30 dicembre 2011

2012: anno spartiacque?

Comunque vada... Un brindisi al 2012!
Gli ultimi giorni del mio 2011 lavorativo sono dedicati alla stesura dei capitoli finali della Grande Pasticceria d'Autore, enciclopedia in venti volumi di cui, fortunatamente, ho gestito solo la parte riguardante  vini e distillati da accompagnare ai dessert. Un lavoraccio che ha avuto ripercussioni, come sempre accade, sul blog lasciato un po' a sonnecchiare in vista di tempi migliori (o peggiori, dipende da come la si vede). Tuttavia un post di fine anno è quantomeno doveroso sebbene, qui e , siano già spuntati degli argomenti simili. Il rischio che si corre quando si arriva dopo è di fare delle brutte copie, ma "ci sono delle battaglie che si devono combattere anche se non si possono vincere" (credo l'abbia detto qualcuno, ma non ricordo chi).
Ergo vorrei partire da una dichiarazione intercettata su Facebook qualche mese fa che raccontava di 408 microbirrifici sul territorio nazionale di cui 41 a produzione sospesa. Ora controllando Microbirrifici ne risultano 421, ma il discorso cambia poco. Il fenomeno "birra artigianale" può dirsi definitivamente esploso in Italia, credo ci sia poco da discutere su questo aspetto, semmai può far riflettere il dato dei 41 birrifici "sospesi" (termine interlocutorio che, a mio avviso, va tradotto in chiusi). Rumors intercettati in giro fanno intendere che il prossimo anno altre chiusure, o sospensioni vedete voi, siano in arrivo, sebbene io mi attenda ancora nuove aperture e qualcuna di sicuro effetto anche a livello mediatico. Che, insomma, ci siano in giro dei primi segnali che la "marea" stia per rallentare? Boh, non ho gli elementi necessari per sparare sentenze, la mia è solo una sensazione.
Certo però mi sembra che il mercato della birra artigianale non stia crescendo al ritmo dei nuovi imprenditori. Mi spiego meglio: in Italia esiste una ristretta fascia di consumatori estremamente consapevole del prodotto birra inteso anche come produzioni di nicchia e di valore, persone in grado di discutere su produzioni estreme in arrivo dagli Stati Uniti, nuovi birrifici del Belgio e "bières de garage" londinesi. Questa è la parte viva e trainante del "movimento", piccola quanto vogliamo ma agguerrita. Esiste poi una fascia poco più ampia di curiosi, neofiti e futuri appassionati mescolata alla rappresentanza dei "consumatori di tendenze" ovvero di quelli che bevono qualunque cosa abbia il sapore della novità, appunto, di tendenza. Questi sono quelli che magari qualche anno fa inghiottivano alcopop, oggi quasi in via di estinzione, e oggi si buttano, a prescindere, sulle ipa, sui luppoli della Nuova Guinea, sulle triple fermentazioni in botti di legno diverso con lieviti di champagne vattelapesca. Affascinati più dall'alone di esclusività per intenditori che dalla qualità vera e propria della birra. Un po' come, quando andavano di moda i vini barricati, quei bevitori che non andavano oltre il primo sorso se il vino non esprimeva tannini con le grip (anche se poi magari non raggiungevano il terzo, di sorsi). Infine, il mare magnum dei consumatori generici, di quelli che la vogliono "bionda, ma non amara", di quelli che dicono no alle "scure, perché sono troppo alcoliche" e via dicendo. Insomma, il mercato è una specie di piramide poco equilibrata, con un vertice piccolo e una base enorme. Su quale fascia di mercato giocano i birrifici artigianali italiani? Sulle prime due, io credo. Bastano per oltre 400 impianti che non solo devono rintuzzare la concorrenza tra loro ma anche quella con le birre "artigianali" d'importazione (che non solo stanno crescendo di numero, ma che sembrano essere anche quelle più performanti, parola terribile scusate, sul mercato)? Forse no, soprattutto in una prospettiva 2012 che si annuncia difficile per tutti, con meno soldi in tasca e poca voglia di spenderli (smartphone di ultima generazione a parte).
Ora, sia chiaro, io non faccio il tifo per le chiusure. Non lo faccio per motivi affettivi, ho iniziato a scrivere di birra perché mi piaceva berla, e non lo faccio per motivi professionali. Sarei scemo altrimenti. Tuttavia un campanello d'allarme va fatto suonare e, in parte, credo stia già suonando nella testa di molti birrai. Dietro le nuove birre, le produzioni one shot, le feste, gli incontri, le collaborazioni tra birrai e chi più ne ha più ne metta si nasconde il golem del mercato. Oggi davvero poco amichevole verso chiunque. Ed è per questo motivo che, ritengo, il 2012 possa essere un anno importante, nel bene e nel male. L'anno in cui sarà chiaro per tutti che la sfida della birra artigianale italiana non sarà più giocata solo sugli ingredienti, sulla tecnica e sulla fantasia del birraio, ma piuttosto sulle risorse da mettere in campo, su una distribuzione mirata, sull'azzeccato mix fusti-bottiglie, sul prezzo e sulla comunicazione...

2 commenti:

Claudio ha detto...

Il mercato italiano si entusiasma a parole, ma poi non mi sembra ci sia una crescita davvero forte dei consumi di birra artigianale, una crescita a 3 cifre che rivoluziona le abitudini di una nazione. Forse è mascherata dall'eccessiva frammentazione di marchi, etichette, da chi produce, da chi si fa produrre, da industrie che cavalcano l'onda...
Sicuramente i beerjeeks da soli o alleati ai modaioli non ce la faranno a sostenere tutti questi birrifici. Sicuramente la buona e leale concorrenza gioverà alla qualità dei prodotti, ma non sarà sufficiente. Serve lavorare assiduamente sulla base per far entrare la birra artigianale nei consumi ordinari e servirebbe, nei pub indipendenti o volenterosi, un maggiore spazio alle birre del territorio, per dare supporto a quei birrai che non lavorano nelle grandi aree urbane. Per arrivare a questo serve lungimiranza, progetti, organizzazione, strategie che esulano da quanto ognuno può fare a casa propria. Rimanendo così le cose, credo che il 2012 sarà l'anno delle aziende agricole, che usciranno dalla fase di studio e creeranno dei birrifici agricoli, sarà l'anno delle micromalterie che maltando orzo nostrano daranno ancora sostegno alla comunicazione di settore, sarà l'anno in cui avremo le birre con l'orzo della tenuta X o dell'azienda agricola Y, sarà fondamentalmente l'anno in cui si acuirà notevolmente il solco tra chi produce per divertimento poche decine di ettolitri e chi, sebbene con passione porterà avanti un'impresa, salendo oltre quota 2-3.000 HL. Un caro amico mi ha regalato per Natale un ferro di cavallo. L'ho accettato volentieri. Credo che nel 2012 sarà utile.

Maurizio ha detto...

Ciao Claudio (Claudio dell'Amiata?),
mi trovi molto d'accordo con la tua analisi. Se il mercato di riferimento dei birrai rimane la ristretta comunità dei superappassionati la vedo dura per i circa 400 micro italiani... Sono semplicemente troppi. Poi, chiaro, i migliori sopravvivono ma il problema vero rimane quello di uscire dalla nicchia, razionalizzare la moda e allargare lo standard qualitativo a più dei 40-50 birrifici attuali...
Vedremo il 2012 cosa ci porterà (tocca il ferro di cavallo anche per me...)
Maurizio