20 aprile 2012

Birrificio, si spera, Yblon

Il logo del birrificio Yblon
Di questi tempi i miei sentimenti oscillano tra il nichilismo e il qualunquismo. Non ne sono fiero, sia chiaro. Ma vivere in Italia sta diventando sempre più complicato, frustrante, avvilente, deprimente. Non penso di essere una mosca bianca: basta leggere twitter o facebook, sempre più delle cartine di tornasole dell'aria che tira, per rendersene conto. L'allegra conduzione di vita della nostra classe politica, l'immutabilità delle facce in tutti gli schieramenti, l'uso personale del denaro pubblico e, allo stesso tempo, le incredibili giustificazioni date da questi elementi che a fatica si possono reputare membri del genere umano vanno di pari passo con uno Stato levantino, che sembra capace solo di asfissiare i piccoli mentre è completamente "zerbinato" di fronte ai grandi. Di là un certo Renzo Bossi che studia (?) a Londra (sembra) con i soldi dei rimborsi elettorali (ovvero nostri), di qua un ragazzino che aspetta oltre dieci anni per essere giudicato del furto di un ovetto Kinder, di là un imprenditore proprietario di televisioni e di media che diventa premier, di qua un imprenditore che fa fatica ad arrivare a fine mese e mica perché è un incapace, ma perché massacrato a ripetizione da leggine e normative applicate con la sagacia di un cinghiale che si vede circondato dai cacciatori.
Una delle birre dell'Yblon
Birragenda non è un blog politico, né lo vuole essere. Anche se parlare di birra di questi tempi potrebbe sembrare una perdita di tempo di fronte all'immensità del disastro che è stato perpetrato ai nostri danni. Che si perpetra ancora e che, con molta probabilità, si perpetrerà anche in futuro. Tuttavia, Birragenda si occupa di birra, nel senso più ampio del termine, e pertanto si occupa dei problemi che alcuni piccoli produttori si trovano a lamentare. Se non altro, cerca di essere una microscopica cassa di risonanza.
Perché fa male, fa incazzare, leggere che Jurij Ferri sembra a volte non poterne più. Perché ho il sospetto che dietro le "filippiche" di Bruno Carilli ci sia un malessere vero. E sono convinto che, se si facesse un sondaggio, dal mondo dei piccoli imprenditori della birra si leverebbero solo lamenti e urla di guerra. L'ultimo mi è arrivato oggi e riguarda un birrificio di cui ho solo sentito parlare, ma che non conosco personalmente. Si tratta del siciliano, di Ragusa, Yblon. Giornalisticamente parlando, dovrei scriverne solo dopo aver sentito "l'altra campana", ma dubito che la storia sia frutto dell'immaginazione. Non ne trovo i motivi.
Ordunque, il racconto che fa l'Yblon è inquietante ma, a mio avviso, tristemente rappresentativo di alcuni degli aspetti più drammatici in cui versa l'Italia. Il comunicato stampa è lunghino, ma non mi sono sentito di tagliarlo o di riassumerlo. Va letto per intero e meditato. Alcuni passaggi sfondano il senso del ridicolo, ma la sostanza non fa ridere per niente. Un ultimo avvertimento: se lo leggete dopo aver visto una puntata di Report, Servizio Pubblico o, anche, Le Iene, lo fate a vostro rischio e pericolo...

“Impresa e burocrazia. Il caso del Birrificio Yblon”

La storia del marchio Yblon è complessa e travagliata. Racconta della determinazione di un gruppo di giovani imprenditori ragusani ostacolata, come spesso accade, dalle cavillose procedure burocratiche italiane e dalla scontata esigenza di rispetto delle leggi, che però devono potersi interpretare con elasticità per non divenire barriere insormontabili.
La società Yblon nacque lo scorso anno dall’idea di realizzare una nuova ricetta di birra artigianale. Come iniziare? Come ovvio, dalla struttura: bisogna trovare i locali, acquistare i macchinari e testare la ricetta prima di poter dare inizio alla produzione.
Così, trovata la sede, il gruppo inizia i lavori di ristrutturazione dei locali e acquista i macchinari. In attesa che il cantiere si completi, il gruppo Yblon, che non ha intenzione di perder tempo, si  organizza per iniziare a testare la ricetta e per mettere in produzione un primo lotto, appoggiandosi ad un birrificio della provincia già fornito di tutte le autorizzazioni possibili.
Quest’ultimo, prima di iniziare la collaborazione con Yblon, si rivolge all’agenzia di dogana di Pozzallo, che come unica istruzione dà disposizioni sulla registrazione delle materie prime in entrata e su quella della merce prodotta in uscita.
Intanto, i titolari del gruppo Yblon decidono di attivare l’impianto pilota nella propria sede, che ancora è un vero e proprio cantiere, per testare (con cotte da 15/20 litri) le ricette che in seguito sarebbero andate in produzione presso le strutture dell’altra azienda. Sperimentare una ricetta, come è facile intuire, è un passaggio fondamentale per assicurare al consumatore finale un prodotto di qualità.
Il 24 giugno, però, una visita a sorpresa dell’agenzia di dogana di Siracusa, dispone il sequestro delle attrezzature ancora scollegate, dell’intero immobile ancora in costruzione e dell’impianto pilota. L’accusa è di produzione clandestina, nonostante i funzionari della dogana abbiano constatato di trovarsi in un cantiere. La presenza dell’impianto pilota funzionante, dei fermentatori in plastica, di qualche vecchia bottiglia e di due sacchetti di malto forniscono prove sufficienti per l’accusa.
“Durante le fasi di archiviazione dei materiali - raccontano i titolari del gruppo – ci è stato chiesto più volte di illustrare le fasi di lavorazione della 'distillazione' della birra e, in merito alla decisione di produrre la nuova ricetta presso un altro birrificio, ci sono state poste domande del tipo ‘Ma com’è possibile che un birrificio concorrente produca per voi?’ e anche ‘Ma non è controproducente per voi dare la vostra ricetta ad un concorrente?’. Da restare allibiti !
A questo punto il gruppo Yblon si trova costretto ad avvalersi di un legale che dopo un mese riesce ad ottenere il dissequestro dei locali, ma non dell’impianto pilota e dei fermentatori che rimangono per il magistrato un mezzo con il quale nei mesi successivi l’impresa avrebbe potuto continuare la sua “attività illecita”; impedendo così  la continuazione dei lavori di sistemazione degli impianti (gas, vapore, acqua e via dicendo).
Oggi, a distanza di otto mesi dal sequestro, gli impianti sono ancora bloccati, le bottiglie sequestrate, anche se prodotte legalmente sotto la licenza del birrificio partner, sono scadute e quindi invendibili.

Birrificio, si spera, Yblon.    

2 commenti:

Cerevisia ha detto...

Dispiace sempre quando si sentono certe notizie. Io so di gente che in Calabria ha aspettato 5 anni per avere un premesso di produzione, altri sono in ballo da 3 anni e senza risultato.L’ignoranza burocratica è una brutta bestia.

Sono cose che non dovrebbero succedere, però a volte basta farsi fare una consulenza ed a fronte di un piccolo investimento, si risparmia denaro, tempo, stress e brutte sorprese.

Ciò che spesso viene considerata una spesa inutile a volte si rivela fondamentale. Io non avrei mai installato l’impianto pilota nei locali di produzione senza averne chiesto prima il permesso.

Dopo 33 installazioni certe cose sono lampanti. La prima volta ci cascherebbe chiunque. I miei migliori auguri a Marco.

hindoo ha detto...

Grazie tante Maurizio per il supporto