19 maggio 2011

Il ritorno della bionda...

Titolo balengo, lo ammetto. Visto che sono anni che contesto l'uso della parola "bionda" in riferimento alla birra e devo aver letto decine e decine di articoli dal triste titolo tipo "Una bionda sotto l'ombrellone" e via di questo passo. Ma il titolo si spiega con la presentazione di questa mattina a Milano della ricerca commissionata da Assobirra e firmata Makno, una pratica annuale che solitamente precede la, per me, fondamentale pubblicazione dell'Annual Report e che serve per mettere in luce alcune tendenze o, come in questo caso, alcune conferme. Allora la notizia principale uscita dalla ricerca è che il 58,5% degli intervistati quando decidono di bere una birra la scelgono, 9 volte su 10, "bionda". In Italia, sempre secondo la ricerca, si consumano 15 milioni di ettolitri di birra chiara (in effetti è così che la chiamano in Assobirra) ovvero 25 dei 28 litri che sembrano essere il consumo medio pro capite. Inoltre sembra piacere soprattutto la chiara in bottiglia, tre quarti delle vendite, mentre alla spina resta solo il 15% e la lattina riveste il 10% finale.
Dannata "bionda"
Notizia che, onestamente e percentuali a parte, non mi sorprende più di tanto. Che lager e pils, o simil pils, dominino il mercato è un dato di fatto da quando Josef Groll decise di andare a Pilsen per vedere di risolvere i problemi. Che nell'immaginario collettivo la birra chiara sia la birra per eccellenza ci sta. E forse ci sta anche in queste percentuali. Che sono di tipo bulgaro quando in Bulgaria ci stava Ceausescu (che però stava in Romania, comunque il concetto è quello...) o, se preferite, di tipo socialista ai tempi di Craxi. Ma la cosa fa riflettere chi, e mi ci metto dentro anche io, è da qualche tempo che batte e ribatte sul chiodo dell'incredibile varietà di stili birrari, colori inclusi dunque, sulla ricchezza creativa che sta dietro il mondo delle birre, sull'originalità interpretativa dei piccoli produttori italiani, di quelli belgi e bla, bla, bla... Poi ecco che arriva questa ricerca ed ecco che siamo ancora alla birra chiara. Non ne faccio un dramma naturalmente, si può sopravvivere. Solo che quando leggo queste notizie mi chiedo quanto siano aderenti alla realtà dei fatti i successi dei microbirrifici, quanto la gente comune sappia di quello che in molti ambienti (giornali, web, forum e quant'altro) si da non solo per scontato, ma per ampiamente superato. Ovvero, in certi ambiti si spacca il capello, il luppolo forse, in quattro, si filosofeggia sul concetto di vintage e si fanno convegni sulle tecniche di affinamento in barrique, e su altri si spiega che gli italiani la vogliono chiara.
Dove sta la verità? Forse da nessuna parte o da entrambe, forse il mercato oggi è entrambe le cose. Milioni di ettolitri di birra chiara e migliaia di ettolitri di tutto il resto. E forse la convivenza è pure possibile...

5 commenti:

Angelo Jarrett ha detto...

Credo il tutto si spieghi notando l'evidenza che il mondo della birra artigianale, per quanto di moda e popolare, resta sempre una piccolissima nicchia del mondo della birra tout court. In Italia più che in altri posti. Questo, però, non sminuisce e non deve sminuire il lavoro e la passione di chi si batte per una più cosciente cultura birraia.

Davide Bertinotti ha detto...

Ehm... Ceausescu era Rumeno

Davide Bertinotti ha detto...

il bulgaro è questo:
http://en.wikipedia.org/wiki/Todor_Zhivkov ;-)

de:La ha detto...

la strada è ancora molto lunga e potrebbe rivelarsi anche estremamente divertente..dipende solo da noi.

Maurizio ha detto...

@Davide: 'azz, la fretta. Correggo al volo, è che la percentuale si dice "bulgara", mentre 'sto Zhivkov manco lo conoscevo...
@Jarrett @de:La: perfettamente d'accordo con voi. Infatti ho appena consegnato un pezzullo intitolato "Non la solita bionda"