Mancato, causa misunderstanding, il dibattito sull'Informazione birraria ai tempi del web, a Rimini ho avuto modo di seguire da vicino l'incontro sul "mercato della birra artigianale" che ha avuto come relatori d'eccezione un produttore, Agostino Arioli del Birrificio Italiano, un "distributore", Sandro Vecchiato di Interbrau, e un publican, Manuele Colonna del Ma che siete venuti a fa' di Roma. In pratica, tutta la filiera: dalla creazione alla vendita al dettaglio. Bel dibattito, ben pensato e, a mio avviso, anche ben riuscito soprattutto perché le posizioni espresse non coincidevano appieno a dimostrazione che quando si entra nel vivo degli interessi, soprattutto commerciali, il clima di apprezzamento reciproco, che comunque c'era di sottofondo, viene messo in discussione dalla difesa delle proprie legittime posizioni. Concordi tutti sulla necessità di saper comunicare la cultura della birra, sulla qualità e sulla costanza delle medesima, le prime crepe si sono evidenziate quando si è passati ad affrontare la questione dei prezzi. Costi elevati all'origine, ha sottolineato Agostino, ma più che per i prezzi delle materie prime per l'atavico e tutto italiota peso degli adempimenti burocratici che costringono a sopportare i costi relativi. L'accisa insomma, ferisce, ma il ginepraio amministrativo uccide. Un problema comunque, condiviso da tutti i piccoli imprenditori di questo nostro sciagurato Paese. Fatto sta che l'accusa rivolta al mondo delle birre artigianali (costano care!) andrebbe approfondita in più di un dibattito (forse in un congresso di un paio di giorni ce la caviamo...), ma io rimango dell'avviso che appare molto più inquietante il costo finale della birra industriale che ha anch'essa il peso dell'accisa, ma possiede anche una struttura specifica per rendere impalpabile il peso economico della burocrazia, all'interno dei volumi che produce. Inoltre ci sono locali, come appunto il Macche di Roma, che riescono a campare più che dignitosamente vendendo solo birre artigianali, anche non italiane ovviamente, e ci sono distributori, come Interbrau, che credono e investono sulle produzioni artigianali.
E, per concludere, una via d'uscita alla questione prezzi all'origine è stata delineata in una sola parola: "crescere". Solo crescendo, Agostino dixit, possiamo pensare di sopravvivere. La dimensione di sopravvivenza, che dovrebbe tra le righe suonare come un campanello d'allarme per tutti i neoimprenditori o futuri tali, garantirebbe di "spalmare" le spese su un volume maggiore di vendita. Mi sembra un'ipotesi corretta. Ma nel frattempo, è una follia pensare a un unico "centro di assistenza fiscale e tributaria" per più micro e brewpub? Una consulenza esterna collettiva o uno studio da costituirsi ex novo le cui spese andrebbero divise tra i beneficiari... Impossibile? Boh, il fatto è che non sono sicuro di quanti artigiani della birra arriveranno in tempi idonei alla quota di sopravvivenza, e non so nemmeno quantificare la suddetta quota...
Tempo di decisioni questo per la birra artigianale italiana...
3 commenti:
Maurizio, ho letto con interesse il resoconto, ma alla fine non ho capito come siete rimasti ;-))
Credo che nessuno dei tre abbia interesse a cambiare la situazione.
Non mancava un consumatore?
O era il barbuto in foto? (a proposito , chi è? )
Ciao.Schigi.
Ciao Schigi,
l'incontro non ha sortito una decisione vera e propria, ma è stato interessante proprio perchè sono uscite posizioni diverse e il pubblico, presumo, si sarà fatto la sua idea. Il tutto andrebbe comunque approfondito, magari facendo un esempio concreto (costo iniziale, ricarico del distributore, prezzo finale) per capire meglio se e chi ci marcia... Ma i tempi erano quello che erano.
Infine sì, il barbuto (ahimé, non ricordo il nome) era il consumatore X...
Grazie Maurizio!
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