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Prendo spunto da un interessante commento del sempre interessante Kelablu direttamente dal Salone del Gusto di Torino che, ahimé, ho dovuto saltare questa volta. Alla pagina http://blog.gamberorosso.it/kelablu/node/1187 l'autore riporta il commento di un visitatore appena riemerso dallo spazio birre artigianali che riporto fedelmente: "Uff che caldo, c'è troppa gente, e questi sono tutti snob". Evidentemente riferito ai produttori, e forse pure ai consumatori, di birra artigianale. In effetti, da un po' di tempo a questa parte, anche a me pare che il virus dei "gran sacerdoti del vino" ovvero di quelli che sono prontissimi a pontificare, denunciare, fucilare a parole chiunque non sia acceso dal sacro fuoco dell'artigianalità (parola sulla quale oggi andrebbe aperto un dibattito serio e approfondito perché spesso si rivela cortina fumogena abusata e vilipesa), si sia esteso alla comunità dei "birrofili". Il rischio è quello di essere visti, almeno da fuori, come una sorta di "chiesa" con tanto di pontefice massimo, clan di cardinali e folla urlante e pronta a mettere al rogo i presunti eretici o miscredenti. Sia chiaro, non è mia intenzione proporre l'adozione della filosofia qualunquista del "vivi e lascia vivere" ma lo spazio alla critica, e anche all'autocritica, mi sembra si stia riducendo con il rischio di arrivare a una forma di paranoia mentale. La stessa che ogni tanto si respira, da molto più tempo, nel mondo del vino e che ha portato a note prese per il culo (su tutti un fantastico Albanese) che poi possono sfociare in, questo sì, qualunquismo di rigetto, per cui è buono ciò che piace e chissenefrega del parere del presunto esperto di turno. Che spesso invece di educare con la cortesia dovuta a un argomento che sarà importante ma non vitale, spara sentenze inappellabili e giudizi sommari. Ho sempre in mente il, per me, mitico Colonna del Macche di Roma. Uno che potrebbe avere tutte le ragioni di tirarsela all'infinito e che invece propone le sue birre, quasi sempre sconosciute ai più, con garbo e rispetto. Senza far sentire il cliente profano come un idiota da circo. E il risultato è che l'idiota, pardon il cliente profano, quella birra poi la beve, la comprende. E spesso e volentieri, gli piace pure.