19 febbraio 2009

Brewmarketing


Certo, come spiega Rocco Siffredi, la patata tira. Ma, ultimamente credetemi, tira molto di più la birra. Alcuni sintomi sembrano chiaramente dimostrarlo. Non solo le aperture di brewpub e di microbirrifici si susseguono a ritmo da tachicardia, ma adesso ci sono anche delle curiose operazioni di marketing che onestamente non avrei mai intuito. Da qualche mese a questa parte è infatti in libera circolazione la Birra Milano, marchio storico ed estinto, ma ritornato in vita con un repentino colpo d'ala. Chi l'ha assaggiata non ne è rimasto particolarmente colpito e la birra non sembra essere prodotta in Milano e nemmeno in Lombardia. Il produttore è il Birrificio Paguba, provincia di Treviso. Un emerito sconosciuto per me. Ma per l'appunto, in tempi di tachicardia per essere aggiornati bisognerebbe avere un'Ansa sottomano...

Due giorni fa, tra le calli e campielli di Venezia, ecco un altro flash. La Birra Venezia! Marchio storico anch'esso, leggete l'ottimo volume intitolato Birrerie Storiche d'Italia di Michele Airoldi (http://www.collezionandobirra.com/), che tuttavia è prodotto da Arte Birraia, nel Bellunese. Due iniziative fotocopia a distanza di poche settimane: straordinario! Straordinaria soprattutto l'immagine che la birra sta acquisendo in Italia nell'ultimo periodo perché, francamente, non saprei in che altro modo spiegarmi questi due, redivivi, marchi birrari che, magari mi sbaglio, appaiono più due operazioni di business che frutti del "sacro fuoco" per l'arte brassicola. E se lo sono, vuol dire che c'è gente disposta a investire nel settore, anche se quanto non lo so; che ha annusato la moda della birra artigianale e va al traino... Eggià, mi sa che gli anni del pionierismo sono proprio finiti... Oddio, meglio la Birra Milano o Venezia piuttosto che quella del Duce o del Che, ma il semplice fatto che siano nate (o rinate) queste due birre è, a mia sensazione, il segno dei tempi... Anche se sono i tempi dei soliti "furbetti del quartierino" all'italiana perché non rinascono le birrerie, ma solo i marchi... Non risorge l'arte del "brewing", ma nasce quella del "brewmarketing"....
P.S. Ho assaggiato la "Bionda" (sic!) Birra Venezia è francamente mi è parsa davvero poca cosa...

2 commenti:

Lelio ha detto...

ma caro il mio Maurizio nulla di nuovo sotto il sole, anzi mi stupisco del ritardo con cui certe operazioni si stanno svolgendo. Come in tutti gli altri settori (pasta, vino, pomodori..) iniziano (anche se una molto nota...gia da anni imperversa)anche nel mondo della nostra amata e cara birra, le etichette fantasma. Si spacceranno per arigianali prodotti che non lo sono affatto, si presenteranno come grandi mastri birrai personaggi buoni solo a stare in TV. Che fine faranno i piccoli, puri, amati produttori veri? Spero non restino di loro solo i ricordi, bottiglie impolverate e le schede tecniche dei nostri libri...
Lelio

Maurizio ha detto...

Caro Lelio, osservare le tendenze in atto non solo è interessante, ma è anche educativo... Quello a cui stiamo assistendo è un fenomeno atteso, sono d'accordo, e in senso positivo rinsalda la diversificazione birraria in Italia. Di negativo c'è se vuoi la confusione, come dici tu, e le difficoltà a distinguere le vere, e buone, artigianali dagli episodi di "brewmarketing" (mi piace questo neologismo di cui rivendico la paternità)... Ma il mercato è destinato a correre sempre più sul doppio binario: le birre per gli amanti della birra, e le birre per tutti gli altri. E, da parte mia, nessuna volontà di ghettizzare o irridere questi altri...
Un abbraccio.