli improvvisati. Forse lo è già. Per dirla insomma alla Arbore: vigilate, gente, vigilate...
19 maggio 2009
9 maggio 2009
Lezioni americane
Incontrare Garrett Oliver, brewmaster della Brooklyn Brewery di New York, e Sandro Vecchiato, amministratore delegato di Interbrau, non è stato il classico appuntamento di lavoro con intervista ovviamente connessa. O per lo meno, non solo. Del talentuoso birraio della Grande Mela avevo, come molti, sentito parlare a lungo, alcune sue birre le avevo assaggiate in Italia e all'estero, ma di lui non sapevo nulla dal punto di vista personale. Poteva essere un sussiegoso tizio consapevole della sua fama oppure un abbottonatissimo americano da cui cavare parole di bocca con la pinza. Invece, grazie a Dio, ho portato il registratore con me e ho inciso un vero e proprio fiume di parole intervallate da poche, brevi, domande. Garrett Oliver è indubbiamente un uomo di comunicazione, ma trasuda letteralmente una passione smodata per la birra, da quando ne è stato fulminato in Europa dove si trovava per lavoro. Passione indubbiamente, ma anche un approccio molto serio, quasi severo, verso l'arte brassicola. Questo, forse, la parte che mi ha colpito maggiormente di lui. La creatività lo affascina tanto quanto la competenza e quando gli ho chiesto cosa avrebbe suggerito a un giovane birraio alle prime armi, mi ha risposto che una delle prime cose da provare a fare bene è una pilsner. La competenza si acquisisce con il tempo e con la pratica, confrontandosi con i birrai più esperti. A un certo punto mi ha chiesto: "In Italia non avete un mastro birraio in pensione che possa trasferire il suo bagaglio tecnico ai giovani che vogliono imparare?". Uno, a dire il vero, ci sarebbe, ho risposto pensando a Tullio Zangrando, un maestro di modestia quanto di tecnica. Ma chissà cosa ne penserebbe Zangrando, già impegnato con Theresianer... Ma, al di là di questo, quanto pesa la fantasia e quanto la tecnica per far saltare fuori un bravo birraio? Forse è una domanda che vale la pena porsi, in un momento in cui in Italia nascono brewpub e microbirrifici come funghi dopo una pioggia autunnale...
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