Terminata la lettura del libro di Charles Bamforth, Birra e Vino, posto qui qualche impressione visto anche l'interesse condiviso con Arzaman, Luca e Tony. Allora, confesso innanzitutto che i romanzi di Don Winslow sono andati via molto più velocemente, ma Birra e Vino non è stato nemmeno come affrontare l'Ulisse di Joyce. Qualche perplessità, comunque, me l'ha lasciata. A parte l'errore, spero di traduzione e/o di ubriachezza, di definire il luppolo un cereale (per due volte a pagina 35), tutto l'impianto risente di una visione molto industriale nella fabbricazione della birra che rispecchia le esperienze dell'autore, ma anche un po' di spocchia verso i piccoli artigiani considerati dei dilettanti allo sbaraglio. Quello che per la grande azienda è vanto, leggi uniformità di prodotto nei secoli dei secoli, per l'artigiano è iattura. Io francamente credo ci sia spazio per tutti e che un mercato maturo possa offrire buone chance ai grandi, questo è abbastanza ovvio, ma anche ai piccoli...
Al libro però, un merito lo attribuirei ed è quello di rivendicare un po' di orgoglio alla categoria birra, cercando di metter in luce tutti i passaggi complessi della produzione e dando fiato alle possibilità di abbinamento, alla cura nel servizio e sottolineando la medesima dignità della birra verso il vino. Tralasciando naturalmente le battute verso quest'ultimo... Un po' tristanzuole...