10 gennaio 2012

Il vademecum di Jurij

Jurij Ferri, Almond '22, al lavoro
Jurij Ferri rientra da quando lo conosco nella mia nutrita ma non "obesa" lista dei birrai italiani per cui vale la pena "mettere la mano sul fuoco". Non è solo per una questione di birre ben fatte, di originalità creativa e di costanza. E' proprio la persona: un inedito e riuscito assemblaggio di rigore nordico, fuoco della passione mediterranea e un pizzico di sano integralismo calvinista. Insomma, di quelli che gli impediscono spesso di fare le scelte più facili o maggiormente in discesa.
Per questo, quando qualche ora fa e su Facebook, Jurij ha pubblicato alcune considerazioni da birraio "per aspiranti birrai" non solo ho condiviso al volo il suo pensiero, ma gli ho pure proposto di rilanciarlo sulla mia piccola webtribuna. In fondo, non è la velocità l'elemento caratterizzante della scrittura sul web? D'accordo con Jurij ve lo copio-incollo qui sotto, senza ulteriori miei commenti (che eventualmente andranno a finire nella sezione apposita). Vorrei dire solo una cosa: un conto è l'allarmismo, un conto il realismo. Una cosa è "remare contro", un'altra "fare finta che va tutto bene perché altrimenti sei un disfattista" e un'altra ancora "mettere in luce certe problematiche, possibilmente prima che esplodano". Non c'è una soluzione, facile o difficile che sia, agli indiscutibili problemi nati dallo sviluppo accelerato di un fenomeno ormai di larghe proporzioni come quello che riguarda la birra artigianale italiana. Le cose andranno come devono andare. Ma, forse, chi è consapevole della realtà, anche del lato oscuro della luna, andrà più avanti di altri.
Ho scritto anche troppo. La parola a Jurij e al suo intelligente e lungimirante vademecum...
M.M.

PICCOLE CONSIDERAZIONI, DA BIRRAIO, AD ASPIRANTI BIRRAI PROFESSIONISTI

1. E' difficile fare una birra buona
2. E' ancora più difficile farla sempre buona
3. E' più difficile vendere una birra che fare una birra buona
4. Fuori, tra quelli che vendono, bevono o distribuiscono il tuo prodotto sono davvero pochi quelli che comprendono davvero ciò che hanno tra le mani
5. Chi compra il tuo prodotto molto spesso guarda principalmente al prezzo, il resto è meno importante.... "sì, favolosa. Ma quella di Tizio e Caio costa un euro in meno..."
6. I maniaci del rating molto spesso non hanno né la competenza né la sobrietà necessaria a descrivere una birra... Poi, in realtà, più che descriverla la giudicano. Rating di questo genere fanno danni. Siano essi positivi o negativi
7. Mentre tra grandi vini e pessimi vini ci sono delle grandi differenze di prezzo, tristemente nel mondo della birra ci si batte su pochi centesimi
8. Siamo ancora giovani, ma soffriamo già delle malattie del vino. Dai problemi di distribuzione alla carneficina delle guide
9. Prima di pensare a fare una grande birra, trovatevi un grande commerciale. Poi preoccupatevi di fare una discreta birra
Jurij Ferri

12 commenti:

Anonimo ha detto...

...un conto è l'allarmismo, un conto il realismo.
Una cosa è "remare contro", un'altra "fare finta che va tutto bene perché altrimenti sei un disfattista"
e un'altra ancora "mettere in luce certe problematiche, possibilmente prima che esplodano".
Non c'è una soluzione, facile o difficile che sia, agli indiscutibili problemi nati dallo sviluppo accelerato di un fenomeno ormai di larghe proporzioni come quello che riguarda la birra artigianale italiana. Le cose andranno come devono andare. Ma, forse, chi è consapevole della realtà, anche del lato oscuro della luna, andrà più avanti di altri.

Non avrei potuto scriverlo meglio. D'accordo al 1000per1000.

Vale

Simone monetti ha detto...

Ciao Maurizio, siamo d'accordo sul fatto che la birra artigianale sia un fenomeno culturale?
Se si' allora sappiamo anche che fare cultura e' un processo lento che mal si concilia con la volonta' del tutto e subito.
Come Unionbirrai ci impegnamo al massimo per diffondere tale cultura presso gli appassionati, i produttori e finalmente anche gli addetti del settore. Non conosco altro modo.

Marco Altamore ha detto...

Non conosco di persona Jurij nè ho avuto modo di avere il piacere di bere una delle sue birre. Ma quanto detto da lui stesso è illuminante per un homebrewer casalingo da 4 soldi come me :-)

PS:Scusate la mia ignoranza a riguardo ma non riesco a leggere tra le righe quanto scritto da Maurizio e confermato da Vale. Qualcuno può dirmi a cosa si allude? anche tramite messaggio privato

Maurizio ha detto...

@Simone: Carissimo Simone, sono d'accordo con te. Il fenomeno "birra artigianale" è anche un fatto culturale. E meno male. Poi credo che UB stia lavorando bene dal punto di vista di formazione dei futuri birrai (anche se non posso dirlo per esperienza diretta...). D'altro canto quanti altri organismi fanno formazione di questo tipo in Italia? Voi, l'università di Udine e....
Credo che, considerato il mercato italiano dei consumi in generale e le aperture random di birrifici, oggi sia più che mai necessario fare formazione non solo su come si produce, ma anche su come si vende, come si fa marketing e come si comunica. Delineando in modo chiaro e realistico il mercato nel quale un futuro imprenditore andrà a operare....
Ci si vede a Rimini!

Maurizio ha detto...

@Marco: Ciao Marco, si allude ad atteggiamenti pseudotrionfalistici sulla birra artigianale italiana che è certamente una storia di successo e un fenomeno, ma che è cresciuta molto rapidamente con aperture di birrifici nati, secondo me, più sulla presunta intuizione del grande business che sulla passione vera e propria. Ora, ci sta che uno apra un'attività pensando che possa avere successo. Ci mancherebbe... Ma cattivi imprenditori non fanno male solo a se stessi, ma anche a un settore comunque giovane e sotto i riflettori. In concreto, bere una birra artigianale cattiva nuoce anche a chi fa birra artigianale buona. E questo perché, pochissime eccezione a parte, non ci sono marchi così forti sul mercato da potersi permettere di "sfuggire" alla denominazione "birra artigianale". Ecco quindi che l'analisi di Jurij, oltre a essere molto lucida, deve mettere in guardia giovani entusiasti che pensano sia una bazzecola diventare dei birrai professionisti. Non lo è. Soprattutto pensando agli investimenti necessari da fare, alle pratiche burocratiche, al lavoro pesante... Dire queste cose non è disfattismo né remare contro la birra artigianale, solo provare a guardare il settore con razionalità e non solo con l'entusiasmo che comunque ci vuole....
Spero di non averti fatto più confusione ancora.... :-)

Schigi ha detto...

Apprezzo tantissimo Jurij come persona (squisita) e come birraio (è uno dei pochi italiani a fare birre che mi hanno realmente "emozionato")
Sono però totalmente in disaccordo con questa visione pessimistica.
Faccio mio il bellissimo slogan di un birrificio nuovo che apprezzo molto soprattutto per la propria freschezza, intraprendenza ed ottimismo:More Beer, More People di Brewfist.
La birra artigianale se esce dal recinto nel quale si è relegata da sola scegliendo formati, prezzi e canali distributivi sbagliati e si avvicina alla gente con il passo in più della cultura e della qualità non deve temere tempi cupi, anzi.
Giochiamo all'attacco...

INDASTRIA ha detto...

Concordo con schigi e assolutamente no con juri

Cerevisia ha detto...

Concordo al 100% con Jurij e non con Schigi. Il primo sa di cosa parla, il secondo meno.

Maurizio ha detto...

@Indastria e @Cerevisia: sarebbe bello argomentare un po' le proprie preferenze... Il tema lo merita, non siamo allo stadio e non è, mi auguro, il derby tra Schigi e Jurij... (che si stimano a vicenda...)

Cerevisia ha detto...

Hai ragione, io sono un tecnico birrario e per lavoro progetto, installo e commercializzo impianti. Ciò che Jurij afferma lo consiglio ai miei clienti giornalmente. Non sono uno di quelli che per vendere un impianto in più fa tutto semplice.

E vendendo anche materie prime e semilavorati, ho a cuore la riuscita dei progetti dei miei clienti. Non perché sono bravo, ma per interesse. Più birra vendono e più ingredienti comprano. Quindi consiglio appunto di mantenere costante la qualità dei prodotti, fornendo loro alcune soluzioni e do anche consigli sulla commercializzazione: piani di marketing, formati di confezionamento, target a cui rivolgersi, ecc.

Molto spesso ad avviare un birrificio, sono degli home brewer che si concentrano sulla ricetta, trascurando l'aspetto commerciale. Io vendo birra da una 30ina d'anni e so che ha più chance una birra discreta ben proposta, che una birra ottima mal presentata.

Situazione attuale o meno le regole sono queste e non si tratta di allarmare i neo imprenditori, che con tanto entusiasmano si avvicinano a questo mondo, ma di avvisare questi, che oltre a considerare aromi, sapori e poesia, l'attività commerciale, che si va ad avviare, deve rendere per sopravvivere.

Poi attualmente la birra artigianale sembra essere uscita dal normale mercato del beverage ed aver creato un mercato tutto suo, fatto di locali specializzati, appassionati, che cercano solo novità, nuovi aromi, nuovi sentori, nuove emozioni ed ecco nascere le birre one-shot. Tanto questi le bevono una volta, fanno il rating, senza peraltro conoscere il significato del termine birra e poi passano ad altro.

Finché la moda dura tutto bene, ma se si guarda un po più in la del proprio naso e cioè al futuro penso ci sia bisogno di prodotti facili, accattivanti e proponibili alla massa, che non penso sia alla ricerca dell'ultimo ingrediente esotico o dell'ultimo luppolo Birmano, ma di prodotti buoni, corposi ben fatti e costanti nella qualità, dalla facile beva e da un rapporto prezzo qualità favorevole.

Il termine "questa birra non è apposto" deve sparire dal nostro vocabolario, perché non fa parte del dizionario della gente comune (per comune intendo non necessariamente appassionati di birra). Sopratutto pensare bene alla commercializzazione e che il guadagno di birraio artigiano sta nella distribuzione, più che nella produzione, pensare a prodotti che si conservano bene, ad ascoltare il feed back dei clienti ad organizzare una filiera, ottimizzare le fasi di confezionamento, che non vuol certo dire avere una bottiglia fica, ma pensare ai formati in base alla cliente alla quale ci sta rivolgendo, cercando di capirne le esigenze.

Mentre invece s'assiste sempre più spesso a prodotti che mutano ad ogni cotta, con formati standard e molto spesso inappropriati ed a metodi di conservazione buoni giusto per l'home brewing, dalla cantina al salotto, mentre poi la birra va dal Piemonte alla Calabria o viceversa.

S'intanto che nei locali specializzati si fanno le rotazioni quindi una birra la bevi una volta e poi magari la ri-spillano a distanza di tempo, può andare, il paradiso delle one-shot, ma crearsi referenze fisse è un'altra cosa, se la birra te la bevono tutti i giorni le stesse persone, bisogna che le cotte siano il più uguale possibile l'una all'altra e difetti saltano subito fuori.

Mentre l'appassionato capisce e perdona puzzette, fontane e aromi indesiderati, per assurdo il bevitore comune, che ne sa molto meno, non perdona, butta il prodotta e mette una croce sulla birra artigianale per ritornare al good sound.

Oppure facciamo tutto semplice ed entusiasmiamoci per ogni nuovo birrificio aperto, sulla filosofia del: più gente entra più bestie si vedono.

Lalas ha detto...

io faccio il rappresentante di vino e distillati. 2 anni fa ho inserito in prova un birrificio molto famoso. Dopo tre ordini fatti sulla fiducia da miei clienti ho aspettato per verificare consegne e feed dei clienti. Ordini posizionati i primi di luglio. A metà agosto nulla era stato consegnato. Parlando con il titolare mi son sentito dire " sono a londra, poi a roma per premi e manifestazioni ma le mando" A fine agosto le consegne. Beh che dire un cliente ha rifiutato la merce per quanto inviata gratuitamente come scuse per il ritardo. Gli altri hanno detto che non ne volevano più sapere. Un quarto ordine per un enoteca non è stato neppure consegnato ( era il primo ordine.. con questo cliente ci ho messo 1 anno per dargli altro). Da 1 mese lavoro un'altra birra, beh che dire non sarà buona come l'altra ma è semplice, non troppo strana e pretenziosa nei sapori, si presenta bene. L' ho venduta ed è già stata riordinata... quindi è piaciuta. Non mi interessa avere una birra che finisca fra le altre cento o più di un beershop e di nella cantina di un pub la cui pubblicità proclama le 600 birre in bottiglia. Meglio una pizzeria che lavora solo le mie o poche altre. Bisogna smettere di fare i vip o i maestri. Lo trasformeremo in un prodotto d'elite quando siamo dei neonati in questo comparto. Infine ai produttori drizzate bene le orecchie perchè i distributori stanno cercando e spingendo le birre estere per poter lucrare di più. cordiali saluti a tutti

Schigi ha detto...

Consiglio la lettura di questo illuminante articolo di Papazian.
Certo , lui parla della raltà americana, ma qualche spunto per noi secondo me si trova.
Usciamo dalla stia...

http://www.examiner.com/beer-in-national/20-000-tiny-tremors-the-future-of-craft-brewing