Copenhagen Brewpub |
I lati positivi del mio lavoro sono molteplici. Mi guadagno da vivere scrivendo. E già questo è, per me, una cosa fantastica. Scrivo delle mie passioni, in primis la birra, ed è anche meglio. Infine viaggio per lavoro. Superlativo. Non che non ci siano dei lati negativi nella mia professione, anzi sono talmente tanti che, da un lato, sconsiglierei di seguire le mie orme, dall'altro fare la lista mi deprimerebbe troppo. Ma oggi mi sento positivo, quindi bando alle lamentele e ricordiamo la recente spedizione in terra danese dove ho avuto la fortuna di seguire due festival birrari di livello eccellente e fare qualche visita lampo in alcuni locali di Copenhagen.
I tempi, durante questo tipo di viaggi, sono sempre ristretti. Si cammina molto, si fa quasi irruzione nel pub prescelto, si bevono un paio di birre tanto per farsi un'idea e si prosegue verso la tappa successiva. Insomma, un vero e proprio pub crawling senza indugi e, elemento negativo, senza troppi approfondimenti. Devo confessare comunque che tutte le mie più rosee aspettative su Copenhagen sono state rispettate. La città nasconde un sacco di "fermate" birrose di alto livello. La prima uscita è stata quindi destinata al Copenhagen Brewpub. La scelta è stata determinata da mere questioni di vicinanza visto che la prima sera eravamo un po' cotti dalla levataccia mattutina e dal lavoro dei giorni precedenti. Il posto è comunque suggestivo, ha un bel cortile interno, l'impianto a vista sulla sinistra e una scaletta che porta nell'interrato dove si trova il vero e proprio locale. Area pub con servizio di cucina veloce (hamburger e cose così) e sala ristorante dove si cena a un livello insolitamente alto per una birreria o brewpub. Le carni, come vuole la fama danese, sono eccellenti, i dessert favolosi. In accompagnamento ho provato un po' di tutto vista la possibilità di fare piccoli assaggi (samples): risultato qualità più che buona su tutto con vertice assoluto per la Cole Porter, birra con la quale avrei potuto fare tutta la serata.
L'ingresso della Norrebro |
Meno bene invece sul fronte Norrebro Bryghus sulla quale avevo riposto ampie speranze. Il locale è carino, interrato come il precedente (ma scoprirò più tardi che questa sembra essere una pratica molto diffusa tra i locali cittadini) e sicuramente molto noto. Impianto a vista, possibilità di prenotare beer tasting (cosa che forse avremmo dovuto fare anche noi) e pure di acquisto take away. Tuttavia le due pinte al nostro tavolo, una di New York Lager e l'altra di Bombay Pale Ale, ci sono sembrate anonime e un po' prive di personalità. Il giudizio definitivo è comunque sospeso: al Copenhagen Beer Festival, l'ottimo Laurent Mousson, nostra guida e vate in materia di birre danesi, ci ha detto che le produzioni Norrebro sono due e la migliore non è davvero quella del brewpub.
Ol Baren |
Comunque ripartenza e a caccia dell'Ol Baren (alcune O dovrebbero essere scritte "alla danese", ma non trovo da nessuna parte il modo per farlo... sigh!). Dell'Ol Baren ci aveva parlato bene Alessio Leone, globe trotter della birra con i giusti agganci "familiari" a Copenhagen. Trovare il posto non è stato comunque facile. Sono un convinto sostenitore dell'understatement, ma un locale così dimesso non mi era ancora capitato... La porta in legno è sormontata da una piccola insegna al neon che recita "Ol" (che significa birra). A fatica si capisce che dietro la porta e le vetrate c'è dentro qualcuno che beve. Entriamo e scopriamo che il posto è piccolo, quasi un ritrovo per carbonari. Qualche tavolino, il bancone non certo immenso e una signorina alle spine che, quando non deve spillare, si diletta con ferri e maglia. Niente di male in tutto questo, anzi, solo che sembra di essere finiti dentro una distorsione temporale ed esserne usciti in un qualche pub sperduto nelle isole Shetland, anno di grazia attorno al 1930. Quando però riesco a mettere a fuoco le birre scritte sulla lavagnetta scopro che, oltre a qualcosa di abbastanza comune tipo Pilsner Urquell e Paulaner, ci sono due proposte firmate Beer Here, craft brewery di cui avevo sentito parlare bene in Italia. Mi fiondo quindi deciso su Hopfix e Hoptilicus e, se non è amore vero, è una passionaccia di quelle di cui serbi un lungo ricordo. Davvero delle grandi birre, da bere con disinvoltura e soddisfazione anche se, come è capitato a noi, te le servono nei bicchieri firmati Stronzo, nome di un'altra birreria danese (e che forse dovrebbe assumere un esperto di relazioni internazionali o almeno un nerd che sa fare delle ricerchine su Internet) che all'inizio pensavo che la ragazza "del maglione" ce l'avesse con me.
Applaudendo dunque all'Ol Baren e pure al lavoro di maglia della ragazza (un primo segno che la "ribellione craft" si sta imborghesendo?) e alzando un dito virtuale agli amici della Stronzo, decidiamo di accogliere un altro suggerimento italiano e ci diamo da fare per trovare il Plan B. Mappa di Copenhagen in mano, navigatore GPS installato su Iphone e tasso alcolico sotto controllo, passiamo per ben due volte nell'inpronunciabile Frederiksborggade (avete idea di cosa significa chiedere indicazioni stradali a Copenhagen?), per poi trovarci impietriti davanti al civico 48 a contemplare due vetrine talmente sporche che quasi nascondono un antro vuoto e squallido. Il Plan B è defunto, non sappiamo se per risorgere "alla nazarena" o per scomparire tra i flutti dei ricordi come l'Andrea Doria, ma al momento è out.
Mikkeller Bar |
Quindi? Quindi abbiamo perso del dannato tempo, prezioso per vedere altro. Poco male, rapida tappa di decompressione all'Apollo Bryggeriet che sta all'ingresso dei giardini di Tivoli, utile se non altro a capire che puoi fare delle birre decenti anche senza essere famoso, avere atteggiamenti pseudo rivoluzionari o strizzare l'occhio solo ai talebani della birra artigianale, e infine touchdown al Mikkeller Bar. Ecco, il Mikkeller... Di questo "supereroe" della "nuova birra", di questo danese ormai più famoso di Amleto, delle sue birre da vertigini, avevamo sentito parlare fino a farci sanguinare le orecchie. Ogni tanto ci eravamo imbattuti in qualche sua creazione con impressioni a dir poco inquietanti. La Mikkeller 1000 Ibu provata al Craft Beer Co. di Londra ci era sembrata ad esempio una pugnalata ai nostri sensi, a partire dalle gengive per finire con il retrogusto. Ma come si fa ad andare per la prima volta a Copenhagen e non fare un salto al Mikkeller Bar? La sirenetta passi pure, ma questo locale giammai. E infatti ci andiamo, anche con un collega dell'Irish Times che non gli pare vero di bere qualcosa di diverso da una stout. Il posto è maledettamente piccolo e maledettamente pieno, segno evidente che la fama ha ormai valicato i confini dei beer hunter "so-tutto-io" per conquistare i giovani gaudenti della capitale. Arredamento in stile minimalista Ikea, un po' deprimente a dirla tutta, piano interrato come si conviene e lavagna con tanti numerini per indicare la birra se la pronuncia danese non è il vostro forte. Ho deciso di andare in contropiede e invece di mettermi alla prova con varie amenità tipo le Geek Breakfast mi sono preso una Mikkeller Super Galena Ipa... Poi una "banale" American Dream Lager e.... incredibile, erano buonissime! Quindi, mi sono detto, Mikkeller non è solo un fuoco fatuo di provocazioni e "visioni", il tutto condito da una certa filosofia politica da guerrigliero zapatista. Quelle due birre erano fantastiche: aromatiche e luppolose, con un bellissimo taglio secco finale che faceva cantare le mie papille con "ancora, ancora....". Il mio cervello ha comunque mantenuto il suo consueto aplomb da ufficiale inglese in India (si fa per dire) e la scelta successiva è stata indirizzata sulla Zombie Dust dell'americana Three Floyds. Dentro di me pensavo, se sei in Danimarca devi bere danese, ma la curiosità ha preso il sopravvento. Birra strepitosa, che qualcuno la importi immediatamente (sono disponibile a investirci tutto il mio peso giornalistico... e pure quello fisico che è nettamente superiore!) o che qualcuno mi dica dove la si trova in Italia (Roma?). Sono disposto anche a prendere a pedate il posteriore del Freccia Rossa in qualsiasi momento pur di berla nuovamente... Altrimenti mi tocca andare a Chicago oppure, ovviamente, al Mikkeller Bar di Copenhagen...
5 commenti:
Per quanto riguarda le ø... http://danish.typeit.org/ ;)
:-) Denghiu...
Devo dire che Mikkeller è la mecca per chi vuole bere buona birra.Ho provato anche a mangiare a Norrebro B.,però credo che sia caro se si vuole mangiare e decente se si vuole solo bere.Anche se a dir la veritá non so perchè ma le birre non mi hanno fatto impazzire.Però sono buone senza lode e senza infamia.
Sono attualmente a CPH e devo dire che Mikkeller è come andare sul sicuro.A dire la verità dovrei provare altre birre ma purtroppo credo che mi porterò via parecchie bottiglie da questo paese :-D
Caro Unknown, sappi che hai tutta la mia invidia!
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